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Intervista

Pacman XII: Banshee, l’album che non ammette preconcetti

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L’11 marzo 2019 Pacman XII pubblica – per l’etichetta romana Do Your Thang Records – Banshee, terzo volume della serie Ambula Ab Intra. Un progetto articolato e complesso, che porta a diversi spunti di riflessione. A cominciare dalle produzioni, fino al concept dei brani stessi, Banshee è, probabilmente, tra gli album più eclettici di questo 2019.

Mi è sembrato di ascoltare il racconto del presente. Perché hai deciso di parlare del Pacman XII di ora, con così pochi sguardi al futuro come anche al passato?

Banshee è senza ombra di dubbio fortemente legato al presente e sono sinceramente felice che questo suo inquadramento sia apprezzabile ascoltandolo. Nonostante il disco sia disseminato di riferimenti ad esperienze passate, queste vengono viste, filtrate e narrate attraverso la consapevolezza che ho acquisito in quest’ultimo periodo.
Ho scelto di restare per lo più sul “qui ed ora” perché per mia natura è una coordinata spazio-temporale che vivo ed apprezzo veramente poco: sono una persona molto – se non troppo – riflessiva, oscillo costantemente tra il riesame del passato e la previsione del futuro. Non sono mai “adesso”, non sono mai “accanto”.
Non vivo tra le nuvole, ma in una piega leggermente inclinata della realtà, per cui il risultato è spesso quello di “non esserci”.
 Per questo motivo anche la scrittura è stata molto estemporanea: è difficile dare una forma definita ad uno spettro se non per qualche istante.

L’uso degli scream spinge l’intero progetto verso un nuovo modo di percepire un brano. Come una bolla d’aria che si gonfia sempre più nel petto e che deve esplodere, spingendo l’ascoltatore a dover urlare insieme a te. Cosa rappresentano per te? Parte tutto dallo scream o è la conclusione di un flusso di coscienza?

L’approccio alla tecnica dello scream è sempre andato di pari passo con i miei gusti musicali ed il percorso artistico che ho affrontato fino ad oggi. Quando ascolti gente come Corey Taylor degli Slipknot o Jonathan Davis dei Korn, per citare due miei amori ed esempi di professionalità, non puoi fare a meno di percepire la deflagrazione di energia successiva ad un urlo. Come hai sintetizzato perfettamente nella domanda “è una bolla d’aria che si gonfia sempre di più nel petto fino ad esplodere”. Lo scream in questa chiave è un controsenso assoluto: esprime un’emozione nella sua manifestazione più violenta, sia essa positiva o negativa, ma non lo puoi eseguire se non sai gestire bene le corde vocali o rischi, come me al tempo, di farti venire un bel polipo e dover rinunciare a cantare per un bel po’ (e/o correre ai ripari quanto prima).
Per rispondere quindi alla tua domanda, i brani che hanno degli scream al loro interno nascono già per contenerli e si declinano spontaneamente intorno ad essi. Quando ho lavorato con BRBK alla base di Transierunt ad esempio, gli scream erano già lì, nascosti dietro le note di Doc.
Una volta capito che erano un “No” disperato il resto è venuto da sé.

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Com’è nata la collaborazione, più che particolare, con Grindalf?

Grindalf ed io ci siamo incontrati la prima volta circa 5 anni fa in occasione di un live organizzato assieme ai Pugni in Tasca, formazione di Roma per cui era già un giovane, talentuoso e produttivo compositore.
Abbiamo perso i contatti per molti anni e ci siamo ritrovati da relativamente poco: navigando sul web ho trovato il Soda Golf Club (Sodaboi, Drax, Watanabe, Nemo e scusatemi se non vi ho scritto tutti brods <3) per cui Grindalf produce quantità copiose di brani: sono tutti degli ottimi artisti, una bella tavolozza di stili che si amalgama perfettamente. Così ci siamo scritti, sono passato nella sua tana e siamo entrati in sintonia istantaneamente.
Qualche mese dopo, mentre lavoravo attivamente al disco, ho assistito alla composizione dei beat di Fragole e Tabaccai. Poi a sorpresa, una settimana quasi prima della chiusura delle rec, mi richiama e mi fa sentire il beat di Tiritera che è entrato a gamba tesa in tracklist senza troppi complimenti. Parallelamente ho conosciuto meglio Soda, Drax e tutti gli altri ragazzi ed ovviamente si parla sempre di fare qualcosa assieme.

