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Intervista

Kento ci racconta la sua Resistenza Rap

Kento rapper

Dopo aver sviluppato la recensione sul libro autobiografico Resistenza Rap mi sembra stimolante da un punto di vista personale e critico rivolgermi direttamente all’Autore del libro con alcune domande relative al suo percorso artistico e militante.

Esse saranno sicuramente occasione di approfondimenti inediti…

L’INTERVISTA

In una tua canzone ripeti “ho idee potenti e ho obiettivi precisi”. È un verso molto impattante. Per questo, dal mio personale punto di vista, apre alla riflessione. Infatti, in una società come la nostra liquida, in cui gran parte delle certezze del passato sono venute meno, plurale – diverse forme umane si trovano a condividere il loro quotidiano – ciò genera contrasti sociali e conflitti. Quest’ultimi, tra l’altro, non trovano una gestione politica seria, non ideologica, o semplicemente non incapace. Quando ragiono così, ho in mente Torino, ma anche Milano, Roma, banalmente, questa metamorfosi di cui ti dicevo prima, la si vede sui tram, o in altri non- luoghi urbani…
Ecco fatta questa premessa come s’ inserisce questa tua affermazione di qualche anno fa oggi nel nostro scenario italiano?

Sono convinto che l’Hip-Hop possa e debba avere un ruolo nello sviluppo della coscienza personale e sociale. Degli artisti, degli ascoltatori, della nostra Italia che – come dici anche tu – ha perso certezze. Se guardo allo scenario politico, si disegna uno scenario pauroso: turbocapitalismo e razzismo si baciano in bocca in questo presente che viviamo. E – sempre all’interno dello scenario politico istituzionale – non vedo una opposizione seria, credibile, condivisibile. Il PD è altrettanto vergognoso rispetto a quelli lì che stanno al governo. All’interno del sistema non è possibile trovare una soluzione, perché il sistema è basato su regole falsate che si risolvono nell’oppressione del povero e del più debole. Se i loro “obiettivi precisi” sono questi, noi dobbiamo rispondere con altrettanta precisione tenendoci stretti i luoghi che sono nostri. Parlo delle strade, scuole e università, luoghi di lavoro… ma anche degli spazi mentali di resistenza e non accettazione. La libertà non è un regalo, non può essere comprata, non è scegliere tra Sky e Mediaset Premium, come dicono giustamente gli Assalti Frontali. Vedo all’interno della scena, soprattutto tra i ragazzi più giovani, una creatività e un coraggio encomiabili. Dire che i teenager sono tutti scemi che si fanno di sciroppo è un errore grossolano. Loro, più di tutti, sono quelli a cui auguro di avere idee potenti e obiettivi precisi.

All’interno dell’Album – veramente, denso di contenuti e ad oggi  molto attuale – Resistenza Sonora, oltre alla canzone omonima, c’è anche quella scritta da Simone “Mad Simon” Squillace, Crisi. Al suo interno ci sono i seguenti versi:

«Ennesima guerra al TG della sera
L’Italia intera insieme alla Lega
sega le gambe ad un altro problema»

E poco più avanti nel ritornello:

«Costruiamo barriere di civiltà
Rendendo schiavi noi stessi della società
Perdo la percezione della realtà
Madre Terra è in crisi e in crisi c’è l’umanità… »

E poco oltre:

«È una questione di equilibrio globale se
il mondo attuale non continua a girare»

Ecco appena l’ho sentita, oltre ad emozionarmi assai, mi ha subito riportata al tuo tour americano. Il contesto politico americano e come tratteggia  U. net nel suo ultimo libro Stand 4 What. Razza, rap e attivismo nell’America di Trump è quanto mai attraversato da barriere, molto similmente al nostro, come accennavo prima. Cosa ti aspetti da questo tour, da quest’esperienza americana in una  realtà così caratterizzata?

A breve ufficializzeremo le date di dicembre negli Stati Uniti, legate alla presentazione dell’edizione americana del mio libro Resistenza Rap. Ne sto parlando proprio in queste ore con il mio editore. Sono contento e anche un po’ sorpreso del fatto che il lavoro stia riscontrando curiosità ed interesse, al punto che si comincia addirittura a parlare di una nuova serie di appuntamenti oltreoceano per la primavera 2019. Staremo a vedere, nel frattempo mi preparo per questa prima tornata! Come molti hip-hopper, ho già visitato New York, la Mecca della nostra cultura, più di una volta. Mi ricordo che il primo viaggio coincise con la prima campagna Obama e, nei quartieri popolari, era viva la speranza nei confronti di quello che un presidente afroamericano avrebbe potuto fare. C’era davvero aria di cambiamento. Adesso la situazione è molto diversa – non posso non pensare che la colpa sia anche dell’amministrazione Obama che ha deluso certe speranze – e quegli stessi quartieri si trovano ad affrontare una presidenza che puzza di razzismo e repressione. Sono molto interessato alle forme di resistenza che la società civile e gli attivisti stanno sperimentando e alla potenziale adattabilità delle stesse a una realtà come la nostra, dove si sta facendo largo un regime per molti versi simile a quello di Trump. E sto lavorando su quello che, durante le presentazioni, racconterò al pubblico della nostra Italia sia come situazione politica che come situazione della scena rap, ma quello è un altro discorso, potenzialmente ancora più lungo…

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In quanto pedagogista sono stata piacevolmente sorpresa del tuo impegno sia nelle carceri che sia nella scuola, c’è nel rap del potenziale educativo nascosto. Convenuto ciò, in cosa consiste questo potenziale e come si esprime questo?

