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Intervista

Lucci, Hube, Ford78: il suono della strada, tra passato, presente e futuro

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Quando hai fatto la storia della scena romana è normale che, dopo un lungo periodo di distacco, ci sia parecchia attesa al tuo ritorno. Anni fa esistevano come Brokenspeakers, un collettivo di 5 amici che con due album sono emersi a livello nazionale. Poi qualcuno ha virato verso altri lidi (ti vedo, Silvano), qualcuno gira video da paura (hai detto YouNuts?)… E gli altri? Be’, dopo anni si sono riuniti sotto il nome di UNABOMBER (leggi qui la nostra recensione). Parliamo di Ford78, Hube e Lucci, amici prima che artisti, che ci raccontano il loro nuovo progetto, pubblicato il 27 settembre per La Grande Onda.

Partiamo da una mia convinzione. Tutto è ciclico. Ed in questa visione, si inserisce anche la musica, che invecchia, si rinnova, rivoluziona, ma poi in qualche modo ritorna sui suoi passi. Ed il rap, secondo me, non sfugge a queste dinamiche. Quel suono che sa di strada, sembra scomparire, muta, ma poi torna… O forse, semplicemente, non se ne va mai…

Sai, il rap di un certo tipo è classico, è in qualche modo la base da cui poi puoi partire per mille direzioni. È come il jazz, il rock… Non smetterà mai di esistere o di essere ascoltato proprio per le sue caratteristiche di classico. Puoi ascoltarti qualsiasi deriva che vuoi, qualsiasi innovazione, ma poi se metti su un disco di Coltrane o Illmatic, lo lasci andare e non lo skippi.

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Unabomber suona, dunque, nostalgico e suona “giusto”. Ford78 non si smentisce e ci sono alcuni passaggi che omaggiano anche la Golden Age del rap italiano (Neffa con un pezzo della strofa di Cani Sciolti dei Sangue Misto). Io, che vengo dal ’76, apprezzo e mi vengono i brividi, ma la Next Gen? Come vi approcciate al “Nuovo” che avanza e che, spesso, devia dal vostro suono… “spesso”?

Non ci preoccupa molto in realtà. È normale che ci sia evoluzione, è normale che i 20enni ascoltino i 20enni. È musica che parla la loro lingua, dice le cose che vogliono sentire. Noi possiamo solo continuare a fare con onestà quello che ci piace, se poi piace agli altri, bene. Quando parli con gli esponenti di punta di ora, sono tutti ragazzi cresciuti anche con le nostre cose e super rispettosi, per questo in tutto il disco non c’è neanche una rima contro il nuovo.

In questo disco ci vedo, ci sento, una linea di continuità rispetto a tutto ciò che avete fatto negli anni, sia come crew che in modalità single player, naturalmente con l’evoluzione dettata dalla crescita in termini di età. E quando la vostra roba gira nello stereo è come se mi servissero un bel panino farcito: c’è il suono, il flow, il contenuto. Ed anche molti riferimenti alla cronaca… Insomma, nonostante ci sentiamo forse un po’ tutti cresciutelli, è fantastico che ci sia ancora qualcosa da dire…

Perdona la risposta secca… GRAZIE!

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Parliamo di Roma. Dall’esterno sembra esserci un gran fermento, un ritorno di fiamma e di serate. Colle, Cor Veleno, Piotta, continua a muoversi un bel po’ di roba… Però l’interrogativo è: con quali numeri? Che riscontro avete? Si può finalmente vivere facendo rap?

Domandone. Allora, i numeri per la roba che facciamo noi sono incredibilmente più bassi della roba mainstream, se guardiamo Spotify, la differenza è abissale. Però, noi abbiamo la fortuna di avere una grossa fan base poco rumorosa sui social che viene ai live e ci supporta con merch e copie fisiche. Quindi sì, in maniera non semplice, ma ci si può vivere.

Il futuro? Il marchio Brokenspeakers continua ad aleggiare, come giusto che sia e, domanda scontata: possibilità di una re-union?

Hai visto mai…

Leggo da più parti che Hube nei prossimi mesi vestirà i panni dell’autore per un’importante casa editrice: qualche anticipazione?

Si, è un progetto nuovo ed importante al quale sono legatissimo. Si tratta di un insieme di racconti che creano e rivelano una storia, personale e generazionale, una sorta di romanzo formativo insomma. Neorealismo 2.0. Uscirà fra pochi mesi con un’importante casa editrice.

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