Kendrick Lamar è senza dubbio uno dei rapper più importanti della sua generazione. I suoi album, a meno di dieci anni dalla sua prima uscita ufficiale, sono già iconici per gli amanti del rap. Parliamo di uno di quegli artisti il cui successo trascende i generi musicali e il cui talento viene universalmente riconosciuto (la vittoria del Pulitzer nel 2017 ne è la conferma). Alla vigilia del nuovo tour mondiale durante il quale farà tappa anche in Italia, e in vista della prossima uscita del suo ultimo lavoro, ci è sembrato doveroso riassumere le tappe della sua carriera e analizzare le ragioni per cui il nativo di Compton ha conquistato questa influenza all’interno del rap game mondiale.
Gli esordi
Dopo vari mixtape e il lavoro con la crew Black Hippie, esce nel 2011 il primo album ufficiale Section.80. Lamar realizza un lavoro già molto elaborato da un punto di vista artistico e concettuale, dimostrando una maturità musicale non comune per un ragazzo di 23 anni.
Al suo interno, possiamo trovare tutti gli elementi che nel corso degli anni diventeranno tipici del suo stile: le storie del ghetto, la cura maniacale per le lyrics, la voglia di sperimentare fra i generi. Come le due uscite successive, anche questo è un concept album. La storia racconta di due prostitute, Keisha e Tammy, e delle loro difficili relazioni amorose. Il tutto è ambientato negli anni ’80, durante l’epidemia di crack che ha caratterizzato l’era Reagan. “You know why we crack babies cuz we born in ’80”, racconta su AD.H.D. Questo è il background sociale da cui nasce il disco, che spazia dai toni aggressivi di Fuck your Ethnicity, a quelli più scanzonati e pop di Hol’up, dall’elettronica di Tammy’s Song, alla digressione jazz di Ab-Souls Outro.
Good Kid, M.A.A.D. City
L’anno successivo arriva il contratto con una major e viene pubblicato Good Kid, M.A.A.D. City, realizzato con la supervisione artistica di Dr. Dre. Si tratta del lavoro in cui emerge in maniera più cruda e vivida la storia personale del rapper californiano. Un concept album, anche questo, nell’accezione più pura del termine. Una narrazione quasi da serie televisiva ci trascina all’interno delle strade di Compton, facendoci percorrere i meandri più oscuri del quartiere. Ogni canzone ci racconta un aspetto diverso del ghetto caratterizzato da criminalità diffusa, alcolismo, violenza di strada e forte attaccamento alla famiglia. E lo stesso Lamar risulta diviso tra la fascinazione per l’etica del gangsta di Backstreet Freestyle e la speranza di uscire dal giro di Good Kid. Il racconto, benché drammatico, ha un lieto fine. Nell’ultima traccia, Compton, Lamar e Dr. Dre si lasciano andare a un’ode alla loro città natale che li ha cresciuti e in cui possono tornare da re. Lo storytelling portato a livelli così elevati è il primo elemento che emerge della legacy del rapper.
N.B.: nelle bonus track, anche la hit Bitch Don’t Kill My Vibe, il cui video è davvero emblematico.
To Pimp A Butterfly
Si passa al 2015 e al successo planetario di To Pimp A Butterfly. Se la narrazione di GKMC era biografica e realistica, stavolta il racconto della lotta razziale si trasforma in un percorso introspettivo. Il viaggio non è più ambientato fra le vie di un problematico quartiere californiano, ma all’interno della mente di un autore che cerca di sviscerare e sconfiggere le proprie contraddizioni. Emblematiche, in tal senso, sono le tracce U e I. Nella prima troviamo Lamar depresso in una camera di albergo, che condanna se stesso e il proprio ego. In I, la prospettiva cambia e il ragazzo diventa fiero della sua riacquisita autostima. Questo è probabilmente il disco che più di tutti contribuisce a creare lo status di Lamar all’interno della scena rap. TPAB ci dimostra come, attraverso il talento e l’originalità, sia possibile arrivare al grandissimo pubblico anche con un lavoro per certi versi anti-commerciale. Certo, al suo interno troviamo canzoni mainstream come King Kunta e Alright, ma in generale il disco è estremo e non scende a compromessi. La tematica razziale e la critica politica sono affrontate senza filtri. Le sonorità, impregnate di jazz, soul e R’n’B, raggiungono livelli di sperimentazioni che non siamo abituati a sentire in un album che raggiunge le posizioni più alte delle classifiche mondiali.
La consacrazione: DAMN
Dopo l’uscita della raccolta Untitled Unmastered, arriva nel 2017 l’album della consacrazione: DAMN. Con esso possiamo assistere ad un’altra evoluzione: via il racconto del ghetto, via l’utilizzo estremo del jazz. Questo per far spazio ad un album hip hop più “classico” in cui troviamo grandi hit pop come LOVE. o LOYALTY. (feat Rihanna) insieme ai bassi picchianti di HUMBLE. e DNA. (dai un’occhiata a cosa è successo durante il Tour, noi c’eravamo). La voglia di innovare non ha però affatto abbandonato K-Dot. Infatti, in XXX. si lancia in un pezzo imprevedibile insieme agli U2, in cui cambi negli andamenti e nel beat si susseguono fino a culminare in un finale soft-rock con la voce di Bono che si amalgama perfettamente con il contesto vorticoso del brano. Pur essendoci dei riferimenti politici, la critica sociale risulta più smorzata a favore di una riflessione concentrata su se stesso, le sue paure, la visione di Dio, i peccati commessi.
Black Panther
Ad oggi, l’ultimo lavoro uscito di Lamar è Black Panther: The Album Music From and Inspired By (2018). Non poteva che essere Kendrick Lamar a curare la colonna sonora per il primo cinecomic dedicato ad un supereroe di colore. L’elenco di collaborazioni è lungo e va dai compagni storici come Schoolboy Q, Ab Soul, Jay Rock, fino a Travis Scott. Lo stile è caratterizzato dal frequente abbinamento di musica tribale con beat elettronici, in conformità all’ambientazione africana della storia. Anche qua, Lamar non si risparmia nel provare feat azzardati, come nel ricercare un risultato musicale ambizioso. Il singolo estratto All the Stars, in featuring con SZA, è stato nominato come miglior canzone agli Oscar del 2019.
L’attesa
Quello che stupisce della carriera di Lamar, e una delle ragioni principali della sua influenza nella scena, è la capacità di reinventarsi anno dopo anno. La sperimentazione, anche estrema, non ha mai intaccato il successo commerciale e di critica, che, anzi, è sempre aumentato. Una continua evoluzione, sia dal punto di vista musicale che di scrittura. Le basi variano dalle influenze soul e R’n’B dei primi lavori, al free jazz di TPAB, fino ad arrivare alle sonorità piu anni ’90 di DAMN.. Lo storytelling violento e realistico degli inizi, invece, ha lasciato il passo a testi maggiormente introspettivi e criptici. Il tutto collegato da un comune denominatore rappresentato dalla lotta razziale. Come detto all’inizio, tutto il mondo del rap (e non solo) aspetta l’uscita dell’ultima fatica di Kendrick Lamar. Le voci di corridoio ci informano che stavolta l’album avrà un’impronta rock. Rimaniamo (speriamo per poco) ancora in attesa, trepidanti di sapere che strada avrà intrapreso stavolta un artista che ha già scolpito le proprie iniziali a chiare lettere all’interno della storia del rap.
A cura di Daniele Stracquadanio