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Report

Dargen D’amico @Santeria (Milano)

Isabella Turso e Dargen D'amico al tavolo

“Ah, ah! Check, check!” Tutto pronto. Dall’altra parte del pc vi scrive, per la prima volta, un nuovo acquisto de lacasadelrap.com a cui piace parlare di sé in terza persona (“come Diego Armando Maradona” – cit.). Bando alle ciance, io sono qui per parlarvi della data zero del “Variazioni di Primavera Tour” del maestro Dargen D’Amico, tenutasi in data 20 aprile nella cornice del Santeria Social Club di Milano.

Propongo di partire dall’inizio. È il 7 febbraio quando JD’ annuncia le prime quattro date del nuovo tour, auto dichiarandolo “uno show unico”. Noi, ad occhi chiusi, ci fidiamo sempre di lui!
Non so voi, ma ogni volta che decidiamo di andare ad un live, si creano di conseguenza delle aspettative nella nostra testa. Spesso è cosa buona, altre un po’ meno, d’altronde si sa, “le aspettative sono la radice di tutte le angosce”, tanto per citarne uno a caso. Tornando a noi, ancora non mi conoscete, ma se così fosse, sapreste benissimo che Dargen incarna il mio modello preferito di uomo al mondo, per cui ogni aspettativa è amplificata, sia rispetto ai suoi lavori, che rispetto ai suoi live. Questa volta le nostre (le mie e le vostre) attese, non erano affatto indifferenti, considerando che era in uscita il suo nuovo disco e che la sua intenzione era quella di provare a fondere la musica classica e il rap, in una specie di cantauto-rap (come qualcuno prima di me, ha scelto di etichettarlo).

Da quel giorno vigeva in tutti noi l’attesa per l’uscita del disco “Variazioni” che finalmente arriva il 31 di marzo, insieme al suo primo libro dal titolo “Mi scuso con tutti, ma soprattutti con me”. Non è mia intenzione discutere in questa sede delle varie peripezie legate ai box di “Variazioni”. Così abbiamo cominciato ad ascoltare il nuovo album, confrontandoci tra D’Amici sulle prime impressioni. Tutto regolare, come succede per qualsiasi nuova uscita. Finché accade qualcosa di inaspettato e sbalorditivo: a due giorni dal live, l’attesissima e tanto discussa data zero di Dargen D’Amico finisce sold-out. Questo ha rappresentato motivo di discussione per i fan milanesi più affezionati che, purtroppo, non avevano ancora acquistato il biglietto. Vi risparmierò i commenti. D’Amici, potete recuperare il tutto al Carroponte il 12 luglio, nah miss it!

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Dunque arriviamo in Santeria tutti molto puntuali e… sorpresa! A cosa è stato dovuto il sold-out?
Ad aspettarci abbiamo trovato solo posti a sedere (che faceva tanto teatro dell’opera, ma con sedie in plastica). Beh, secondo me questa struttura era quasi perfetta per il tipo di proposta di live che ci aspettava. Le prime cose su cui, inevitabilmente, è caduto il mio sguardo sono stati gli strumenti sul palco, da sinistra verso destra: il pianoforte immenso con su una lampada abat jour, accanto ad esso uno sgabello con i microfoni già pronti, a seguire il violino, il violoncello e infine, una serie di synth, la chitarra e il mandolino.

Adesso mi piacerebbe che voi, che state leggendo questo report, chiudeste gli occhi per un attimo ed immaginaste un palco che si presenta con questa formazione.
Bene, ora immaginate una Isabella Turso, in tutta la sua eleganza e femminilità, salire su quel palco, sedersi al pianoforte, indossare le cuffie ed iniziare a suonare: da brivido. Nel frattempo, accompagnati dalla musica, arrivano anche gli altri componenti essenziali dello spettacolo: Simone Rossetti al violino, Daniela Savoldi al violoncello e, signori e signore (rullo di tamburi), Diego Maggi. Vi chiederete ma quel Diego Maggi? Sì, lui. Il polistrumentista, autore e voce maschile di “Dragostea Din Tei”, nonché il genio che fece la sua comparsa come ospite “straniero” all’edizione del Festival di Sanremo del 2004. Subito dopo parte la strumentale de “La mia testa prima di me”, la variazione di “Prima fila Mississipi”, arriva JD’ impeccabile come sempre nella sua camicia scura, sfoggiando l’ultima serie dei Bodyglasses (mai viste lenti più a specchio di queste).

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…Devo chiedervi scusa, ma ero troppo emozionata e non ho segnato la scaletta.

Tra il primo e il secondo brano Dargen ci ha dato il benvenuto a suo modo, come solo lui sa fare. La scelta di suonare davanti ad un pubblico comodo su una sedia è stata, secondo me, un’arma a doppio taglio. Da una parte tutti, o almeno spero, hanno potuto godere di ogni singola nota suonata dai vari artisti, hanno potuto osservare quella straordinaria intesa che c’era tra loro e soprattutto (elemento  da non sottovalutare) tutti riuscivano a vedere perfettamente il palco e ciò che accadeva. Si sa, ai concerti i meno alti sono anche i meno fortunati. Questo scoglio è stato abbattuto stavolta! Dall’altra parte invece, per buona parte dello show si è potuto notare un pubblico attento, ma silenzioso, che timidamente sussurrava le parole di ogni brano senza far troppo rumore, senza mani in aria, nessun salto. Personalmente, col senno di poi, non mi è dispiaciuta affatto quell’atmosfera. Finché quel silenzio si è trasformato in casino, urla, gente in piedi sulle sedie, nell’ultima parte dello spettacolo in cui abbiamo cantato a squarciagola Odio Volare, Ma dove vai (Veronica), Malpensandoti, Bocciofili.

Ma facciamo un passo indietro. Ve l’ho già detto che ci sono stati un paio di ospiti? Il nostro Dargen, a un certo punto, ha colto l’occasione per spendere due parole rispetto alla storica “polemica” che era saltata fuori quando alcuni tra i suoi affezionati hanno pensato di (come si dice? Giudicare un libro dalla copertina? In questo caso giudicare un disco dalla tracklist) erogare giudizi negativi per la collaborazione con Tedua, Izi e Rkomi .

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Così JD’ ha voluto ospitare sul palco Tedua, che ha cantato la sua strofa in maniera eccellente, a tempo, sul pianoforte, senza autotune. Io sono rimasta colpita dalla sua originale interpretazione live del brano, nonostante il fatto che a casa mia io non ascolti di frequente i suoi lavori. È arrivato sul palco sprizzando gioia e passione da tutti i pori, con una grandissima voglia di esibirsi accanto a Dargen D’Amico. Si leggeva sulla sua faccia la gratitudine nei confronti del suo mentore, che ha anche esplicitato verbalmente. Si è meritato proprio un grosso applauso, bravo Tedua!
Un altro ospite è salito per cantare Bocciofili, stiamo parlando di
Mistico. Anche se questo brano merita un’introduzione dignitosa, lascerò che sia un video a parlare al mio posto.

Bene, spero non vi siate annoiati troppo e “Mi scuso con tutti, ma soprattutti con me”, questo era il mio primo report. In attesa del sold-out al Carroponte, così saprete un po’ cosa aspettarvi.

Report a cura di Federica Allegrini

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Assistente Social(e) del rap italiano e della vita in generale a.k.a. Redattrice con OCD
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