Ape, dopo aver pubblicato ad inizio marzo l’album The Leftovers, il 5 dicembre pubblica l’EP 1978 disponibile in copia fisica e su tutte le piattaforme digitali.
Il progetto celebra i 40 anni di Ape di cui 20 dedicati da protagonista all’Hip Hop underground tra demo, mixtape ed album ufficiali.
Questo lavoro, anticipato dal singolo Il mambo degli orsi, si ispira alle opere dello scrittore Joe R. Lansdale e ne riprende le atmosfere tipiche della provincia e dei sobborghi, raccontando paure, ambizioni e stati d’animo della gente comune.
In occasione della pubblicazione di questo Ep abbiamo deciso di intervistare Ape e far sì che le sue parole presentino il suo ultimo lavoro.
Benvenuto su lacasadelrap.com! 1978, oltre ad essere il tuo nuovo album, è l’anno della tua nascita. Cosa rappresenta per te 1978?
Lo possiamo definire uno spin off di THE LEFTOVERS, il viaggio riparte da lì. Non ero abbastanza sazio e mi andava di celebrare una data così importante, e per renderlo più divertente ho deciso di dare tanto spazio ai featuring, fatti tutti con persone che stimo prima personalmente e poi artisticamente. Rappresenta la chiusura di un anno appagante ma difficile. Il 2018 è stato l’anno in cui ho confermato la volontà di rimanere in gioco facendo capire che GEMELLI non era un episodio: questo ha spiazzato molti ed ha creato dinamiche e rivalità che avevo dimenticato ed erano uno dei motivi per cui anni fa avevo mollato il colpo. L’hip hop italiano si è arricchito con l’avvento della scena mainstream e tutte le relative dinamiche che ritengo positive per tutto il movimento, ma l’atteggiamento nell’ambiente underground è sempre quello, grandi opportunisti che stanno appresso solo a quelle figure che possono dargli più visibilità in una maniera così palese ed evidente che il loro stesso ego va in frantumi (almeno agli occhi di uno che ‘ste cose le ha già viste e riviste). Oltre a ciò si è aggiunta la spocchia con cui presunti giornalisti o esperti di comunicazione si sentono in grado di dettare i trend spingendo solo la roba che decidono che vale quando in realtà spingono solo la roba che gli da il maggior ritorno economico, di immagine e di convenienza, quindi o i rapper che pagano per avere spazio o le stelle del mainstream (che nemmeno sanno che esistono) o progetti e personaggi che creano un hype a cui fa comodo agganciarsi. Ovviamente in questa affermazione sono di parte e parlo in quanto coinvolto mio malgrado in questo sistema, per il quale molti siti non si sono nemmeno degnati di scrivere 2 righe di news sulle mie uscite di quest’anno. Quindi 1978 è anche un pugno in faccia a queste dinamiche, e qui mi fermo, perché non vale la pena fare nomi e cognomi.
In un solo anno hai pubblicato ben due lavori, perché hai sentito questa esigenza?
Sono stato fermo quasi completamente per circa 7 anni, avevo un po’ di arretrati da smaltire e di cose da dimostrare a me stesso, il modo migliore per farlo era scrivere pezzi nuovi. Il bello di fare ‘sta musica è che poi, strada facendo, incontri qualche vecchia conoscenza che ti propone di fare cose assieme, e da lì ti ritrovi all’interno di un circolo virtuoso e continui a produrre. Ad esempio, adesso che l’ep è appena uscito, ho già 5 beat su cui sto lavorando ed ho già coinvolto altri amici per delle collaborazioni di cui una addirittura con il 90% degli mcs più quotati della Brianza.
40 anni e non sentirli: nel tuo caso, com’è rappare a 40 e che rapporto hai con le giovani leve del rap italiano?
