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Intervista

Cinque componenti per un unico progetto targato Armata del Tronto

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Qualche settimana fa, per l’esattezza il 19 ottobre, è stato pubblicato per l’etichetta CostaKlan il primo album della crew marchigiana Armata del Tronto il cui titolo del disco riprende proprio lo stesso nome del collettivo. L’album, a sua volta, era stato anticipato dal singolo Mezze verità. Incuriositi, abbiamo deciso di saperne di più su questi cinque artisti e sul loro progetto musicale. La formazione infatti ad oggi è composta dai quattro MC’s Anter, Ase, Siero, Sputo e dal DJ/ beatmaker TalcBeats e quella che segue è l’intervista che abbiamo realizzato con loro per lacasadelrap.com.

Benvenuti ragazzi. Partiamo da voi: come nasce il progetto musicale Armata del Tronto e qual è l’origine della crew?

Il progetto Armata possiamo dire che nasce da una serie di necessità, una di queste è stata sicuramente quella di convogliare la nostra amicizia e la miriade di rime che ci ritrovavamo a fare per le strade di Ascoli Piceno. Direi che è iniziato tutto cosi, nella maniera più sana e naturale possibile. Anter, Siero e Ase si conoscevano già da qualche anno poi successivamente, sono arrivati Sputo e Talc Beats. Alla fine nel giro di tre anni siamo riusciti a creare il disco che avevamo in testa e che voi tutti avete ascoltato, di questo ne siamo davvero orgogliosi.

Siete cinque componenti con stili, influenze e background verosimilmente diversi, ma rivolti verso una comune meta, come riuscite a far conciliare il tutto sopra ad un beat?

Questa è una veramente una bella domanda. Allora, per noi questa peculiarità è un punto di forza e sicuramente la stima che nutriamo reciprocamente ci dà una gran spinta, in più ci conosciamo l’un l’altro come le nostre tasche. Quello che sigilla ogni nostro lavoro credo sia affrontare ogni produzione con una mentalità sempre ben precisa e comune tra noi.

La figura del producer in gruppi con plurimi MC’s, come il vostro, è sicuramente fondamentale per amalgamare e tracciare una linea guida da seguire. TalcBeats vuoi spiegarci come ti approcci a livello di ricerca di sonorità da seguire per far uscire le migliori potenzialità dei tuoi colleghi?

TalcBeats: Ho pensato che per questo progetto l’obbiettivo principale da raggiungere fosse quello di non appesantire troppo l’ascoltatore. Partendo da questo presupposto, il mio approccio è stato quello di stravolgere completamente i samples da me ricercati creando sonorità quasi opposte all’originale dandogli comunque un ruolo fondamentale all’interno di ogni produzione. Da qui poi ho capito che, il modo migliore per arrivare al risultato ottenuto con il progetto, fosse quello di far comporre i testi sopra i beat non editati per poi plasmarli singolarmente su ognuno di loro; elaborando pause, contrattempi e cambi di beat.

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Il vostro primo album insieme: come sono nate le singole tracce ed in che modalità? Come vi approcciate nella scrittura dei brani e ai temi da trattare? Democraticamente o l’indirizzo arriva di volta in volta da uno di voi?

Nel nostro caso vige la democrazia. Abbiamo puntato a tirare fuori un mare di idee per questo disco che poi abbiamo realizzato all’atto pratico senza scartare niente. Abbiamo ragionato su ogni singolo pezzo partendo dall’idea più semplice, faccio un esempio; il pezzo lirico ultimatum è nato all’istante, ascoltando il beat, in particolar modo il synth del ritornello, ci dava l’impressione di un qualcosa di alieno e da lì abbiamo poi sviluppato bene l’argomento. È stato tutto molto spontaneo, spesso ci siamo riuniti a tavolino proprio con l’intento di cacciare idee, concetti ma anche semplici parole chiave che potessero portare all’elaborazione di un bell’argomento da trattare, abbiamo fatto molto brainstorming con le bozze dei beat in sottofondo!

Proporre in questo periodo un disco rap credibile e contemporaneo, per la scelta dei suoni, dei testi e dei flow, non è semplice. Voi come avete trovato la formula magica? Su quali aspetti avete lavorato principalmente?

La nostra grande forza è proporzionata a quanto abbiamo creduto in questo progetto e soprattutto nell’Hip Hop. Credere con tutto te stesso in quello che stai facendo è fondamentale, senza pretendere nulla indietro. Abbiamo lavorato principalmente nel rendere il nostro sound differente, unico e che esprimesse al meglio il nostro potenziale. 4 strofe da 1 minuto ad ogni traccia sappiamo che possono stufare o annoiare l’ascoltatore per cui ogni traccia ha un qualcosa che differisce dall’altra sia per la metrica usata che per il mood che genera. Per esempio nella traccia Non ci fai pena abbiamo sperimentato una tecnica di scrittura abbastanza inusuale e particolare, ovvero il fatto di far chiudere la quarta barra di ognuno di noi al alla persona successiva, in questo modo chi apre la strofa inizialmente fa solo 3 barre (nella prima Sputo e nella seconda Ase) e si ritrova poi a doverla chiudere con una sola barra, in questo modo alla fine tutti chiudono 4/4 a testa, ma all’orecchio non dispiace proprio perchè questa tecnica fa legare bene tutto quanto il testo, rendendolo fluido!
La parola d’ordine è essere originali sempre.

