
Uscita domenicale per il penultimo appuntamento con i report dedicati alla seconda stagione di DownWithBassi, la rubrica firmata Bassi & Bosca. Una promo che giocasse sulla tradizionale diatriba, tutta italiana, tra meridione e settentrione non potevamo certo risparmiarcela per l’ospite in questione. L’espressione linguistica, la tipicità del dialetto, i temi della comunicazione, sono state argomentazioni trattate con una certa attenzione durante l’episodio che mi appresto a raccontarvi. Dopotutto l’ospite ben si presta a questo ragionamento.
Ma chi è questo ospite inatteso? E’ Luca Imprudente, classe 1981, ragazzo che proviene dal quartiere Marianella, periferia nord di Napoli, ma che geograficamente divide da sempre i suoi impegni con la città di Londra, dove allo stesso tempo abita, lavora e fa musica, quasi in bilico in una doppia vita. Ovviamente i riferimenti sono tutti per Luchè, artista poliedrico dalla connotazione urban, ad oggi sempre meno associato idealmente a quello che è stato il gruppo di rottura del panorama Hip Hop partenopeo ossia i Co’Sang, nonostante il legame rimanga indelebile ed importante.
Bassi lo presenta così. “Per quanto ci riguarda questo è un momento speciale, DWB ci dà la possibilità di avvicinare colleghi che conosciamo meglio dal lato artistico che da quello umano. Luchè è uno di questi, e il privilegio è stato maggiore proprio perchè si tratta di un artista che concede pochissime interviste ai media ufficiali. Nonostante questo Luca ha tantissimo da raccontare, aneddoti e una passione per la musica e la black culture sicuramente superiori alla media.”. Non serve altro per partire!
Si inizia cercando di ricordare assieme il primissimo incontro, inconsapevole ed inaspettato, tra Luca e la musica Hip Hop in un mercatino delle pulci nella sua città, forse proprio nel suo quartiere. L’episodio parte piuttosto lentamente. Un po’ di smarrimento lo si nota fin da subito negli occhi di Luchè. Servono tuttavia poche battute con Bassi per far si che la chiacchierata prenda il giusto ritmo, con una confidenza crescente con il trascorrere dei minuti. E’ un aspetto che ho trovato molto reale, dal quale si evince la minor confidenza personale/umana tra intervistato ed intervistatori, come non era mai successo prima a mio avviso.
E’ un Luchè che si approccia molto giovane alla musica rap. Prima produttore che mc, ma le due anime convivono tutt’ora nonostante il suo lato da mc sia maggiormente conosciuto e riconosciuto dal pubblico del rap attuale. Nell’intervista avrete modo di scoprire la sua anima da producer. Il primissimo pezzo dell’allora gruppo dei Co’Sang (quartetto composto da Ntò, Luchè, Denè e Daiana) è “Paura che passa” e lo si poteva trovare sull’album autoprodotto “Spaccanapoli” del collettivo storico Clan Vesuvio. Questo attorno al 1997. Successivamente a questo episodio, Luchè si stacca dal contesto musicale attivo e vi si riavvicina solo qualche anno più tardi, ricomponendo la formazione del duo Co’Sang con Ntò, attorno al 2005-2006.
Interessante seguire il racconto di Luca in quel periodo, tra la costruzione dello studio casalingo dove registrava e il ricordo degli strumenti, già piuttosto professionali per l’epoca e la situazione, con i quali concretizzava i primi beat e le registrazioni per i lavori del gruppo. Viene anche affrontato il rapporto tra Co’Sang e la scena Hip Hop della città napoletana. Ne emerge un gruppo solido e allo stesso tempo molto chiuso, in lotta contro tutto e tutti per fare la propria musica in modo indipendente ed autosufficiente, senza assorbire l’influenza di nessuno e con aspettative molto concrete, anche solo una recensione su Groove, ma con lo spirito e la consapevolezza di poter arrivare a tutti i ragazzi della periferia di Napoli in modo diretto, con un’espressione popolare. Il linguaggio è quello locale, del rione di zona. Chiaramente i Co’Sang prendono piede con molta naturalezza e forza all’interno della città, ma non è solo rose e fiori il rapporto con la scena rap partenopea e i suoi seguaci, tant’è che nel tempo sono stati diversi gli episodi che hanno visto delle manifestazioni di vero e proprio disprezzo, in modo particolare (aggiungo io) verso Luchè. Mi riferisco ovviamente anche alla fine del sodalizio con Ntò, di cui non si è accennato nell’intervista, ma che con il tempo è stato ampiamente chiarito e ribadito in tutti i suoi aspetti.
