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Recensione

Rap: la storia di due Americhe spiegata da Cesare Alemanni

rap cesare alemanni

Eccoci di nuovo tra le nostre righe, come state?

Spero al calduccio, oppure siete per strada a fare ultimi giri per i regali, oppure ancora siete sui mezzi pubblici ammassati come sardine? Magari, in tutto ciò, avete come sottofondo una playlist, o l’ultimo album dell’artista che più vi prende bene, o vi rende la situazione più sopportabile…

Anyway, se siete qua è molto probabile che sia un/una rapper o un/ una trapper che racconta una storia, quella della realtà in cui vive, o forse proprio la sua…

C’era una volta: il rap

A proposito di storie non solo in musica, ma di musica, il libro di Cesare Alemanni Rap: Una storia, due Americhe edito da Minimum Fax rappresenta una dietrologia davvero approfondita e stuzzicante. 

Tuttavia, il libro del giornalista non è solo una dietrologia, è anche un racconto ambizioso e ricercato sullo stato dell’arte del genere musicale più ascoltato e più diffuso al mondo!
Grazie alla grande sensibilità sia degli inventori, sia degli ultimi interpreti, questa forma d’espressione musicale ha saputo infatti mescolarsi e tirar fuori il meglio di ogni tradizione musicale ed artistica con cui si avvicinava. 

Pensiamo ad esempio a Kanye West che:

“grazie alla sua insaziabile curiosità e all’inappagabile ambizione, alla capacità di collezionare e riproporre in forma «aumentata» stimoli e linguaggi propri dei mondi più disparati, ha ampliato i confini di ciò che si può considerare hip-hop, di quello che si può fare con un dito su un campionatore e un microfono in una mano.” (pp. 418-419)

Nelle dense e raffinate, ma scorrevoli 432 pagine è ripercorsa la storia e l’evoluzione di una delle discipline dell’hip-hop. Nel ricostruire il contesto socio culturale ed economico in cui questo genere musicale ha mosso i primi passi, l’autore alterna la propria personale esperienza di ascoltatore appassionato, la critica giornalistica tout court a informazioni di taglio tecnico e di cultura generale. Ricercate, ma per nulla pesanti, anzi, permettono davvero di approfondire il proprio bagaglio culturale. 

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Sì, perché, come sottolinea già in Fammi Vivere Rocco Hunt (2013) sono aumentate “le vendite, non la cultura hip-hop. ” Il libro è quindi un invito ad approfondire non solo ascoltando musica, ma anche guardando oppure riguardando film recenti e meno;  come ad esempio: Straight Outta Compton (2015), se il gangsta rap vi manda in fissa; o se l’eredità umana più “politica e romantica” (p. 290) di Tupac rispetto a quella di Biggie vi emoziona perché non ri/scoprire All Eyez on Me (2017) o il documentario Biggie & Tupac (2002) sulla loro tragica scomparsa, oppure l’evergreen Wild Style (1982) per un tuffo nel passato. 

Il rap e le sue note dolenti

Rap. Una storia, due Americhe procede in modo schietto. Non nasconde contraddizioni, contrasti e limiti che segnano una così caleidoscopica cultura come ad esempio il sessismo, l’ostentazione dell’uso di droghe, la violenza iperbolica, la fascinazione per il mondo della malavita. Come dice Marracash nella canzone Appartengo del fortunatissimo ultimo album Persona:

“Noi un po’ malati di malavita” 

Eppure come è possibile  rappresentare e dando così “voce e visibilità alle esperienze disperate” (Tupac, 1995)  di chi è finito “con il vivere la thug life per mancanza di opportunità   senza che questo appaia come “una glorificazione di quelle vite, come un lifestyle degno di emulazione”? (pp. 302-303)

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L’ hip-hop e i suoi domani 

Confrontandosi con occhi disincantati e critici, il volume apre a numerose domande: che ruolo occupa la donna nell’hip-hop, oppure è ancora possibile parlare di rap ad oggi, essendosi avvicinato al altri linguaggi e modalità artistico-espressive? 

L’autore sceglie di non rispondere a questa domanda: e secondo voi?

Qualunque risposta decidiate di dare, vi consiglio di leggere questo libro, aggiornato, non banale, arricchente, esaustivo e non esauriente, che si chiude proprio con un’analisi su quello che è successo nel 2019 all’interno del mondo hip-hop dall’altra parte dell’Oceano e le cui eco s’ intravedono in parte anche qui da noi…

Leggere questo libro può essere modo davvero curioso ed avvincente per iniziare il 2020! Il quale porta con sé un’altra consapevolezza:  anche il nostro contesto socio-culturale sta in rima nei testi dei/delle rapper, da anni ormai! Come raccontava anche la manager Paola Zukar in Rap. Una storia italiana (2017).Ecco spiegato il fiorire di libri in italiano, appunto, che cercano di fare chiarezza sulle influenze stilistiche e non, americane – ma non solo – sulle dinamiche nostrane espresse con vari modi ed attitudini tra loro molto diverse dai/ dalle vari/e esponenti.

Se prima, però, non si capiscono i testi e la loro prospettiva, grandi e pesanti fraintendimenti si generano e la verità narrata è facile che possa essere fraintesa…

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Pertanto leggete altri libri, andate su Genius, attaccatevi a Spotify, guardate film, come sempre: siate curiosi.

Ah, buon 2020, bella gente!

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