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Intervista

Massimo Pericolo: Scialla Semper, la scommessa di una vita diversa

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Un piccolo grande caso nel rap italiano: da completamente indipendente (ed è già un merito, per quanto ci riguarda) Massimo Pericolo ha saputo guadagnarsi l’affetto e l’attenzione dei fan prima e di molti rapper italiani – tra cui Salmo. Il suo primo singolo ha totalizzato più di quattro milioni di ascolti ed è stato suonato anche da DJ del calibro di Diplo. Il merito è tutto della sua scrittura cruda e delle strumentali che le mani esperte di Crookers e Nic Sarno cuciono per lui. Una squadra fortissima, capace di riportare l’attenzione sul messaggio, senza compromessi, mai veramente innocuo. “Voglio soltanto una vita decente” dice – questo Scialla Semper, il primo disco, sembra essere un passo nella direzione giusta.

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Con l’uscita di 7 miliardi tutti si sono accorti di te. Prima cosa c’è stato?

Prima dell’arresto ho registrato una demo con un altro nome. Sono passati quasi dieci anni. Pure se quei pezzi non sono mai usciti, negli anni ho sempre scritto e quando mi hanno liberato, ho iniziato una vita onesta e mi sono detto: “proviamoci”. Lavorare tutta la vita non era comunque nei miei piani. Se prima la strada era la mia alternativa, ora è la musica. Sono mega-contento.

Brani come Cella Senza Cesso sono di quel periodo?

No no, Cella Senza Cesso l’ho scritto in una notte in cui non dormivo. Ero in sbatti, ero mega-incazzato e ho scritto un pezzo pieno di rabbia, ispirato, anche se non lo diresti, a un pezzo drill cattivissimo di Lil Durk. È stata una delle poche volte che ho scritto sul beat. Il giorno dopo avevo un live all’ippodromo di Varese e l’ho fatta come primo pezzo: già non mi conosceva nessuno, figurati un pezzo mai uscito! Ho cannato l’entrata del bridge qualcosa come quindici volte perché ero ubriaco e non riuscivo. Poi abbiamo fatto il video. Sempre di quel periodo c’è anche Baklava, di cui abbiamo fatto un video. Il problema è che io non avevo i contatti, quindi per un po’ mi sono affidato alla ex-fidanzata di Palazzi D’Oriente (produttore di Sabbie D’oro), ovviamente quando si sono lasciati mi sono dovuto affidare a un’altra persona, conosciuta per caso, che mi ha fatto il video. A quel punto ho iniziato a fare dei video in macchina in cui mi riprendevo mentre rappavo delle strofe.

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In qualche tuo vecchio pezzo citi un tempio e parli della Cina.

Sto in fissa con le arti marziali da una vita, ho vissuto per tre mesi in una scuola di kung-fu tradizionale, vicino il tempio di Shaolin.

Quindi hai praticato l’arte…

E poi l’ho messa da parte! (ride, ndr)

Com’è stato l’incontro con Crookers e Nic Sarno?

L’incontro è stato un po’ casuale. Crookers sapevo già chi era, lo conoscevo per via del pezzo con Fibra. Conoscevo Rafilù, quando è venuto a Milano ci siamo incontrati – Speranza era in giro a incontrare parecchie persone e la sera sono salito in studio con loro. C’era anche Olly, di Pluggers, che poi sarebbe diventato il manager e da lì è partito tutto. Era partito un cypher e io ho fatto la strofa di 7 miliardi, lui era andato in bagno – quando è tornato ha riascoltato la strofa e ha deciso di darmi una mano.

Come hai scelto le collaborazioni di Generic Animal e Ugo Borghetti?

Sabbie D’oro era da anni che ce l’avevo pronto. Il ritornello all’inizio lo cantavo io, quasi urlato. Avendolo girato a un mio amico che si vede spesso con Luca (Generic Animal), ha voluto provare a farlo cantare ed è uscita una cosa figa. Quello è nato così per caso, anche se ci conosciamo tutti da anni. Con Bebbo (Ugo Borghetti) ci siamo conosciuti tramite Crookers: erano in contatto da un po’ di tempo e quando è salito a Milano gli ha fatto sentire i miei pezzi. Non sapevamo se sarebbe andato sul disco o meno, infatti all’inizio l’abbiamo caricato sul canale di Soldy Music (il canale YouTube della Lovegang) e io ero il featuring del pezzo. Poi l’abbiamo messo nel disco e si sono invertite le parti. Oltretutto ci sono commenti che dicono che Ugo ha pagato quattromila euro per stare in un pezzo in cui ci sono io. C’è una dietrologia in queste cose che è pazzesca.