Da tutto questo racconto Luca, in modo molto lucido, evidenzia anche i limiti di questa forte territorialità, ostacolo verso la diffusione della musica dei Co’Sang nel resto della penisola italiana. E’ indubbio che i Co’Sang, con il loro rap, siano arrivati con maggiore difficoltà verso i ragazzi del nord Italia, i quali hanno una conoscenza del duo più legata ai singoli che alla storia dei loro progetti nel complesso. Mi sembra un aspetto naturale.
Non solo musica per Luchè ovviamente. E’ noto il fatto che a Londra ha dato sfogo anche alla sua vena più imprenditoriale aprendo con alcuni amici e collaboratori la pizzeria Bravi Ragazzi, ed è impegnato anche con un proprio brand di abbigliamento streetwear made in Italy, ovvero Black Friday. Londra ha influenzato molto la personalità di Luca e gli ha aperto diversi orizzonti. Nella chiacchierata affiora in modo davvero evidente e si deduce chiaramente come questo l’abbia reso la persona che è oggi. Immancabile anche il capitolo sul collettivo Roccia Music in merito alla promozione della propria musica, parlando di business rivolto al mercato discografico italiano e al suo bacino.
Immancabile, ovviamente, “Straight from the crate”. Qui il sorriso di Luca si fa a 32 denti e gli occhi gli si illuminano come se fosse irradiato dallo spirito santo che giunge tra le sue mani sotto forma di tre dischi che sembra davvero abbiano influenzato parecchio la sua vita come la sua carriera musicale nel mondo dell’Hip Hop. I riferimenti cadono specifici su “The Infamous” dei Mobb Deep, “Tha Carter III” di Lil Wayne ed ultimo, ma non ultimo, “Watch the throne” del dinamico duo Kanye West e Jay-Z.
Durante l’analisi dei dischi e i classici aneddoti in riferimento ai progetti e agli stessi artisti, Bosca sembra essere piuttosto ispirato nel proporre raffronti. Non ve li svelo, certamente non potete perderveli. All’interno della sezione vengono toccati diversi temi piuttosto importanti per capire meglio l’approccio alla musica di Luchè, la sua evoluzione personale e la sua personalità dietro ai suoi testi. Anche solo ascoltando “L1” e “L2”, lo direste mai che Luca si sente un vero “party boy”?
Ho accennato in precedenza alla veste da beatmaker di Luchè. Anche parlando di questa sua attitudine, definisce in modo molto onesto le sua abilità, riuscendo addirittura a fare dell’autocritica sul suo lavoro. Beh, seguite la puntata! Io posso solo chiedervi se lo avreste mai detto che dietro a questa bomba (metti in play la traccia qui sotto!) prodotta da D-Ross c’è un’idea ben consapevole di Luchè? In merito a questo pezzo sono state svelate un po’ di curiosità!
Quasi inevitabile l’accenno a “Gomorra”, la serie televisiva italiana ispirata dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano e ideata dallo stesso; prima ancora pellicola cinematografica di Matteo Garrone e spettacolo teatrale di Mario Gelardi. Luca anticipa qualcosa in merito al sound della seconda stagione (in onda su Sky dal 10 maggio 2016), che si slega dalla precedente connotazione Hip Hop, per una più tradizionale atmosfera neomelodica tipica di quella città così intensa di situazioni. Tutti e tre i coinvolti conoscono bene la serie, io confesso di non essere arrivato nemmeno al secondo episodio per scelta.
Ed eccoci catapultati ne “La versione di Bosca”, dove si parte subito forte con le frasi da completare. Non svelo nulla a questo giro, ma come sempre sono uscite diverse curiosità. Tra i temi proposti ci sono: la cosa di cui Luchè non può fare a meno; l’atteggiamento che proprio non sopporta; il ruolo da attore che gli sarebbe piaciuto interpretare; cosa fatica a fare; i suoi pregi e difetti; l’artista che reputa sottovalutato; il brano preferito della sua discografia… scelta impossibile! Risposte importanti, sincere, molto umane, che aiutano il fan a comprendere meglio l’artista dietro la musica che gli fa da colonna sonora nelle proprie giornate.
