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Intervista

Intervista a Murubutu, cosa si cela dietro la Tenebra

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Tenebra è la notte, pubblicato lo scorso gennaio, si presenta come un progetto valido ed interessante che, per gli appassionati del genere, rappresenta o può rappresentare uno dei lavori più interessanti usciti finora. Proprio sulla base di ciò si sono scambiate quattro chiacchere con Murubutu, alla ricerca di retroscena nascosti dell’album.

La tua musica, per argomenti trattati e stile, si presta ad esser ascoltata da un pubblico di nicchia. Ma il potere della musica è quello di coinvolgere più persone possibili, anche quelle lontane dai tuoi gusti e dal tuo sapere. Vorrei sapere: come ti rapporti al pubblico che potremmo definire “distante” dalla cultura e come vivi ciò?

Diciamo che il pubblico che mi segue non è un pubblico necessariamente colto, ma è costituito da persone curiose e spesso sensibili; mi arrivano tante richieste di spiegazioni e questo è positivo. Il male non è ignorare ma essere apatici, nel non avere interesse. Il mio rap poi è fatto per questo, io voglio favorire una crescita culturale nelle generazioni che mi ascoltano, sia dal punto di vista contenutistico che lessicale. Mi fa piacere che il mio pubblico si interessi, faccia ricerca e approfondisca.

Cosa spinge un uomo di cultura, come te, a fare musica piuttosto che creare delle vere e proprie raccolte poetiche?

Devi capire che io non sono esattamente uno scrittore, mi piace scrivere poesie, storie, ma non ho mai scritto un romanzo. Molte persone pensano che fare storytelling rap sia come scrivere racconti, ma non è la stessa cosa. Penso sinceramente che scrivere racconti sia molto più difficile, poi sicuramente ci sono anche scrittori non in grado di fare canzoni. Io sono ancora innamorato della musica come medium e della cultura Hip-Hop e quindi, per ora, mi trovo ancora bene nell’utilizzo di questa forma espressiva.

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Hai citato l’Hip-Hop, e a proposito voglio sapere: come riesci a bilanciare l’essere un uomo di cultura, il cui immaginario, non tanto distante dalla realtà, vuole costui chiuso in studio, e, allo stesso tempo, vivere l’Hip-Hop ossia la strada?

Il mio è un intento divulgativo ovviamente, quindi se a scuola divulgo la cultura e la spiego, cerco di fare lo stesso sul palco e nelle jam. C’è uguale rapporto con la cultura per me in entrambe le situazioni.

A questo punto ti chiedo se questo bagaglio culturale influisca nell’immaginario del rapper, visto, da chi è lontano a questa musica e ambiente, come pistole droghe e donne?

Certo, infatti un mio intento è quello di sradicare questo stereotipo dell’immaginario collettivo. Il mio obiettivo è liberare il genere dagli stereotipi che lo castrano, che lo relegano il rap a musica per ragazzini piena di parolacce, argomenti futili e atteggiamenti caricaturali e derivativi.

L’album apre e chiude con Nyx, dea rappresentante le tenebre più oscure. Perché questa scelta di aprire e chiudere l’album con una figura tanto potente quanto terrificante?

È una scelta fatta per dare importanza al potere della notte, che già dall’antichità era identificata non solo come una fase di passaggio ma una divinità con un’identità propria. Un modo per aprire le porte all’ascoltatore verso il mio viaggio notturno.

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La stella e il marinaio è un brano che possiamo identificare come collegamento tra il tuo precedente lavoro, L’uomo che viaggia nel vento e altri racconti di brezze e correnti, e il tuo ultimo lavoro, Tenebra è la notte. Cosa ti ha portato a creare un brano che faccia da filo conduttore, per quanto l’album sia l’inizio di un nuovo ciclo narrativo?

Devi sapere che mi sono trovato ad avere un piccolo tesoretto: le linee vcali di grandi penne quali Rancore, Ghemon e Dargen D’amico. Senza farlo di proposito avevano tutti come comune denominatore le stelle. Quindi mi sembrava effiacce inserirle tutte nello stesso pezzo, che parlava del rapporto che ha un uomo con il cielo stellato. Questa scelta inoltre rimarca la mia volontà mia di ricondurre nell’album queste grandi penne non presenti nel progetto attraverso featuring.

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Nel brano Worstwood ti vediamo collaborare con Caparezza. C’è un collegamento tra Worstwood autore, che diede origine al romanticismo, e la tua collaborazione con il rapper che ha portato al grande pubblico il rap conscious?

Per me Caparezza è un punto di riferimento, in quanto è stato il primo che è riuscito a portare ad un pubblico vasto contenuti, spesso e volentieri assai complessi con un lessico altrettanto complesso. La collaborazione è nata semplicemente poiché lui stesso ha dedicato alcuni brani alla luna e mi pareva, di conseguenza, l’artista adatto per trattare questo argomento.

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La notte di San Bartolomeo si inserisce all’interno del filone storico dei tuoi brani, un filone che cerca di proporre fatti storici in versi. Vorrei chiederti: cosa ti ha portato a questi testi, il tuo lavoro?

Come hai detto tu fa parte di un gruppo, all’interno dei miei brani, di testi che hanno una tematica fortemente storica. Il motivo sta sia nel fatto che insegno storia, cosa che mi stimola tantissimo, sia perché sono tutt’ora un forte assertore del rap didattico. Tanti colleghi infatti mi chiedono i testi per utilizzarli a scuola.

Concludiamo con uno dei brani più interessanti, a parer mio, dell’album: Occhiali da luna. Un pezzo che cambia mood all’album. Da cosa è nato? Vede tre stili, tre modi di fare musica, completamente diversi…

Per quanto Dutch e Willie siano ora più vicini all’indie che al rap, loro nascono come rapper. Io li conosco da un po’ di tempo e c’era da sempre l’idea di fare un pezzo assieme. Sono dell’idea che, anche se alcuni artisti hanno cambiato genere, possono mostrare di essere ancora bravi nel fare rap, un esempio sono le 64 Bars di Frah Quintale.

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