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Intervista

Ale Zin – Panama 11. L’intervista.

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In molti esordi letterari c’è molto di autobiografico, spesso i protagonisti sono scrittori squattrinati o giornalisti frustrati e spesso sono alla ricerca delle proprie storie da raccontare. “Panama 11” è l’esordio da solista di Ale Zin, un esordio che arriva dopo anni e anni di carriera, prima con i 13 Bastardi e dopo con i Sangue Mostro, un esordio che come per quei giornalisti o scrittori alla loro prima prova è ancorato alla realtà del rapper napoletano, alla sua vita. Oltre a scrivere rime Ale Zin di mestiere fa il tassista e “Panama 11” (che è anche il nome del taxi che guida) è proprio il risultato di tutte le storie raccolte girando per le strade di Napoli. Storie di tutti i giorni, di cronaca, di uomini e di donne, racconti in cui Ale Zin trova modo di raccontare anche se stesso, dei propri pensieri e delle proprie speranze. Con lui abbiamo parlato di storytelling, della scena napoletana e della serie Gomorra.

Ciao Ale Zin e benvenuto su La Casa Del Rap. Che tipo di esigenza ti ha spinto a scrivere un intero album fuori da un collettivo?
Ciao ragazzi, dopo essermi sempre confrontato all’interno del gruppo, sono arrivato a questo punto della mia evoluzione dove sentivo la spinta e la voglia di esprimermi da solo, un po’ per il semplice fatto di non voler dare conto sempre a terzi di qualsiasi tipo di decisione, un po’ per il piacere di riscoprirmi quale individuo, solo e insostituibile, alla guida nel mio percorso da MC.

“Panama 11” è il titolo dell’album ma anche il nome del tuo taxi. Il legame tra lato artistico e quotidianità è dunque molto forte. Che tipo di messaggio hai voluto esprimere sottolineando questo vincolo?
Spesso nell’arte del rap si sta a sottolineare il connubio tra l’individuo e la strada. Io con il mestiere che faccio per strada ci vivo, la strada mi dà gli input per poter trarre il meglio e il peggio dalla quotidianità mia e delle persone che incontro, e il mio essere lima le storie creando infine la magia di “Panama11”. Tutto quello che esprimo è fottutamente vero, non aspetto e non traggo esperienze altrui seduto comodamente sul divano di casa per poterti parlare della strada. Io il mio rap lo vivo, e tutto questo sono io, questo dunque il mio messaggio, ovvero: il Vero.

Oltre ad essere misantropi per natura molti tassisti sono degli incredibili cantastorie, tu ne sei la prova. Che importanza ha per te lo storytelling nel rap?
Nel mio storytelling racconto del contesto in cui mi trovo inserito, ma allo stesso tempo rifletto in esso le mie emozioni. Riuscire a descrivere in maniera pulita e lineare tali esperienze fa sì che il tuo interlocutore resti interessato e attento a farsi il percorso fino alla sua conclusione. E si sa giungere a destinazione con in tasca le giuste domande e/o risposte da permetterci l’accesso al livello successivo del viaggio.

Quali sono gli storyteller che più apprezzi, anche al di fuori del mondo rap?
Ho letto molto le storie di Ferdinando Russo, nelle sue opere e nelle sue macchiette ho sempre ritrovato il ritratto di una Napoli disagiata. La sua descrizione delle classi meno abbienti e della criminalità organizzata mi ha affascinato sin da ragazzo; ho sempre apprezzato la sua vena descrittiva e il suo disprezzo nei confronti delle istituzioni, pur essendo egli stesso di estrazione borghese.

È vera la storia che racconti nella title track del disco, quella della moglie che pedina il marito di notte pensando la tradisca ma scoprendo alla fine che lui si prostituisce?
Le storie che racconto sono vere, magari alcune sono mischiate, ovvero non sono tutte vissute in un unico viaggio. Mi capita di sommare aneddoti, che per magia risultano collegati l’uno con l’altro per creare un’unica via che porta chi mi ascolta sempre al punto di arrivo.

