Il disco racconta del paradosso che vive il suo autore: straniero di fatto nella “sua” Londra, ma anche straniero in Italia data la mentalità del nostro Paese, nonché fiero cittadino del mondo, interessato solamente a scovare le sue diversità e a raccontarle, poiché chiave della bellezza umana.
È d’uopo spendere anche qualche parola sul contenuto effettivo del lavoro, che personalmente ritengo sanamente pop: nel corso dei brani, infatti, vengono riprese le varie sonorità della musica nera (Jazz, Soul, Funk e anche Rap), ma sempre in una modalità molto leggera e facilmente ascoltabile. Anche i testi seguono la stessa linea: per quanto trattino sempre argomenti importanti, risultano molto scorrevoli e piacevoli all’ascolto; l’unico possibile difetto è che la semplicità della struttura del testo pop viene spesso mantenuta anche nelle (rare) strofe rappate. Tuttavia, si può apprezzare la scelta di mantenere la stessa precisa identità in ogni situazione.
In conclusione, nel disco si respira un’aria fresca e rilassata, che può far apprezzare il disco sia agli ascoltatori più efferati di black music che agli ascoltatori occasionali. Mi sento di lodare nuovamente il giudizio e la consapevolezza con cui è stato trattato il lato pop del disco poiché è raro, soprattutto al giorno d’oggi, trovare produzioni che suonino in modo così serio e caratteristico. Personalmente lo definisco, quindi, “Pop saggio”, il cui autore, oltre che straniero, deve essere un “alieno” nella scena musicale odierna.
A cura di Andrea “Voide” Percassi