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Recensione

Resistenza Rap: il rap italiano militante approda nell’America di Trump

Kento Resistenza Rap

Narrazioni dense e suoni impegnati si alterano in Resistenza Rap. Primo libro autobiografico di Kento, uscito nel 2016 in contemporanea con il disco insieme ai The Voodoo Brothers Da Sud e pubblicato in inglese qualche settimana fa da Round Robin Editrice. L’artista sarà impegnato, pertanto, in un tour di presentazione negli USA. Occasione per far conoscere una produzione fresca, militante, attuale, lucida e al tempo stesso provocatoria capace, quindi, di mettere in questione chi ne fruisce.

La scoperta dell’anarco rap

Diversi e co-essenziali, infatti, sono i livelli lettura che nell’opera tra loro si intersecano: personale, artistico militante e politico. Lungo tutto il racconto le sue rime fanno da sottofondo a situazioni, a storie, a immagini, a profumi e ricordi che danno corpo alla sua vicenda personale. La quale si sviluppa da Reggio Calabria pizzicando, attraverso cassette e videocassette e fanzine, le prime opere rap.

Via via si avvicina così a un mondo, una realtà e a persone esponenti di una vera e propria sotto cultura, l’orizzonte entro cui l’artista riuscirà e trovare la propria dimensione non sono personale, ma anche politica: quella dell’anarco rap.

I libri, l’arte e le esperienze di vita

Impegnandosi le prime «aspre, scollegate, rigide» rime (Kento,p.17) si sciolgono e diventano un fiume appassionato e coinvolgente. Coltivato con letture, arte e ed esperienze di vita che si fan via via poesia.

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La vita, infatti, come affermavano già Joe Cassano, Duo Kie, Shinto “ti segna e insegna”. A tal proposito Kento scrive (p.25):

«Tutti i libri che leggo e tutti i dischi che ascolto, in un certo senso, entrano nelle mie canzoni, nel modo in cui le registro e nel modo in cui le interpreto di fronte alla gente»

Oltre a ciò, scenari crudi, cicatrici e ricordi infelici (Kento, in All’Orizzonte, 2009, dall’album Sacco e Vanzetti ) diventano lievito per la creatività, per la presa di posizione personale, per la denuncia sociale e politica e quindi per la militanza artistica.

L’elemento poetico si mescola con la durezza della vita, anzi proprio da questa trae spunto per amplificarla in versi e rime che diventano non solo arte, ma denuncia, lotta e resistenza, resistenza sonora.  Queste superano i confini nazionali, per confondersi con esperienze medio orientali originali. La musica, infatti, va oltre le parole (Kento& The Voodoo Brothers, in Musica Rivoluzione, dall’album Radici,2014) e l’esperienza del progetto Hip-Hop Smash the Wall in Palestina ne è un esempio .

Una “nuova coscienza”

Resistenza Rap, in linea con la produzione artistica in rima attraverso il testo, colpisce forte. Muove, infatti, dalla rabbia e dall’indignazione verso una realtà politica, statale e anche culturale vista come insoddisfacente, limitante e fortemente corrotta per generare una “nuova coscienza” (Kento, p. 60) sulla medesima. La musica, pertanto, è per Kento strumento di resistenza allo status quo e ma anche alle organizzazioni criminali come la ‘ndrangheta, contro la quale si oppone apertamente in diversi modi. Ad esempio utilizzando la tarantella calabrese, genere folk su cui poggiano i “canti della malavita” all’interno di attività laboratoriali da proporre nelle scuole. Con l’obiettivo, tra gli altri, di svincolare un genere della grandi potenzialità dalla malavita.

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Non solo, l’hip hop nelle carceri minorili diventa il mezzo per entrare in contatto profondo con persone giovani provenienti da fasce deboli della popolazione. I loro trascorsi segnati dalla marginalità dalla devianza sono, secondo l’artista, vittime del sistema giudiziario italiano e del capitalismo (Kento, p. 97).

La necessità di schierarsi

Per tutto ciò ne deriva un viaggio sfumato, incalzante e impegnato, nel quale non solo trasmette con intensità, forza e convinzione la sua particolare visione del rap, ma svolge una lucida analisi circa alcune dinamiche e presenze della nostra società italiana. Ne deriva una figura d’insieme che pur composita tratteggia un appassionato e appassionante percorso umano, professionale e artistico. Questo culmina con un appello a schierarsi, a partecipare, a fare proprio lo spirito anarchico, nel senso più alto del termine,  antirazzista, curioso e battagliero, che da sempre pervade tutta la produzione del rapper calabrese. Bisogna allontanarsi da una “royality” ostentata e vacua per avvicinarsi alla “realty” in modo sì discantato, ma critico, profondo,  impegnato e trascinante.

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