A chi è indirizzato il brano “Over Low”?
“Over low” è indirizzato ai fake, a chi ha preferito smerdare sul net, piuttosto che confrontarsi di persona quando gliene ho dato la possibilità …è indirizzato a chi si autoproclama detentore, e vincitore, dello stile assoluto, quando questo esiste solo nella sua testa; insomma a chi batte tutti nel suo egotrip ma fa scena muta con in mano un mic.

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Dimmi come stai canti nel ritornello di “Frenesia alcolica”, nel tuo mestiere di tassista di solito questa domanda è a senso unico, raramente il passeggero si rivolge al conducente in questo modo e anche nel disco racconti più le storie di altri che le tue. Raccontare gli altri è anche un modo per raccontarti o semplicemente sei molto riservato da questo punto di vista?
Se ascolti magari un pezzo come “Storie e Svari”, ti accorgi che ti parlo del mio vissuto. In “Sono come Suono” ti dico del mio, non credo di non essermi raccontato, e comunque anche le storie che ho narrato di altri le ho vissute vedendole e assaporandole, quindi, vuoi o no, fanno parte di me.

Qual è il ricordo più bello che hai della tua carriera, anche un semplice episodio che però consideri fondamentale ancora oggi?
Il ricordo più bello che ho avuto della mia carriera? Ce ne sono due: il primo è stato il live di apertura nel ’98 ai Company Flow con i 13. Il secondo un sold out a Berlino con i Sangue Mostro.

Il ricordo più brutto invece? Il momento in cui avresti voluto mollare tutto e mandare tutto all’aria? Se c’è stato un momento del genere come ne sei uscito?
Quello più brutto non esiste. Non ho mai pensato di buttare tutto all’aria, bensì di buttare tutti per l’aria e giuro non ne sono mai uscito, ancora talvolta mi viene voglia di fare come in GTA (ride)

Che giudizio hai della scena napoletana attuale?
L’attuale scena napoletana, a mio avviso, oltre a sfornare giorno dopo giorno sempre più produzioni, si sta nuovamente evolvendo. In generale gli mc’s e i producer partenopei, oltre a strizzare un occhio alle novità musicali di Oltreoceano, ascoltano con entusiasmo anche le cose con un suono più classico, e questo mix ci sta portando forse a ricreare un nuovo calderone di stili Made in Naples. Anche i temi trattati stanno finalmente trovando una nuova luce dopo l’ondata di mc filo gomorriani. Sto sentendo ragazzi che spaziano e vanno oltre un qualcosa di già fatto da altri.

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Qualche nome?
Di nomi interessanti nell’attuale scena napoletana ce ne sarebbero da fare, ma tra tutti, per stile e attitudine, ora come ora ascolto Shadaloo e Oyoshe.

Stai guardando la seconda stagione di Gomorra? Cosa pensi dell’immagine che esce fuori del tuo paese? Ti dà fastidio che al momento i brani dei cosiddetti cantanti neomelodici siano di gran lunga più numerosi di quelli rap rispetto la prima stagione?
Guardo la serie Gomorra e non credo che basti una fiction a dare un’ immagine sbagliata alla mia città, piuttosto lo fanno le Istituzioni che non hanno mai mosso un dito per migliorarla. Però credimi, è un discorso davvero lungo e talvolta si rischia di andare a finire nella retorica.Il neo melodico è sempre stato colonna sonora dei ragazzi di strada qui a Napoli quindi non vedo perché dovrebbe darmi fastidio visto che corrisponde alla realtà. La musica rap in questi ultimi anni si è fatta conoscere tra le classi disagiate ma in fondo è un fenomeno che dilaga un po’ in tutti gli strati sociali, quello della venuta del suono metropolitano per come lo abbiamo sempre compreso noi che apparteniamo all’Hip Hop.

Pensi che la musica, così come altre forme di arte, possa rappresentare un’alternativa concreta a certe realtà o non basti?
Credo che la musica, come tante altre realtà, possa rappresentare una valida alternativa, vista la sua funzione culturale, dedita a elevare l’individuo facendogli conoscere la via del sapere e della ragione. Poi dipenderà sempre dalle singole persone fare la scelta giusta.

 
Intervista a cura di Stefano Pistore (@Stephaz01)
 
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Cover & Tracklist: “Ale Zin - Panama 11”

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