Segui le nostre dirette sul canale IGTV di @lacasadelrap

Report

“Dallo stornello al rap”

DALLO-STORNELLO-AL-RAP.jpg

Vi avevamo parlato di questo evento e ieri pomeriggio abbiamo assistito per voi alla tavola rotonda organizzata all’Università LUISS Guido Carli di Viale Pola, 12 .
Il tema dell’incontro “Dallo stornello al rap: i giovani interpretano Roma” ha visto la partecipazione dei migliori rappers della scena romana: CaneSecco, Chicoria, Danno, Diluvio, Fun MC, Rude e Sedato Blend. Inoltre erano presenti l’Assessore alla Scuola, Sport e Politiche Giovanili Paolo Masini, Ferdinando Bideri della storica casa editrice musicale napoletana, Stefano Mannucci per Il Tempo, la scrittrice, paroliera, sceneggiatrice, autrice televisiva, teatrale e cinematografica Carla Vistarini e il critico musicale Dario Salvatori.
dallo%20stornello%20al%20rap1
L’evento è stato ideato e fortemente voluto dall’attrice e cantante Elena Bonelli, da tempo impegnata a diffondere la Canzone Romana nel mondo.
Il primo a parlare è stato Stefano Mannucci rispondendo alla considerazione di Elena Bonelli sulla scarsa attenzione prestata dalla critica alla canzone romana.
La musica romana, ha sostenuto Mannucci, è sempre stata considerata una musica “malandrina” , “bassa“, “da coatti” caratterizzata dallo stereotipo del “cantante romano cafone“. Le è sempre mancata quella capacità di esportare il proprio patrimonio musicale che ha invece permesso alla musica napoletana di affermarsi nel mondo.
Il giornalista ha ricordato inoltre che lo stornello, come il rap, è nato nelle borgate dando vita ad un nuovo stile comunicativo. E’ intervenuto quindi Chicoria per sottolineare quanto i rappers romani si sentano legati a questa tradizione: “Io credo che Roma abbia il maggior numero di rappers che fanno rap in tutta Italia, per cui il rap romano è sicuramente il più apprezzato, però l’industria musicale è al Nord, per questo molti soggetti di Milano arrivano al mainstream, ma questo non significa che questo nostro rimanere nell’underground non costituisca la nostra forza. Per esempio, nel linguaggio dei ragazzi del Nord, vengono usate molte parole romanacce, parlano molto romano”.
E’ quindi intervenuto Danno: “Il rap ha sempre sdoganato lo slang, i rapper più forti sono quelli che lo slang se lo inventano, il paragone tra lo stornello e il rap, come dice Chicoria, è questo: come lo stornello romano è stato accantonato così succede ai rapper romani oggi visto che i rapper, per scoppiare, devono andare al Nord.
Chi nasce a Roma si sente di essere nato in una città importante e quindi un po’ te ne freghi, per noi era importantissimo suonare a Roma, essere riconosciuti a Roma, e, anche se per noi era un’opportunità andare a suonare fuori, ci tenevamo a mantenere la nostra posizione a Roma
“.
Dal TruceKlan ai Flaminio ognuno di noi fa rap a modo suo – ha continuato – ma siamo tutti legati alle nostre radici romane. Come i rapper nel Bronx si inventarono il rap, così noi, che non venivamo dal Bronx ma dai diversi quartieri di Roma, ci vedevamo a Flaminio, a Campo de’ Fiori, a Callisto. Venivamo tutti da parte diverse però sceglievamo una piazza e ci incontravamo in maniera aperta, c’erano eritrei, egiziani, etiopi e zingari. Questa cultura ci ha insegnato a comunicare l’uno con l’altro e ci siamo resi conto che c’erano delle similitudini tra le cose che facevamo e quella che era la tradizione musicale romana, all’inizio non eravamo consapevoli di queste radici ma abbiamo imparato a riscoprirle. Ognuno di noi ha un modo di descrivere ciò che vede e si esprime in un modo differente. La mia musica, per esempio, è molto più astratta di quella di Chicoria ⦏…].
Per me questa cosa “Dallo stornello al rap” ce l’ha un filo conduttore, è una storia che si tramanda ⦏…]. La figata del rap è questa, noi citiamo nei particolari i vicoli di Roma e quello che vediamo lo raccontiamo agli altri
“.
Come dice Danno – ha continuato la Bonelli – queste sono le ragioni per cui la musica romana non si è diffusa come la musica napoletana. Roma non ha mai avuto un’industria discografica, i romani un po’ se ne fregavano di questo, per loro la musica romana era intrattenimento nelle osterie, non l’hanno mai visto come business come, per esempio, è successo a Napoli.”
Riguardo ai punti di contatto tra lo stornello romano e il rap, Danno ha poi sottolineato come l’approccio musicale sia caratterizzato, in entrambi i casi, dalla priorità al testo.
Sono poi intervenuti nell’ordine Fun Mc e Rude che, raccontando le loro storie personali, hanno messo in risalto il ruolo che il rap ha avuto nelle loro vite, salvandoli dalla strada. Alla domanda di Elena Bonelli “cosa ti ha dato il rap?” Rude ha infatti risposto: “Mi ha levato dalla strada, c’è chi per uscirne fa basket, fa sport, io ho fatto il rap e mi ha aiutato ad uscire dalla strada. Quando io ho iniziato a fare rap, c’era amore, c’era passione, i ragazzi di oggi che fanno i soldi devono rimanere con i piedi per terra perché non puoi aspirare a diventare ricco. Come dice Gianni Morandi “uno su mille ce la fa””.
