
Il disco che andremo a recensire è un lavoro molto particolare sul piano musicale. L’album in questione riesce ad unire due generi differentissimi: il metal e il rap. Niente di nuovo nel mercato americano, certo, ma questo non è un disco americano e noi non siamo negli States.
Proprio per queste ragioni, Fantasmi, ruggine e rumore, primo lavoro dei The Old Skull prodotto da TAK Production, è un progetto quantomeno irriverente – leggi il nostro articolo a riguardo – il cui obbiettivo è offrire un nuovo punto di vista per gli amanti del rap. Il risultato? Uno squisito vezzo musicale! Capiamo il perché.
Testi
La parte lirica del progetto è quella più difficile da digerire: di fatto non abbiamo testi nuovi. Questo elemento va molto a svantaggio dell’intero album: da un lato l’ascoltatore è entusiasta nello scoprire un genere diverso, però si trova con testi tutto sommato conosciuti; l’album, infatti, riprende canzoni già note prodotte dai diversi artisti presenti nel disco.
I nomi sono tantissimi e tutti molto validi, ad esempio fra questi troviamo anche Danno (Colle der Fomento), non certamente un novizio del genere. Insieme a lui, altri nomi importanti hanno partecipato al disco, tra cui Rancore, Lucci e Chef Ragoo.
Le canzoni prese singolarmente sono tutte ben strutturate: questo tipo di strumentali, infatti, riesce a concedere nuove sfumature ai testi! Il problema sta nell’interezza del lavoro: è disomogeneo, senza un filo conduttore (se non la presenza di Danno, continuativa nell’intero album); in sostanza non abbiamo quel quid in più che lo renderebbe un lavoro realmente innovativo.
Bisognerà aspettare un secondo progetto per capire come si svilupperà questa loro idea di nu-metal: per ora bene… ma non benissimo.
Voto: 5,5/10
Strumentali
Se i testi mancano di originalità, essendo già editi, la parte strumentale è senza dubbio la vera protagonista dell’album. La band composta da Luca Martino (batteria), Francesco Persia (chitarra), Emanuele Calvelli (basso), Alex Merola (chitarra) e DJ Snifta costituisce lo scheletro dell’intero album: un suono crudo e deciso!
Le tracce sono il risultato di tecnica, conoscenza e pratica: fare musica non è certamente cosa facile, farla come i The Old Skull ancora meno. Tutti i suoni della band si armonizzano perfettamente: c’è coesione tra le due chitarre, il basso e la batteria.
Ciò che fomenta l’ascoltatore, però, è quanto sia ben amalgamato il ruolo del DJ in ogni singola traccia – sia DJ Snifta, parte integrante del gruppo, che gli altri DJ (DJ Craim, DJ FastCut, DJ Jaq), ospiti nel progetto. Riguardo lo scratch, bisogna riconoscerne il valore aggiunto: gli amanti dell’hip-hop apprezzeranno sicuramente questi tecnicismi.
La presenza di tracce come The Bench nel ruolo di interludio sono godibili all’ascolto: ci proiettano nella dimensione musicale degli States. Vengono subito in mente album come Hybrid Theory dei Linkin Park, nel quale troviamo Cure for the Itch, posta come outro del disco).
Il tasto dolente per quanto concerne gli scratch è l’utilizzo di sample (campionamenti sonori) conosciuti: anche se tecnicamente impeccabili, non stupiscono mai l’ascoltatore, proprio perché già noti.
Voto: 7,5/10

Stile
Lo stile di tutto il disco è sui generis: il rap nell’accezione più consueta muta profondamente attraverso l’utilizzo di chitarre distorte e suoni aggressivi. L’attitudine di ogni canzone mantiene la sua natura metal, senza tradire però l’anima rap presente; c’è un reciproco rispetto delle due parti.
Anche in questo caso la poca linearità dell’album gioca a sfavore: tutte le canzoni realizzate hanno come unico filo conduttore il voler cambiare la concezione di rap, ma non presentano continuità. Il disco si riduce, purtroppo, ad un elegante e raffinatissimo esercizio di stile.
Voto: 6,5/10
Voto finale: 6,5/10
In conclusione, l’album Fantasmi, ruggine e rumore è sicuramente un disco interessante: si rivolge ad un mercato settoriale composto da tutti quelli che conoscono l’hip-hop underground e non hanno paura dello sperimentalismo. L’album è la definizione perfetta di crossover; nonostante le imperfezioni dovute proprio allo sperimentare, risulta abbastanza variegato nei suoni.
Tutto ciò rende il progetto artistico di The Old Skull innovativo ed accattivante certo, ma non lascia all’ascoltatore un legame emotivo. Come abbiamo già detto, l’intero disco è un vezzo stilistico, un disco in più per la propria collezione musicale. Insomma, molto bello… ma non indispensabile.