Dove c’è rapporto è un rapporto molto positivo e di confronto. A me non interessa né piace far pesare la mia esperienza, mi piace confrontarmi alla pari, anche se ovviamente con un approccio che è per forza differente e meno istintivo. Giovani rapper forti ce ne sono, nei live mi seguono assieme a Ill Papi: Kombat K2, Slim 9th, Cold ma è forte anche Pito K2 che lavora con Kombat. Loro sono in una fase difficile del rap in Italia dove non esiste molto spazio per le realtà undergrund e c’è un divario enorme tra rapper mainstream o comunque sotto contratto, rapper “underground” e rapper emergenti. Il bello dei momenti difficili è che se li affronti nella fase in cui ti stai facendo le ossa e li superi poi ne esci da gigante, spero per loro che accada questo. In generale altri rapper nuovi non ne conosco molti, diciamo che quando capita di incontrarne, se vengono dal periodo 2000, si ricordano dei miei primi dischi e ci tengono a farmelo sapere. Con quelli della scena trap il rapporto è paritario, io non so chi siano e loro non sanno chi sono, un’equazione perfetta. Mi stupiscono invece i giovani ascoltatori, ci sono più nuove leve di quante se ne possano immaginare tra i miei supporter, molte di più rispetto ai pluritrentenni (rapper e non) che sembrano essere un po’ distanti da quello che sto facendo ora, come dire: “stavi bene nel museo cazzo sei tornato a fare” ma poi ai live partono “Senza rimpianti” e “Giorni matti” e gli si scioglie la maschera…
In ogni tuo lavoro fai riferimento a qualche autore, per ispirazione o punto di riferimento tematico. 1978 si è ispirato a Joe R. Lansdale. Perché questa scelta?
Per scrivere ho bisogno di immergermi in un universo parallelo, e i libri i film e le fiction in questo senso ti aiutano a creare un immaginario. Ora però è il momento di cambiare, dopo 1978 sarà importante trovare un nuovo immaginario che non arrivi dall’esterno ma dall’interno, è la cosa più difficile che mi sono dato come obiettivo per il prossimo lavoro.
Quanto influisce ciò che leggi sia a livello creativo che personale? C’è qualche autore, in particolare, che consiglieresti ai tuoi ascoltatori?
Sicuramente Lansdale, che rinchiude in un’unica penna tutti i generi: noir, horror, fantasy, storie d’amore comprese. Altri classici ce ne sono, ad esempio Puzo e Bukowsky, leggere il libro de Il Padrino e guardare il film è tutta un altra storia. In passato ho avuto un approccio breve ma intenso anche con Margaret Mazzantini (Non ti muovere) e Niccolò Ammaniti (Ti prendo e ti porto via). Devo però ammettere che il linguaggio che preferisco da qualche anno è quello delle fiction, che secondo me condensano il linguaggio dei film con la complessità della trama e dei personaggi tipica dei libri.
Qual è il brano che ti ha dato maggiori soddisfazioni?
Mi piacciono tutti, ognuno per un motivo diverso, ma quello di cui sono più fiero è Bastardi in salsa rossa con gli scratch di Taglie. L’idea iniziale era di rifare La mia nazione, un’idea nata per caso da uno scambio su Instagram con un bravo producer che avrebbe dovuto fare il beat, poi la cosa non è andata in porto. Io però, nel frattempo, avevo già “inquadrato” il tema e non volevo scartarlo. Sono stato molto combattuto sul portarlo avanti, perché l’argomento mi sembrava troppo qualunquista e non volevo fare un pezzo che risultasse banale. Alla fine ho basato le 2 strofe su alcuni recenti fatti di cronaca ben noti e commentando quelli ho cercato di esprimere il mio punto di vista su Chiesa, Politica e Giustizia. Per la riuscita del pezzo sono stati determinanti Taglie, che con i suoi scratch gli ha dato maggiore spessore, e Apoc, che appena lo ha sentito mi ha detto una delle frasi migliori che possa sentirsi dire un rapper, non la ricordo con esattezza ma più o meno diceva: “hai reso l’idea della rabbia che sto provando in questo periodo”.
Come sono nati tutti i featuring del tuo album (Zampa, Bassi Maestro, Blo/B, Sek, Lord Madness, Sick Budd, Apoc, Mastino, Ill Papi, Dj Lilcut)?
Mi preme parlare in primis dei produttori che in un disco con così tanti ospiti rischiano di passare in secondo piano: sono loro la vera anima del progetto, sono loro che hanno creato le condizioni per permettermi di scrivere e sviluppare i pezzi.
