
Siete a spasso in vacanza in una giornata calda, oppure noiosa? Entrate in un negozio, ancora meglio se in una libreria, e cercate un qualcosa da sfogliare. Avventurandovi nella sezione musica-autobiografie siamo sicuri che troverete il box doppio Potere (Il giorno dopo), edito da Island Records e Universal Music Italia. Non c’è? Cercate meglio! Potreste, così, in un attimo ritrovarvi, come me, ad osservare i tetti di Marianella e scivolare tra le vie, vene pulsanti, della città. Accompagnati da una guida d’eccezione: Luchè.
Marianella come scuola dell’arte in rima
Sicuramente, Luchè – nella sua prima autobiografia – ci mostrerebbe la via centrale, accanto alla quale vi è la piazza con la Chiesa, dove ha assistito a episodi sanguinolenti; e, magari, se gli state simpatici, vi porterebbe in situazioni improbabili, surreali, oppure al limite della legalità. Che guida stupefacente!
Vi spiegherà, come ho letto, che è proprio in queste vie che si è sviluppata anche la sua coscienza critica:
« ma tu vedi un po’ se le ragazze a Marianella devono vedere queste cose. Loro, con le amiche, davanti a un morto sparato. E ragiono su queste cose, mentre la gente se ne sta affacciata ai balconi. Tipo festa rionale, con tutti quanti affacciati, e io continuo a pensare alle ragazze che sono costrette a vivere queste situazioni» (p. 14).
Vedreste con i vostri occhi che un mindset così lo porterà a desiderare, a ricercare e a vivere emozioni capaci di spazzare via «l’ignoranza, la chiusura mentale, il crimine» in cui crede di soffocare (p. 15).
Continuando poi a seguire l’artista di Marianella, come me, potreste iniziare a pensare che crescere in questi quartieri possa essere una punizione, oppure una terribile ingiustizia.
La nostra guida ci rassicurerebbe spavalda, invece, che dal ribollire di risse, di rapine e di violenze a asprezze di ogni sorta (p. 12), può nascere una vera scuola di vita: così dura, aggressiva e «piena di rabbia» (p. 13) che l’ha spronato a cercare un’alternativa.
Questa scuola così dura lo spinge, infatti, ad elevarsi dando voce alle situazioni più estreme. Non solo. Tale necessità si trasforma anche in una sorta di “dipendenza” quasi voyeuristica del proibito, del non detto e del cruento, o semplicemente dell’estremo. Per la serie be curious: modalità on, top level!
L’arte d’arrangiarsi
Tra le pagine si alternano momenti veloci, da brivido gelido, a un senso profondo di pesantezza, di alienazione e di immobilità immodificabile. Si oppone a questo un soffio di vento di rivalsa, caparbio e forte, che lo sposta Londra.
Questo lo porterà:
« a pianificare, a progettare il futuro, a immaginare combattendo la rassegnazione che vuole rendermi impotente » (p. 15).
E anche se costretto a vendere roba in strada, in modo simile ai “vu cuprà”, riuscite o riuscireste a immaginare Luchè in tali vesti? A me l’immagine, da brava fan, mi ha sconvolta, anche se ne ero al corrente!
Nonostante la situazione sia sfavorevole, l’artista trova in sé la speranza sufficiente per cambiare la sua condizione. Questa, unita alla fame violenta di rivalsa, sarà la base per cambiare le sorti di un destino vissuto dal rapper come inevitabile e soffocante in una società che: «con il suo piattume non sembra minimamente accorgersi del tuo disagio» (p.16).
Nasce così, in una Londra dura, malinconica e sotto l’influenza di rime americane, il primo disco dei Co’Sang Chi more pe’ mme (2005) denunciando con pezzi come Int ‘o Rione, Pomeriggio Pigro e Chello ca veco, ciò che per Secondigliano è la normalità e per noi, no. A tal proposito Luchè afferma:
«siamo così dentro e così vittime dell’ambiente in cui viviamo che riusciamo a raccontarlo solo urlando, come se dicessimo: “Guagliù, venitece a ddà ‘na mano”» (p. 41).
Insomma, un grido di disperata speranza nato:
«dalla voglia di raccontare cose forti, di strada, di vita reale, tipo quelle che si vedono nei film ma che invece rappresentano la nostra vita di tutti i giorni; ma anche dalla voglia di denuncia, come per dire: guardate come cazzo vive la nostra gente» (p. 41).
L’arte di elevarsi
Crudità, nient’altro che la Crudità? No! Il tutto non si riduce a Gomorra (Andrò Via Da Qui, Malammore, 2016): certo, tra le pagine l’approccio è quello sfrontato, ribelle e duro del quartiere, ma anche molto sofferto. Per questo mentre leggevo partivo e mi appassionavo, come l’ artista!
