
Nuova puntata di Beatrate: la lente di ingrandimento sul mondo della produzione musicale in collaborazione con beatmakings.it. Negli ultimi tempi, il livello della scena nazionale si è alzato notevolmente e l’obiettivo di Beatrate è quello di approfondire e dare spazio ai lavori dei migliori beatmaker dello stivale.In questa puntata vi presentiamo HAREM, il primo beat tape di MET FISH. Il progetto è composto da 5 tracce in cui il rapper e beatmaker umbro, pescando a piene mani tra samples jazz, rock e soul, ci conduce nel suo personale Harem musicale.
Ti va di raccontarci il tuo percorso musicale e quali sono le tue maggiori influenze per quanto riguarda la produzione?
Il mio percorso musicale è iniziato intorno al 2007. Inizialmente mi sono dedicato solamente al freestyle, poi, dopo aver scoperto Fruity Loops, ho deciso di portare avanti sia il beatmaking che l’MCing.
Nel 2009 dopo le battle di freestyle ho deciso di incidere il mio primo demo, All Eyez on Met, questo era un chiaro tributo a 2Pac, le strumentali erano tutte edite.
Nel 2011, dopo aver studiato i rapper e producer americani e non, ho pubblicato Beatz and Flow in cui mi sono occupato sia del beat che dei testi. Negli anni a seguire ho pubblicato due album che si chiamano Primo Dan e Secondo Dan: anche in questo caso mi sono occupato sia dei beat che dei testi. In questi ultimi due lavori ho sperimentato molto, avendo ascoltato tantissimi generi musicali diversi, mi è venuto naturale campionare tracce jazz, soul, dubstep, etc.
Le mie maggiori influenze sono state: Don Joe, DJ Premier, DJ Shocca, DJ Nais, Bassi Maestro, The Alchemist, Jim Jonsin, Lord Finesse, Large Professor, gli Stargate, Timbaland, Just Blaze, AraabMuzik e ultimamente Daringer.
Ascoltando l’ep si nota subito il prevalente utilizzo del campionamento come tecnica di produzione. Come scegli i tuoi campioni? Qual è il tuo approccio al beatmaking?
Il processo di scelta dei campioni dipende dalla circostanza, se non ho già un’idea di base che beat voglio realizzare, faccio un po’ di digging in giro per le bancarelle e attingo dai vinili che compro, questo molto spesso mi aiuta scoprire nuovi generi e nuovi artisti, come ad esempio la musica giapponese, oppure la musica etnica turca. Se invece l’idea ce l’ho già, cerco di attingere dalle colonne sonore dei film.
Purtroppo, ho un approccio ossessivo nei confronti del beatmaking e del rapping. Ogni giorno cerco di scrivere almeno una barra oppure di abbozzare un beat. Questo mi porta a produrre tanto ma concretizzare poco, perché può accadere che in un determinato lasso di tempo riesco a finire quattro tracce, ma poi ne scarto tre.
Gli attrezzi del mestiere sono: un normale giradischi, una scheda audio Presonus Audiobox USB96, dei monitor da studio Mackie C3, una DAW (mi sto trovando molto bene con Ableton 9) e una Alesis V25. Quest’ultima la uso poco perché mi piace tagliuzzare i campioni e lavorarli direttamente sulla DAW. Mi riesce meglio!Ti va di illustrarci il concept dell’ep?
Il concept del disco risiede nella definizione di Harem, ovvero uno spazio intimo in cui non tutti hanno accesso. La musica per me è come uno spazio inviolabile in cui si è a riparo da tutto, dalla routine, dai problemi e dalle difficoltà della vita, in questo spazio ognuno può sentirsi in pace con sé stesso e può provare gioia.
Hai progetti futuri in cantiere?
Per il futuro ho altri tre beat tape che vorrei pubblicare, di cui due di boom bap classico, il terzo con sonorità trap ma mantenendo l’uso del campione. Inoltre, ho lavorato ad un ep dubstep che per vari motivi non è mai uscito, ma adesso vorrei pubblicarlo, e poi sto ultimando la scrittura di un ep in cui sarò sia alla produzione che al microfono.