Mi ha sorpreso l’assenza di featuring nella tracklist, finchè non sono arrivata a Predator. Gli skit con gli altri componenti del DYT sono una vera chicca. È il tuo modo di includere la Family in quest’ultimo progetto?

Diciamo che la Fam trasuda sempre in qualche modo da ogni barra. Avevo comunque tanto da dire e avevo bisogno di misurarmi con me stesso: vengo da un periodo di tante collaborazioni, quindi ero anche un po’ affamato di single player. Nello specifico Predator ha quel sapore che io ed Alan coltiviamo da Porno Pride, Baby! e quando abbiamo ragionato sugli scratch, ci è venuto spontaneo comporre delle frasi partendo dalle nostre acappella. Dopo anni di DYT lo studio di Alan ha praticamente raccolto la maggior parte delle nostre registrazioni, quindi è stato anche divertente sceglierle e comporre il ritornello con dei versi “culto”.
Sono ovviamente di parte ma affermo con sicurezza che Alan Beez è un maestro. Punto. Devo a lui molto più di quello che si può leggere in dei credits e se c’è un collante a livello qualitativo e di sound in tutto il crew è sicuramente rappresentato dalla sua persona e le sue abilità.

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In questo lavoro ti presenti come un caleidoscopio di caos e coscienza umana e mi è sembrato che il modo in cui hai affrontato la musica sia stato influenzato dal tuo viaggio in Thailandia. Da quest’esperienza hai ottenuto risposte o nuove domande?

Non sbagli. La Thailandia, intesa a livello geografico e come tutto lo spettro di esperienze che ho vissuto durante il viaggio con Lia, la mia compagna, ha sicuramente contribuito a far crollare qualche costruzione mentale ed emotiva nell’architettura della mia persona. Vi rimando al mio blog o quello di Lia se volete avere una dimensione intera del viaggio e del suo sfortunato epilogo. Quello che posso dire però in merito al cambiamento è che è stato come se qualcuno o qualcosa mi avesse tirato via da una giostra in continuo movimento: ti fermi, ti gira la testa, quasi cadi, ma dopo un po’ tutto torna stabile, chiaro. Purtroppo mi sono lasciato un po’ prendere la mano dalle tempistiche del mondo virtuale durante l’ultimo anno: esserci sempre e comunque, a cadenza fissa. In una vita già costellata di lavoro e “sopravvivenza” quotidiana, un’attività così pressante ti esaurisce nella metà del tempo e sinceramente arrivato a trent’anni ho più l’esigenza di divertirmi che di svoltare.
Lavoro sempre mirando ad una certa professionalità, strizzando l’occhio all’agonismo, ma deve essere una gioia, non uno stress. Citando la chiusura di un brano a me molto caro: «Me ne torno nei campetti almeno lì mi divertivo».

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Se questa è la conclusione di un percorso di 3 album, a cosa ti ha portato? Era il finale che cercavi, sei soddisfatto di come hai esposto al pubblico questo tuo viaggio interno?

Uh no, il viaggio è iniziato. Ambula Ab Intra è e sarà la cornice del mio operato per qualche tempo. Banshee è sicuramente la conclusione del primo atto di questo lavoro, ma è anche il punto zero per la prossima tappa del viaggio.
A-A-I rappresenta questo, errare al mio interno e lanciare fuori ciò che scopro. E anche questo l’ho scoperto facendolo.
Fino a questo momento ha servito perfettamente la causa per cui è stato creato: creare una dimensione a sé stante in cui potermi e poter far immergere. Voglio sguazzarci dentro un altro po’.

Ci sono in programma concerti o eventi di promozione per Banshee? Insomma, per chi non è potuto venire al launch party, avrà modo di vederti live?

Ammetto che stiamo navigando a vista.
Al di là di qualche mossa studiata come la campagna pre-lancio ed il release party, stiamo valutando le risposte di volta in volta per capire come proseguire il percorso. Sicuramente ci vedremo per l’anniversario del Do Your Thang, sicuramente organizzeremo un’altra serata a Roma per promuovere Banshee e tutto il progetto Ambula Ab Intra.
Per quanto riguarda il resto dell’Italia la nostra mail è sempre disponibile e state certi che in qualche posto verrò comunque a disturbarvi il sonno.

Grazie come sempre per la vostra disponibilità. (:

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Il mio primo incarico fu quello di costruire le navi che portarono gli Achei a Troia, ma con la crisi che c'è, ho preso a farne solo di carta e di dimensioni microscopiche. Assidua mangiatrice di lasagne e libri. Probabilmente sono l'anima gemella di Hannibal Lecter. Dite Mellon ed entrate.
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