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Intervista

Let’s rap about it presenta Young Zeep

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Lacasadelrap.com ritorna in Sardegna con Let’s rap about it  per cercare di comprendere meglio il rapporto tra musica rap e il sardo, i problemi dell’essere “distanti” dal panorama nazionale e la forza che spinge gli artisti a fare il doppio dei sacrifici per accaparrarsi uno spazio in un movimento tanto lontano fisicamente da sembrare, delle volte, estraneo.

Let’s rap about it presenta questo mese Young Zeep artista sardo che per forza di cose si è trovato ad abbandonare la Sardegna per entrare in contatto con una realtà musicale completamente diversa qual è quella torinese.

Nell’ultimi mesi, il nostro artista a sfornato una serie di singoli con lo scopo di anticipare il suo prossimo lavoro in uscita nei prossimi mesi. Partendo dal suo rapporto con la Sardegna cercheremo di analizzare e la sua musica e cosa riserva il futuro musicale del rapper sardo.

Seppur con un buon seguito in terra sarda per un emergente, sei partito, per questioni di studio, a Torino. Lì è cambiato tutto poiché sei entrato in contatto con un ambiente diverso. Poter vivere musicalmente due ambienti così disparati  ti avrà messo di fronte ad una questione, punto focale della rubrica: quanto è difficile vendersi in Sardegna?

Fare musica in Sardegna e farsi ascoltare non è per niente semplice, complice un ambiente non ancora “pronto” e informato. Stando a Torino ho trovato sicuramente più opportunità di farmi conoscere e ascoltare, anche grazie a Goldenage, una realtà Torinese che mi supporta in ambito live e non solo. Ho notato peró  che la scena musicale della mia terra non ha nulla da invidiare a quella nazionale. Sono del parere che in Sardegna manchino i live, soprattutto per gli artisti emergenti.

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Cosa ti influenza maggiormente? Ti senti più legato al rap isolano o a quello nazionale/mondiale?

Ascolto tantissima musica ogni giorno e mi sono avvicinato al rap relativamente tardi, dunque non sono particolarmente legato al rap isolano e devo ammettere che sono anche abbastanza ignorante in materia. In generale ammiro tanti artisti, ma faccio una vita completamente diversa dalla loro, quindi non mi influenzano a livello di testi. “Non parlo di strada, non sono un Tomtom” non è detto a caso. Per quanto riguarda la musicalità invece sono più legato alla scena americana, che è indiscutibilmente più avanti di noi. Artisti come Post Malone sono sicuramente un punto di riferimento.

Dal punto di vista linguistico quanto influenza la tua musica la lingua sarda? Utilizzi con molta serenità l’inglese nei brani, ma col sardo che rapporto hai?

La mia famiglia parla in sardo quotidianamente e io lo capisco, pur parlandolo di rado. Questo si riflette nei miei pezzi, nei quali parlo spesso della Sardegna, ma sempre in italiano. Uso l’inglese per una questione di “suono” e perché nei momenti di scarsa ispirazione è più semplice usare una lingua straniera per me. In King XIX però ci sarà un brano, Zinedine Zidane, con un rapper francese in cui userò molti termini in sardo proprio per creare un contrasto forte.

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È uscito da poco il tuo nuovo singolo con Denny Loe, King XIX. Come è nato il brano e questa collaborazione?

Ho conosciuto Denny proprio a Torino, a un contest in cui siamo arrivati entrambi alla fase finale. Fin da subito c’è stata stima reciproca e la collaborazione è arrivata in maniera molto naturale, complice la conoscenza con Eevan, il produttore giovanissimo. Il brano è arrogante ma anche ironico, e siamo rimasti molto soddisfatti del risultato e del riscontro ottenuto. Tra l’altro ci sarà presto una nuova collaborazione con Denny Loe, insieme a Peve e Giorgino, due artisti torinesi validissimi.

So che stai collaborando con una figura fondamentale della musica rap italiana. Cosa puoi dirci a riguardo?

Penso che DJ Myke non abbia bisogno di presentazioni, visto che ha prodotto pezzi che hanno fatto la storia del genere in Italia. La collaborazione è nata un po’ di mesi fa e il risultato è stato Origami 2.0, un brano che racconta tantissimo di me se si legge tra le righe. Ancora non voglio svelare tanto, ma vi dico solo di stare attenti all’inizio del 2019, perché stiamo lavorando a un qualcosa d’impatto.

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Paragonando l’ambiente musicale sardo a quello nazionale cosa pensi serva a quello nostrano?

Prima di tutto servono opportunità. Opportunità di esibirsi, di farsi notare. A livello artistico invece credo che serva una minore chiusura, per permettere anche agli ascoltatori di altre zone d’italia di apprezzare il rap made in Sardegna. Puntare sul nuovo cercando di rimanere fedeli a se stessi. Il potenziale c’è eccome, ma va sfruttato e supportato meglio.

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Chi vorresti leggere in questa rubrica dopo di te?

Mi piacerebbe leggere qualcosa su Riky, che al momento vedo come l’artista sardo più pronto a fare quel passo in più a livello nazionale.

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