Tuttavia, due dettagli fanno, o meglio, hanno fatto differenza sulla vita di uno dei miei rapper preferiti: l’importanza data alla cultura e all’onestà. Assaggiate in famiglia fin da bambini, sono un valido cuscinetto rispetto alla realtà brutale in cui si ritrova a crescere, spiega il rapper (p. 63). Queste rappresenteranno le leve da cui partire per raccontare, denunciare e resistere al disagio:
«chi ha a che fare con noi si meraviglia che scriviamo bene, che sappiamo parlare italiano, ma siamo in grado di farlo perché siamo andati a scuola, siamo cresciuti in famiglie che ci hanno dato un’istruzione e un’educazione. Al tempo stesso, però, c’è quest’altra parte di noi che è così vera» (pp. 44-45) perché nasce dall’interno.
Sempre dall’interno riesce a parlare al cuore delle persone. A tal proposito, Luchè nel libro rilancia: «noi parliamo delle emozioni delle persone. La nostra musica non è giornalismo, ma poesia cruda di chi ha perso un fratello» (p. 45).
L’arte di ricominciare: L1
Un vero colpo di pistola è lo scioglimento dei Co’Sang. Secondo me, il 12 febbraio 2012 rappresenta un vero sliding door per l’artista. Per esorcizzare il profondo dolore provato, il rapper di Marianella si getta a capofitto nella stesura di L1 (2012), primo album da solista, intimo, ma ancora acerbo sotto molti punti di vista. L’album è interpretato dal pubblico come una confessione, Luchè: «ha sciolto i Co’Sang per fare il disco da solista commerciale» (p. 62).
Raccontare le realtà di strada, le violenze respirate a perdifiato e tali, a volte, da soffocare le speranze, è difficile; ciò può diventare ancora più pesante se l’artista non viene capito, oppure completamente frainteso. Se si ha una forte sensibilità come Luchè: questo fa sanguinare (in Devi amarmi, da: Malammore, 2016) .
In tale situazione di piombo, fa capolinea così un’interiorità tenera, sensibile, spesso celata e variegata. Essa porta il rapper ad «avere sensazioni amplificate» (p. 75) e a vedere in un dettaglio sullo sfondo il riflesso di un ritratto: un foro per dispiegare l’immaginazione, ma anche a concedersi qualche frivolezze e a raccontarle come nella canzone Gucci, Prada, Fendi (2010; 10 Anni Fa, feat. CoCo, in Potere, 2019).
L’arte di cambiare
L’artista non solo delinea meglio la sua profonda sensibilità, ma anche il suo spirito in divenire e molto orientato al cambiamento. Questo mi ha veramente emozionata!
Il cambiamento, però – sottolinea in modo lucido il rapper napoletano – spesso è mal tollerato non solo a livello personale, ma anche e in particolare nel Nostro Paese a livello socio-culturale, politico, oppure nel business… Tale rigidità ha importanti conseguenze sulla libertà personale (p. 100) .
Da queste secche, suggerisce Luchè, si esce grazie alla «ribellione» e all’«inventiva», ma anche alle «energie nuove», alla «cultura» e alle «contaminazioni» (p. 101). Per evolversi è necessario aprirsi al diverso, mescolarsi, senza recidere le radici storiche, ma arricchendole con spirito eclettico: vive la mixitè!
Essa può permetterci di superare superficialità e pressappochismo, scardinando così lo stallo culturale ed economico che paralizza il Paese (p. 102). Considerazioni davvero attuali e vibranti, in un periodo che vede a capo del Nostro Paese l’antipolitica e il populismo, non trovate?
L’arte di avere una propria visione
Questo libro ha un taglio molto intimo; procede alternando orgoglio, freddezza di giudizio e ironia; intreccia in modo armonioso storie d’amicizia, d’amore, ma soprattutto di Malammore che essendo estreme, o semplicemente malsane, possono lasciare un segno dentro le nostre vite: insegnandoci chi potremmo essere, o chi non saremo mai! Dipingono, di fatti, una visione disincantata, scarna e aspra della vita, che offre spunti di riflessione… Per questo possono influenzare il processo di crescita di ognuno.
Generano, quindi, un Potere: quello di aver una visione delle cose (p. 215). Con una visione, con un sogno, oppure con un motivo per vivere, ci si può realizzare nel fare “propria cosa”; si resiste per generare un cambiamento e s’ironizza sulla propria condizione in modo simile, oppure originale e diverso da quello di un poeta crudo, come Luchè!
Così da autodeterminarci giorno dopo giorno.
Il giorno dopo è un libro intenso, profondo e a tratti davvero imprudente, capace di stuzzicare e che può far arrabbiare, commuovere e prendere bene! Proprio adatto per smuovere l’apatia estiva e far capire che se arrivi dai bassifondi, con la passione e la costanza, puoi solo risalire!