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Recensione

Conoscere comporta l’infelicità: Izi e la sua Aletheia

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Arrivati a fine 2019 è giunto QUEL momento dell’anno: il riepilogo di ciò che è stato pubblicato nei mesi precedenti. Bene, noi facciamo mea culpa, e durante questi ultimi 30 giorni daremo spazio a quei dischi che non siamo riusciti ad approfondire nel momento della loro uscita. Per rinfrescarvi un po’ la memoria, in vista delle abituali classifiche di questo periodo…

C’è stato un momento topico, una vera e propria chiave di volta nell’esplosione della big (rap) thing qui in Italia: l’anno 2016. Prima i rappers non invadevano le classifiche, non sarebbero stati mitizzati da ragazzini con fascia d’età compresa tra i 10 ed i 20, non si sognavano nemmeno di riempire i palazzetti e fare sold-out ad ogni data… È grazie alla classe tra i ’90 e i ’95 che ora i più ascoltati nelle charts di fine anno sono i rappers! Sfera Ebbasta, con l’album omonimo, conquistava platini su platini; Ghali e Tedua uscivano coi rispettivi singoli, Ninna Nanna Pugile, preludi dei dischi che sarebbero usciti l’anno dopo, catapultandoli sotto gli occhi di tutti; Ernia ci mostrava le sua capacità con l’EP No Hooks… E poi c’era Fenice di Izi.Incastrato nel film Zeta, sotto la regia di Cosimo Alemà, abbiamo iniziato a conoscere il ragazzo cresciuto a Cogoleto, provincia di Genova. Incastrato, già, perché nel primo disco (che faceva da soundtrack al film) le sue potenzialità non erano del tutto emerse. Tant’è che con Pizzicato, uscito appena un anno dopo, la percezione di ciò che potessimo aspettarci si era notevolmente alzata. Crescita esponenziale certificata anche con l’ultimo Aletheia, pubblicato lo scorso maggio, che scaraventa Izi tra gli artisti da tenere d’occhio per l’immediato futuro.

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Testi

Premessa per i naviganti: non è un disco facile da assimilare. Troviamo pezzi più immediati, come A’dam (per il tipo di brano e la strumentale ballabile me la immagino pompata da subito nelle casse dei ragazzini in mezzo alla strada) o Uh, che peccato. Ma in generale non è semplice entrare nel mood del disco, potrebbero essere richiesti più ascolti.

Aletheiadal greco, significa rivelazionesvelamento o, molto più semplicemente, verità. La verità che potremmo trovare leggendo libri (le letture che hanno ispirato Izi nella scrittura del disco sono il Corano, la Bibbia ed altri testi di filosofia mistica), di cui il disco è pieno di riferimenti. Dall’importanza della figura di Dio

Sento il tuo calore solo quando scrivo
ti prego, Signore, stammi qui vicino
prendo i nodi del mio pettine e li divido
il mio numero è il sette, quello di Dio

racchiusa in Volare II, splendido prosieguo del pezzo contenuto in Pizzicato, sino alle dichiarazioni di fragilità che Diego semina durante tutto il disco. Dalla depressione all’odio per lo stato e le forze dell’ordine, in brani come Carioca, 48H, Grande o ancora meglio Weekend, l’artista non è restio a mettere in mostra le sue paure e le sue debolezze, che lo rendono umano come chiunque altro. Anche il singolo Fumo da solo, primo singolo pubblicato, è su questo filone: il fumo non può esser visto come un rimedio, i problemi resteranno, ci si può solo fermarsi e rifletterci su.

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Menzione speciale per la cover di Dolcenera di De Andrè: i puristi sicuramente avranno storto il naso, la verità è che la re-interpretazione trasmette molta emozione. Una dichiarazione di amore e rabbia verso la sua città, Genova, che tante ne ha viste e tante ne ha passate.

Voto: 8/10

Strumentali

Meno compatto rispetto al lato testi, per quanto riguarda le produzioni l’artista ligure si è affidato a più mani (forse troppe…). Charlie Charles, Tha SupremeMace, persino Maaly Raw (producer di fiducia, anche, di Lil Uzi Verted in dose massiccia il disco è stato curato da Davide Ice Marco Zangirolami. Troviamo basi più minimali (il riff di piano in 48H è ipnotico, come la base di Fumo da solo), che lasciano molto spazio alle doti vocali di Izi, alternate a beat più attuali, uno su tutti quello di A’dam. Non c’è una direzione univoca, alcuni brani si sposano meglio di altri ma senza avere la compattezza giusta lungo tutto l’arco dei 16 brani.

Voto: 6,5/10

Stile

Non era facile creare un album del genere, con un concept così complesso, dando così tanta importanza alla parte lirica ed avere un upgrade rispetto al passato. Pizzicato in fondo è stato uno dei dischi migliori del 2017, invece Izi alza ancora l’asticella. In Aletheia ci dimostra di saper variare il flow a suo piacere, andando in extrabeat o rallentando in base alla sua volontà. Abbiamo perso il suo caratteristico Ueue per una scrittura più matura (non è da tutti omaggiare nello stesso disco Umberto Eco Fabrizio De André), a tratti anche criptica. Sono sicuro di non aver colto ancora tutte le sfaccettature di questo disco, proprio a causa della complessità di esso. Trovatemi un artista così, nell’epoca del “messaggio chiaro e diretto“.

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Voto: 8/10

Visual & artwork

L’artwork mantiene lo spirito mistico ed originale dell’album. La cover vede campeggiare al centro un occhio, come a simboleggiare la conoscenza: più cose vediamo più problemi e paure ci assalgono. D’altronde conoscere implica questi “effetti collaterali”. Non saremo mai totalmente al sicuro nemmeno se ignorassimo tutto. L’anima sensibile di Izi, che permea tutto il disco, emerge pure in queste scelte.

Voto finale: 7,5

Ma possiamo comprendere quando un bambino ha paura del buio?

Se unite tutte le parole che chiudono molte tracce del disco (precisamente dieci su sedici) e formate una frase di senso compiuto, ecco quella sopra. Aletheia è l’ennesima scoperta tarda del mio 2019 (grazie Indiegeno, meno male che ci siamo trovati), ma ci vorrà ancora del tempo per comprenderlo appieno. A livello di scrittura non è paragonabile a nulla di edito negli ultimi tempi, è un progetto ambizioso, non alla portata di tutti. Ed Izi si conferma, di quella classe di artisti esplosa tre anni fa di cui scrivevo sopra, quello più eclettico ed originale. Lasciamo Diego in compagnia delle sue paure (che, in fondo, sono anche quelle di tutti noi…), facciamoci trasportare dalla sua voce roca ed a volte autotunnata e possiamo provare solo ad indovinare cosa ci aspetterà nel prossimo disco…

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