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All’interno del lavoro spiccano due collaborazioni di spessore. Quella con DJ Shocca che ha prodotto la traccia Una parola, una promessa e si è occupato del master audio, e DJ T-Robb per gli scratch nell’Intro. Come nascono queste due collaborazioni?

Con entrambi ci siamo conosciuti ai live. Poi per quanto riguarda DJ Shocca la collaborazione è nata nella maniera più sana. Nell’agosto 2016 ci esibimmo ad Alba Adriatica in apertura a Stokka, Mad Buddy e Shocca: quella data fu bellissima, il pubblico rispose benissimo al nostro live. A fine serata conoscemmo Matteo, e mentre si parlava di come era andato il concerto, ci propose la collaborazione. Da quel momento abbiamo iniziato a sentirci molto spesso con lui, tanto che alla fine abbiamo deciso di affidargli l’intero master del disco. Penso che ognuno di noi, con questa collaborazione, abbia realizzato un sogno, per ovvie ragioni.

Tra i temi trattati nell’album, partendo dal nome del vostro collettivo che è lo stesso del progetto, emerge il ruolo fondamentale che gioca la vostra zona di provenienza. L’attaccamento ad una provincia fatta altresì di una grande trazione Hip Hop è sicuramente centrale come si percepisce da ApGangbang Remake. Gli stessi Outro 63100 (CAP di Ascoli) e Intro 0736 (prefisso di Appignano del Tronto), delineano una forte territorialità. Qual è il vostro il rapporto con la provincia in relazione alla voglia di emergere attraverso la musica?

Alla nostra città dobbiamo tanto soprattutto per come ci ha formato musicalmente. Siamo cresciuti ascoltando chi prima di noi ha fatto la storia ad Ascoli Piceno come Arsen, Claver, ElDomino, Kenzie e la Fog Prison. La provincia, in particolare la nostra provincia è stupenda ma a tratti limitativa per chi ha le nostre ambizioni, diciamo che è il classico rapporto di amore e odio.

Spesso, volenti o nolenti, si è costretti a trasferirsi verso poli più grandi come possono essere Roma o Milano. Voi cose ne pensate?

Ase: Guarda, ti sembrerà assurdo ma la domanda è molto inerente, proprio perché 3 di noi (Ase, Talc e Siero – n.d.r.) si sono trasferiti a Milano ormai da 2 anni e mezzo, chi per motivi di lavoro, chi per studio. Personalmente credo che spostarsi dalla propria zona di confort e guardare cosa c’è al di fuori della tua scena locale sia fondamentale se non essenziale per crescere, sia artisticamente che umanamente, a prescindere da quale sia il posto in cui vai. Detto questo è ovvio che metropoli come Milano o Roma, ma ti direi più Milano, danno maggiori possibilità, nel senso che comunque ti ritrovi a vivere in una realtà in cui ci sono mille studi, ogni sera c’è una serata/contest/live in cui hai l’opportunità di farti conoscere o comunque di farti dei contatti utili per la tua carriera, di contro c’è che paradossalmente diventa più difficile ricavarti un tuo spazio, proprio perché ci sono molte più persone che ci provano, ma a mio onesto parere poche valide. Ecco se ti devo fare un esempio ti direi che qua c’è tanta, ma tanta, forse troppa, quantità e poca qualità/originalità, mentre da noi il contrario, da noi i rapper sono pochi (anche se ultimamente la situazione sta un po’ sfuggendo di mano) ma quei pochi rappano come Cristo comanda, senza far distinzioni tra rap e trap, da noi un MC sa cosa vuol dire essere un MC!

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Per chi fino ad oggi non vi conosceva e dopo questa intervista si vuole avvicinare a voi e alla vostra musica quali sono i canali di riferimento? Ci sarà l’occasione di potervi ascoltare anche dal vivo in qualche data già in programma?

Per il momento stiamo fissando le prime serate di presentazione e a breve inizieremo a portare il disco in giro, tutte le informazioni riguardo ai live le potete trovare sul profilo dell’Armata del Tronto: Instagram e Facebook e poi il riferimento è Costaklan: Instagram e Facebook.
Per ascoltare l’intero disco invece è in streaming su tutte le principali piattaforme di streaming.Ragazzi che dire, non mi resta che ringraziarvi e farvi un enorme in bocca al lupo per il progetto Armata del Tronto. Ne approfitto in chiusura di questa intervista, la prima da me confezionata per lacasadelrap.com, per riportare una piccola considerazione personale non strettamente legata al solo aspetto musicale delle cose. Ossia, che molte volte l’unione fa veramente la forza per il raggiungimento di un obiettivo comune, che in gruppo probabilmente si può arrivare più lontani che come singolo.

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Parlo in radio, scrivo sul web e faccio meme sui social. Filo conduttore? Il rap italiano.
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