A questo punto, ci tengo ad aprire una breve parentesi sul dibattito che sarebbe interessante affrontare grazie all’assist fornito con la “domanda che non ti hanno mai fatto”. Qui Luca, molto onestamente, esprime il suo pensiero in merito alle interviste. Pensiero più che condivisibile anche da parte di chi ogni tanto ha il piacere di sottoporre qualche domanda agli artisti del genere (di cui spesso è ascoltatore privilegiato in quanto fan), per provare ad approfondire qualche aspetto sulla loro musica e sul loro essere artisti. Questo aspetto era già emerso sul suo profilo facebook all’uscita della promo all’episodio. “Avevo deciso di non far più interviste finché mi arriva la loro chiamata. Fossero tutti così dedicati e preparati, l’industria Hip Hop italiana viaggerebbe su altri binari.”. Concetto chiaro! Ribadito durante la chiacchierata: “ io sono venuto qua per rispetto, perché mi piace il format, ma io le interviste, queste perdite di tempo, con il disco nuovo non le farò proprio. Sempre le stesse domande.”.
Come dargli torto? Solo nell’ultimo periodo tra Nex Cassel e il più recente Jack The Smoker, fuori con i loro rispettivi album, sono uscite (o ancora in uscita) una marea di interviste fotocopia pubblicate sia sui portali di rap italiano, noi compresi, che su rubriche più o meno affini al genere. Credo sia evidente a tutti, lettori, fan e redazioni dei portali compresi.
Come contrastare il fenomeno dell’appiattimento? Non fare interviste è la non soluzione! Un’altra non soluzione è proporre interviste immaginarie… Vero!? Spesso quando imposto un’intervista ad un artista mi interrogo su questo aspetto del non riproporre domande scontate, non è sempre così immediato arrivare alla soluzione ottimale. Un dibattito in merito è certamente da aprire, ma non un monologo tra me e me..ahahah!!! Detto questo seguite le interviste inimitabili di Jammai per LaCasaDelRap.com.
Tornando a DWB, superata l’ora, arriva il momento più caldo di tutto il discorso, che esplode all’accensione della micca rappresentata figurativamente dalle due citazioni di Luchè, preparate una a testa da Bassi & Bosca in quest’ordine. La prima direttamente dalla chiusura del pezzo “Appena il mondo sarà mio”, contenuto in “L1”, “Esiste l’hip hop italiano e poi esisto io”. La seconda è tratta da un’intervista che Bosca finge di non ricordare perché lui fa la promo solo per LaCasaDelRap.com e gli altri portali li segue, come tutti, ma stanno a 0 in confronto. “Gli artisti più forti in Italia fanno i beats che DJ Premier faceva negli anni ’90. E per gli italiani quello è il rap.”. Se la googolate scoprirete facilmente la fonte e il perché si è stancato delle interviste!? Scherzo!
Questa sezione finale di intervista non perdetevela assolutamente, emerge un aspetto del carattere di Luca più scherzoso e anche quello più riflessivo e si commenta da sola, così che io possa chiudere qui.
Prima di farlo però, vi do un ulteriore suggerimento. Oltre a seguire le versione video dell’episodio (che trovate in fondo al report), ascoltate la versione integrale caricata su Soundcloud perché ci sono una serie di chicche da conoscere. Tra queste, lo spoiler in riferimento all’uscita del prossimo disco ufficiale di Luchè. Continua il sodalizio con Roccia Music, sempre con il supporto del suo team composto da Rosario “D-Ross” Castagnola, CoCo (fuori con il suo album “La vita giusta per me” il 28/04/2016), Geeno, Star-t-uffo e sicuramente non mancheranno altre sorprese, come il fatto che tre pezzi sono prodotti in prima persona dallo stesso Luchè che si è riappropriato per l’occasione dei suoi panni da producer.
Un saluto dalla redazione de La Casa Del Rap. Ci vediamo con il report a DWB per l’ultimo episodio!
Jammai