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Com’è stato collaborare con Ugo?

Siamo andati in studio la sera stessa che ci siamo conosciuti, lui aveva scritto la strofa la sera prima perché sapeva che c’era l’idea. Abbiamo fatto tutto proprio fast.

In Soldati tu riprendi Paolo Rossi. Com’è nata questa idea?

Io l’ho scoperto dopo che era di Paolo Rossi. Io sapevo che era una filastrocca ed è proprio una di quelle cose che sapevo dall’infanzia senza un perché. Mi sembrava fico il significato del ritornello. Tante volte io non li scrivo neanche i ritornelli e faccio tutta una strofa unica perché voglio dire delle cose, ma mi sembrava ci stesse bene. Alla fine mi sono informato e ho scoperto che era di Paolo Rossi.

A parte l’inconsapevole Paolo Rossi, quali sono le tue influenze e i tuoi ascolti?

Lo ribadisco sempre: i miei ascolti sono pochi in realtà. Ho ascoltato musica per tanti anni ma poi, come nella vita, sono uno che si affeziona a poche persone e quindi a pochi artisti. Quando mi affeziono non li mollo più. Ho iniziato con Eminem e per anni ho ascoltato solo lui. Da Eminem dopo anni ho scoperto il rap italiano grazie a Bassi Maestro, da lì sono passato subito a Fabri Fibra e ho ascoltato solo lui per altri anni. Negli anni mi sono fatto una cultura un po’ più ampia: Club Dogo, Emis Killa, Marracash poi è diventato il mio preferito. Quando è arrivata la trap ho ascoltato un sacco Sfera ma è Tedua che mi ha colpito e mi ha fatto dire: “è una figata questa cosa della trap”. Achille Lauro poco dopo.

Quelli che mantengono un focus sulla scrittura quindi.

Mi sembrava quasi scontato dirlo, però io ascolto chi ha più cose da dire. Poi ascolto un po’ di cose americane, drill. Mi piacciono le cose d’impatto con un linguaggio semplice e diretto. Per me è importante quello che dici, non mi frega tanto del resto.

Nonostante questo, il disco suona. Come avete lavorato in studio?

Ovviamente è merito di Crookers e Nic. Il focus è stato sui miei pezzi: io gli ho portato quaranta provini registrati nel bagno di casa mia e ci siamo sbizzarriti. Abbiamo sentito i pezzi e abbiamo deciso la tracklist. Ad eccezione di Sabbie D’oro sono tutti pezzi scritti o senza beat o su altri beat. Ci siamo andati a cercare i beat adatti ai testi che avevo scritto, c’è stato un lavoro a ritroso. Non s’è fatto il classico disco concettuale, una cosa che non mi appartiene molto. Mi piace che i beat e i mood siano così diversi: non devo fare per forza la trap o il boom bap, un giorno sono in un modo e il giorno dopo in un altro.

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Tu cosa pensi sia arrivato alla gente di questo progetto?

Sia 7 miliardi che gli altri pezzi ti colpiscono, almeno per quello che penso io, per il modo in cui sono scritte le cose, per il messaggio che passa. Non abbiamo deciso di fare il pezzo che suona bene, anzi: abbiamo fatto il pezzo che suona male (ride). Il testo era quello e ci sono voluti Phra e Nic per fare un beat che rendesse il pezzo quello che è. Ha funzionato. Era uscita un anno prima su un type-beat di XXXTentaciòn e aveva fatto cinquemila views in un anno. Questa versione ha fatto un milione in un mese.

Com’è il tuo rapporto con Phra e Nic?

Si sono presi cura di me in un periodo in cui ne avevo particolarmente bisogno. È bello da dire: ho trovato delle persone che credevano in me e avevano i mezzi per realizzare quella che è la cosa più importante per me: fare musica. È nata un’amicizia e abbiamo legato in fretta. Faccio musica perché è una cosa mia, non per farla e penso sia questo che ci ha fatto legare tanto, perché quello che dico nelle canzoni è quello che penso. Abbiamo uno splendido rapporto.

Prima hai accennato a quaranta provini, pensi che andrete ancora a pescare da lì?

Non ti posso dire di no: io di pezzi ne ho scritti un casino e penso che faremo altri progetti. Il disco sta andando bene e ci godiamo questo momento. Speriamo di fare un po’ di soldi e di divertirci.

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Scrivo di rap e studio filosofia. Nel tempo libero mangio la carbonara.
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