Ad innescare il cambio al vertice sono state alcune accuse mosse di abusi sessuali su minori contro il fondatore da un ex membro del Comitato Democratico dello Stato di New York, Ronald Savage, che dichiara nel suo libro “Impulse, Urges and Fantasies” di esser stato molestato dal “padrino dell’hiphop” all’età di 13 anni. Nello specifico, Savage afferma di esser stato costretto a praticare sesso orale. Correva l’anno 1979, Bambaataa aveva 21 anni. Sarebbe la parola di Savage contro quella dell’artista, e non sarebbe stata presa seriamente. Ma Savage è uno dei giudici delegati del 12esimo distretto giudiziario del Bronx, ruolo che gli conferisce una certa credibilità. Le accuse sono state ribadite in altre interviste, come quella al New York Daily News (qui sotto), e portate su una scala molto più vasta da Shamsideen Shariyf Ali Bey, una ex guardia del corpo del pioniere dell’hiphop. “Posso dire di essermi trovato in situazioni in cui dicevo: ma che cazzo sta succedendo? C’era sempre un ragazzino a casa sua. Li ho visti accamparsi, ho visto il ragazzino chiedergli dei soldi. Viaggiava con teenager oltre i 15 anni, li portava all’estero con lui. Quando sono stato in tour con lui negli States, io stavo in una camera, lui in un’altra con diversi ragazzini….dagli anni 70. Saranno stati centinaia” spiega Bey a Star, un ex dj delle stazioni radio Hot 97 e Power 105.
A difesa di Afrika Bambaataa si sono schierate alcune leggende dell’hiphop,come KRS-One e Talib Kweli. L’ex BDP ha prima fatto un passo falso, attraverso una dichiarazione che offre diverse e opposte chiavi di lettura (“Personalmente non me ne frega un cazzo. Se qualcuno è rimasto offeso, tutti dovrebbero accettarlo. Questo non ferma l’hiphop. Questo non cancella quello che Afrika ha fatto per l’hiphop”), e poi ha precisato di essere “preoccupato per le accuse mosse contro Afrika Bambaataa, ma non rimarrò impigliato in una controversia che sembra riguardare più un’autopromozione e una rivincita che la giustizia”. Kweli, invece, ha sottolineato attraverso Twitter la pessima gestione delle accuse da parte della Zulu Nation. “Provo un profondo amore per il contributo che la Zulu Nation ha dato all’hiphop. Ma sono deluso dal modo in cui sono state trattate le accuse contro Bam” spiega il rapper, che poi rimanda alla risposta di alcuni membri della comunità hiphop americana, già attiva per prevenire effettivi soprusi.
Alla fine la Universal Zulu Nation si è mossa, e ha scalzato il fondatore dalla cabina di comando, macchiando con un crimine imperdonabile una figura di aggregazione e pace, che ha dato vita a un movimento culturale, pacifico e musicale, prima ancora che questo crimine sia stato certificato come vero.