Chi è Childish Gambino? È di certo un rapper talentuoso. È l’attore Donald Glover. Ma anche uno sceneggiatore, produttore musicale, regista, comico e DJ. Un personaggio eclettico, che ha riversato tutta la sua anarchia artistica nell’ultimo album 3.15.20. E questo si intuisce già da quello che è girato intorno al disco, prima ancora che dall’ascolto della musica. L’uscita a sorpresa preceduta da una preview su un sito in cui l’album è andato in ripetizione continua per qualche ora, il titolo e la tracklist formati quasi esclusivamente da numeri, la copertina bianca monocolore. Tutto dimostra il tentativo di andare fuori dagli schemi. E il risultato musicale non poteva che essere ostico, a volte di difficile ascolto, che non insegue nessun tipo di tendenza, ma, anzi, se ne tiene il più distante possibile.
Strumentali
La schizofrenia creativa del rapper statunitense trova la sua massima espressione nella scelta delle strumentali. Si parte con l’elettronica di Algorhythm, che si mischia subito dopo con chitarre e le atmosfere pop di Time, nelle quali la voce di Ariana Grande si inserisce alla perfezione.
Si passa a 12.38 e le sue sonorità più rap (feat 21Savage, Ink & Kadhja Bonet), per poi virare su R’n’B, soul e infine riprendere l’elettronica in 32.22. E il disco non fa altro che alternare tutti questi registri, permettendosi anche un’orchestrale 39.28, che riecheggia pezzi come Bohemian Rapsody dei Queen. Non vi è un’apparente logica di fondo, se non quella di sorprendere il più possibile l’ascoltatore.
Testi
Pure nelle lyrics, Gambino non ci risparmia colpi di scena. Con Algorhythm si può avere l’impressione che il disco sia improntato su un’analisi della società digitale. Questo viene subito smentito dallo storytelling delle canzoni successive, che diventa un’altalena di storie crude da ghetto tipiche della West Coast e testi più “leggeri” come Time o 42.26 (Feels Like Summer). Anche se in certi momenti il testo viene sacrificato per lasciare spazio alla sperimentazione musicale. Come in 35.31, dove il ritornello viene ripetuto per due minuti su una base che cambia più volte tono.
Stile
Lo stile cerca di essere il più innovativo possibile, anche criptico per certi versi. Il titolo dell’album è la data di uscita dello stesso. Le canzoni (a parte Time e Algorhythm) sono nominate con l’esatto minutaggio all’interno della tracklist. La copertina è bianca, priva di grafiche. La musica non segue né uno schema, né uno stile. È un calderone in cui Gambino butta dentro quanta più roba possibile. Se da un lato, risulta apprezzabile la voglia di stupire; dall’altro, questo lavoro a tratti è persino fin troppo pieno. La giostra che ne viene fuori sballottola l’ascoltatore su e giù per il bizzarro mondo musicale dell’autore, col rischio di fargli venire qualche livido. O quantomeno di confonderlo.