Alcune delle canzoni più importanti della storia del rap (e non solo del rap) sono state scritte mentre gli autori erano dietro le sbarre. Basterebbe solo questo dato per raccontarti l’enorme potenziale che lega la sofferenza di chi è rinchiuso all’esigenza di esprimersi e di evadere almeno mentalmente. Ai giovani detenuti viene molto facile approcciarsi al rap: sono cresciuti ascoltando questo genere (per loro l’”old school” è Eminem…) e quando parli di barre e strofe capiscono senza bisogno di spiegazioni. Il punto diverso, e forse un po’ più difficile, è fargli capire che loro possono essere dalla parte di chi parla, di chi si esprime, non di chi deve solo ascoltare e sentirsi dire cosa fare. Nei prossimi giorni inizierò una nuova esperienza di laboratorio rap presso il carcere minorile di Casal del Marmo a Roma, che durerà tutto il mese di ottobre e mi auguro ci darà modo di fare belle cose. Per il momento purtroppo non posso dire altro, se non grazie all’associazione FuoriRiga e ovviamente all’amministrazione penitenziaria che ha dato l’ok al progetto. Più avanti – se vorrete – vi racconterò e vi farò sentire qualcosa di più.

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In diverse canzoni parli dell’atteggiamento vacuo e disimpegnato degli artisti rap, ossia di questa royality ostentata, pensi che questo tradisca lo spirito del movimento da cui il rap nasce o sia solo il riflesso della società dell’apparenza in cui siamo immersi? Quindi questo ostentare soldi, donne, gioielli e uso di droghe apparterebbe all’essere, come si dice, real?

Te lo dico nel modo più netto che posso: il rap DEVE parlare di soldi, di sesso, di droga, di potere. Perché la nostra società, che ci piaccia o no, gira intorno a questi punti cardine. E se vuoi raccontare la realtà te ne devi interessare, così come interessano ai ragazzi che sono i nostri primi ascoltatori. Perché, se non ne parliamo noi – magari in un modo non moralistico ma neanche banale e stupido – sarà qualcun altro a farlo. È una responsabilità che ci dobbiamo prendere. I rapper ostentano edonismo e consumismo da quarant’anni, quindi vederli farlo oggi è una cosa che impressiona solo chi scopre oggi il rap. Ciò che mi preoccupa, invece, è l’impressione che alcuni di questi ragazzi siano completamente in balia dei marketing executive, senza rendersi conto che se salgono così in fretta possono anche scendere altrettanto in fretta, e ritrovarsi tra pochi anni a suonare alla sagra dell’acqua calda, così come – tra le altre cose – sta già succedendo a un paio di meteore del rap italiano di 4-5 anni fa. 10 milioni di views non sono 10 milioni di Euro, e purtroppo qualcuno lo sta già imparando sulla propria pelle.

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Leggendo il tuo libro Resistenza Rap del 2016 così fresco e allo stesso tempo intimo, genuino ma fortemente impegnato. Ho notato, correggimi se sbaglio, che sembri persuaso del fatto che, un artista rap possa raccogliere e interpretare in modo originale il ruolo svolto nel passato dagli antichi o famosi poeti nel processo di coscientizzazzione del popolo italiano su certe dinamiche che oggi caratterizzano il nostro contesto storico-culturale. Ecco io vorrei chiederti: come pensi questo possa accadere?

Non penso che tra noi rapper ci sia il prossimo Montale e neanche il prossimo De André, da un lato parliamo di giganti, e dall’altro comunque sarebbe una responsabilità troppo grossa che non augurerei a nessuno. Sull’antichità il paragone è difficile perché la società è cambiata troppo. Pensando ai contemporanei, direi però che possiamo e dobbiamo fare tesoro di quanto la poesia e quella parte di musica che si avvicina la poesia ha fatto per stimolare il cambiamento e l’evoluzione della nostra società. Anche evidenziandone in maniera forte le contraddizioni, il conflitto. Tornando a De André, chi è che oggi avrebbe il coraggio e la visione per far uscire un testo come la Canzone del Maggio? La mia risposta è: dovremmo essere noi rapper. Senza paura di usare il microfono, di rischiare, di lasciare a bocca aperta chi ci ascolta, di scioccare la borghesia benpensante. Il problema è che, come ti dicevo all’inizio della risposta, non vedo troppa gente che ha la penna di De André…

Quali progetti futuri hai musicalmente e perché no a livello editoriale?

Il nuovo disco è a buon punto, ma a questo punto uscirà con l’anno nuovo perché, tra il lavoro in carcere e le date negli USA, il mio 2018 è già praticamente volato via. Suona moderno, sono contentissimo delle liriche e ha delle collaborazioni che non vi aspettate assolutamente. Per il resto, è inutile negare che sto già pensando a un nuovo libro, ma la penna non ha ancora toccato il foglio e non è detto che lo tocchi a breve: devo definire meglio il concetto e chiarirmi un po’ di dubbi. Sicuramente da qui in avanti ci divertiremo. Grazie per lo spazio!

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