Bassi è una certezza, dovendo fare un pezzo con Zampa volevo ricreare il team per avere un mood ben preciso, serviva un beat classico ma dal gusto moderno, le batterie del Mambo sono incredibili, appena le ho sentite sapevo che sarebbe uscita una bomba e così è stato.
Sek è stata una piacevole scoperta, un amico di vecchia data perso di vista negli anni e ritrovato dopo The Leftovers. Mi ha proposto un sacco di produzioni attuali, ma quando ho sentito quella di Stagione non sono più riuscito a scollarmela di dosso, era da Gemelli che volevo rappare su un beat del genere, finalmente ci sono riuscito.
Sick Budd è uno dei nuovi più interessanti, coniuga estro e razionalità in egual misura ed è molto versatile nelle sonorità, il suo beat era perfetto per uno storytelling, già il provino aveva l’arrangiamento perfetto ed alla fine abbiamo tenuto quello, con lui è stata molto divertente la session di registrazione, ha interagito molto anche sulla parte vocale ed alla fine è uscito uno dei 2 pezzi più apprezzati del disco.
Apoc è salito a bordo verso la fine, presentandosi con 2 beat agli antipodi che erano esattamente quello che mancava per dare corpo al progetto, con lui il rapporto è ottimo anche se dobbiamo ancora incontrarci dal vivo! C’è molta affinità e continueremo a lavorare in futuro, Recentemente abbiamo parlato di fare il video di Brett, ma difficilmente lo faremo per evitare entrambi di essere cacciati da casa… il mood è questo!
Per Ill Papi va fatto un capitolo a parte, ci siamo conosciuti nel 2017 per un live a Milano e da lì abbiamo iniziato prima a collaborare e poi a suonare insieme. Siamo così diversi da essere perfettamente complementari: lui ha curato la produzione di Rookie un pezzo anthem cui tengo particolarmente sia per il messaggio che porta sia perché ospita Mastino. In futuro ci dedicheremo ad un progetto in due prodotto interamente da lui, nel frattempo ci spariamo assieme i live per il Nord Italia.
Per gli ospiti al microfono e ai “tagli” ho coinvolto persone che conosco da un bel po’, con cui ho da sempre avuto parecchia affinità musicale e personale, ho cercato di collocare ogni collaborazione in un contesto che fosse diverso dal loro habitat naturale quindi:
Blo su una produzione westside, Mastino su una produzione new school, Maddy su un rompicapo mentale, Taglie a cercare frasi di politici e rapper “militanti” mentre con Zampa siamo andati sul sicuro… abbiamo ricreato il dreamteam!
Per chi non ti conosce: perché ascoltare 1978? E soprattutto, in un panorama dove il nuovo e il giovane la fanno da padrone, cosa può dare un pioniere come te all’ascoltatore?
1978 è un disco di rap classico “alla Ape”, tecnica minimale, flow liscio e contenuti reali. Fila via liscio e ad ogni pezzo corrisponde un mood diverso. C’è la riflessione, c’è il polleggio, c’è l’hardcore, c’è il cazzeggio, c’è l’amore per il rap e c’è la protesta. Tutto quello che serve in un disco rap, nient’altro. In quanto a me, non mi considero un pioniere, i pionieri sono stati altri, io sono un operaio del rap con una discreta esperienza sul campo, ogni ascoltatore può prendere da me quello che preferisce: ad alcuni piace scrivermi in privato per chiedermi pareri o consigli su cose che poco c’entrano con la musica, altri apprezzano il cazzeggio di alcuni storytelling tipo Uassup/Brett/Bad Mama, altri vogliono Giorni Matti ad oltranza e mi dicono che quella è una delle migliori strofe del rap italiano.
La realtà è che ognuno sceglie di prendere quello che vuole e quello che gli serve a seconda dello stato d’animo, e finché sarò ancora attivo con la musica, lascerò che ognuno possa prendere la parte di me e della mia musica che preferisce per poi usarla rielaborarla e tramandarla a modo suo.
Chiudo prima di tutto ringraziandovi per il supporto che non fate mai mancare ai miei progetti e ricordandovi dove mi potete trovare:
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