
Earl Sweatshirt è un artista molto difficile da inquadrare: schivo, introverso e quasi totalmente avverso al mondo social, rimane una figura altamente imprevedibile. Così come è impossibile prevedere quando e come farà uscire nuovo materiale, è di volta in volta una sorpresa scoprire e assaporare le nuove sfaccettature presentate nei suoi lavori. Una progressione artistica che ha avuto inizio con Earl, l’omonimo mixtape pubblicato a soli 16 anni d’età, e passata per Doris e I don’t like shit, i don’t go outside fino a confluire nella sua ultima fatica discografica: Some Rap Songs.
L’ALBUM IN VOTI
Instrumental: 9/10
Sul versante strumentale, Some Rap Songs è un prodotto con una direzione sonora ben precisa e delineata: mutuando e approfondendo il sound della scena underground newyorkese (Navy Blue, MIKE su tutti) Earl e i suoi collaboratori hanno creato un tappeto sonoro denso e compatto. Le strumentali, caratterizzate da sample e loops di matrice Jazz/Lo-fi Rap, sono state sapientemente strutturate in modo da realizzare un vero e proprio crescendo portato a conclusione grazie al campionamento finale di RIOT! che crea un finale perfetto per un prodotto che, nonostante la breve durata, risulta difficoltoso sia da digerire che da metabolizzare. Unica nota di demerito è il mixing volutamente impastato del disco, che per quanto risulti essere una chiara scelta dell’artista, rende di difficile comprensione in alcuni casi le rime del rapper di Chicago.
Lyrics & Skills: 9/10
Nei soli 24 minuti di playtime che lo compongono, Some Rap Songs è un progetto conciso e diretto. Le liriche di Thebe Neruda Kgositsile (vero nome di Sweatshirt, ndr), affilate come non mai, passano in disamina i vari stati d’animo attraversati dall’artista in questi anni: depressione, senso di estraniamento e solitudine sono solamente alcune delle tematiche trattate da Earl all’interno del disco. Un parlare di se stessi mai ridondante o scontato, una terapia musicale attraverso la quale il rapper di Chicago è riuscito in parte ad esorcizzare i propri demoni e le proprie paranoie. Un vero e proprio flusso di coscienza agevolato dalla quasi totale mancanza di ritornelli, lasciando così spazio al fluire dei pensieri dell’artista, che rappresentano il punto focale del disco. Un viaggio onirico e catartico che coinvolge l’ascoltatore all’interno della mente di un ragazzo tanto tormentato quanto talentuoso.
Style: 9/10
La direzione artistica intrapresa da Earl nella stesura del disco è ben chiara e precisa: un richiamo continuo e ossessivo al sampling e al glitching inglobato, a sua volta, in una miscela di stampo prettamente Lo-fi (che caratterizza gran parte del movimento musicale a cui è ispirato e d’ispirazione). Una scelta coraggiosa e di controtendenza per uno degli artisti più promettenti e allo stesso tempo importanti del panorama musicale statunitense. Un disco estremamente personale e di nicchia che richiede più ascolti per essere apprezzato a pieno.
Artwork & Visual
Basta dare un semplice sguardo alla copertina di Some Rap Songs per farsi un’idea generale dell’album: il faccione di Earl sfocato campeggia sulla copertina e ritrae perfettamente l’idea di incessante movimento e inquietudine rappresentate all’interno del disco. Un’immagine volutamente sfocata e di bassa qualità, come a raffigurare il progressivo deteriorarsi dello stato mentale di Thebe man mano che scorrono i brani.
VOTO FINALE
Impeccabile sia stilisticamente che liricamente l’ultima fatica discografica di Earl Sweatshirt è a tutti gli effetti uno dei must listen di quest’anno. Some Rap Songs è un disco cupo e complesso, un calderone di idee che nel loro caos trovano perfettamente il proprio ordine: un viaggio nella mente di un artista tanto tormentato quanto talentuoso, che ha messo tutto sé stesso nella realizzazione di un prodotto estremamente complesso ma allo stesso tempo dannatamente personale.