concorso def n Low
E’ poi intervenuto Ferdinando Bideri che, ringraziando dell’invito, ha detto: “Io non considero la musica romana minore, noi siamo impegnati con la Regione Lazio a raccogliere e digitalizzare 1300 canzoni romane che sono oggi fruibili su internet, c’è anche una piccola web radio, inoltre ci tengo a mettere a disposizione lo spazio per dare la visibilità adatta a molti giovani che vogliono affermarsi“.
E’ stato poi il turno in cattedra di Dario Salvatori: “Io amo la musica romana e ci voglio mettere tutto il mio interesse perché trovo che sia una grande intuizione socioculturale che va seguita, abbiamo anche sensibilizzato l’assessore Masini per avere gli spazi. Questa similitudine tra stornello romano e rap non è campato in aria, sor Capanna era quello che faceva gli stornelli in osteria ma fu anche quello che si scagliò contro la Banca Romana, Giolitti, insomma i ladroni del suo tempo. C’è, secondo me, una cosa da tener presente per dare più credibilità a questo progetto. Non deve passare l’idea che il rap ora sia il genere più diffuso, il rap è contemporaneo del punk, solo che il punk adesso sta nei musei mentre il rap è ancora vivo nonostante i quaranta anni. Il rap era il genere del momento già ai tempi di Afrika Bambaataa, quindi non è ora il genere del momento, non ci conviene questo. Dobbiamo prendere inoltre le distanze dalla deriva che sta prendendo il rap, il rap che voi chiamate mainstream, che vince Sanremo e tutti i talent che conosciamo con personaggi molto discutibili. Poi ci sono i conduttori dei talent che si sono impossessati di questi spazi e hanno zero credibilità e zero capacità, questo per me sta remando male e bisogna invece giocarcela bene. Per evitare questo allarme dobbiamo portare la qualità, dando le basi a questo gemellaggio tra lo stornello romano e il rap che appunto non è campato  in aria ma ha delle chiare similitudini artistiche“.
Danno ha fatto inoltre notare quanto l’omologazione stia facendo male al rap: “Quello che è  preoccupante è, come dice Dario, l’omologazione, prima si cercava il suono ricercato, il più affascinante possibile, invece adesso si fanno beat che hanno tutti lo stesso suono“.
dallo%20stornello%20al%20rap2
E’ intevenuto poi Chicoria raccontando la sua storia: “Anche a me il rap ha salvato la vita, io ho iniziato a fare rap nel 2003 e giravo molto per strada, al rap non ci avevo mai creduto perché avevo già preso da tempo una brutta piega e questo mi ha portato a scontare 5 anni di pena. Dopodiché mi sono dovuto guardare dentro e capire che ero fortunato perché avevo una cosa che gli altri non hanno e  per cui fanno gli stessi sbagli. Io avevo il rap, questa cosa qui mi ha portato ad un cambiamento di vita totale, io adesso non ho più a che fare con i reati e ho tagliato tutte le persone che non hanno a che fare con il mio lavoro di oggi che è la musica.
Ho scritto pure un libro che è arrivato 27esimo posto tra i libri più venduti in Italia e ha fatto sì che sono potuto andare nei licei a dire ai ragazzini che l’importante è fare tesoro di tutte le cose che impariamo tutti i giorni perché, non essendo ignoranti, questo fa in maniera che noi abbiamo sempre una via d’uscita e c’è sempre una maniera per non sbagliare. Io ho chiuso con la mia vita passata, adesso ho il rap, l’editoria, lo streetwear, questa cosa del rap ha fatto si che creassi tutte strade differenti per non tornare a fare gli stessi errori di prima e per questo con il rap, comunicando la mia storia, cerco sempre di dare ai ragazzi un’altra alternativa e questa si ottiene facendo tesoro tutti i giorni di quello che viviamo e facendo bagaglio della cultura che abbiamo: c’è un detto siciliano che dice che si impara fino al giorno della bara e io quotidianamente lo metto in pratica
“.
Canesecco nel suo intervento ha invece invitato i ragazzi che fanno rap a non seguire mode e stili che non ci appartengono: “Se nelle altre città d’Italia c’è un filone “americanomane” che segue gli stereotipi americani, le strade di Roma ci hanno un po’ salvato dal rap babbo americano, senza bisogno di scimmiottare nessuno, la nostra ispirazione sono state le strade di Roma”.
Infine è intervenuto Sedato Blend che ha parlato della sua crew Quarto Blocco: “Noi nasciamo come gruppo nel 2008 con un disco nel quale hanno partecipato molti esponenti importanti della scena rap romana e nasciamo con la fusione di altri sottogruppi che erano i giovani più attivi nella scena del nostro quartiere“.
Il tutto si è chiuso con un breve freestyle di Danno e CaneSecco del quale vi riportiamo il video:

 

Conosci meglio

:)
Iscriviti alla nostra Newsletter