
In questo periodo di quarantena obbligatoria torniamo a tenervi compagnia con una nuova puntata di Rewind, la nostra rap-retrospettiva: un tuffo nel passato attraverso il quale potrete riscoprire album, provenienti dal panorama Hip Hop sia italiano che internazionale, che non vogliamo dimenticare. Simile ad una macchina del tempo itinerante, i vari episodi che andranno a comporre la rubrica avranno il compito di riportare alla luce quei dischi seppelliti nei meandri della memoria, belli o brutti che siano, o perché no, farvene scoprire di nuovi.
Il 1° aprile è stato il nono anniversario di CD’, terzo album in studio di Dargen D’Amico e pubblicato da Giada Mesi. L’album riunisce i due EP D’ Parte Prima e D’ Parte Seconda, pubblicati dal rapper nel corso del 2010, con l’aggiunta di quattro nuovi inediti. Nel 2018 l’album è stato ripubblicato in doppio vinile in edizione limitata (300 copie numerate), contenente l’inedito K8 e due brani contenuti nei suddetti EP e non pubblicati nel 2011 (Prendi per mano D’Amico e la versione remix di Mi piacciono le donne), oltre ad una tracklist differente dall’edizione originale.
Strumentali
È sicuramente un progetto eterogeneo, infatti non c’è un genere preciso per racchiudere la grande varietà musicale di CD’. Si passa da pezzi con sonorità reggae (Ma dove vai (Veronica), Orga(ni)smo (Uni)cellulare) a sound totalmente pop (Bere una cosa, Odio Volare), ma anche sperimentazioni (Gocce di cielo) e crossover con accenni rock (In loop (la forma di un cuore)). Presente anche beat hip-hop nelle collaborazioni con Fabri Fibra (Nessuno parla più) e con Ghemon e i Two Fingerz (Brano senza titolo). Le produzioni sono state affidate a Marco Zangirolami, ma alcuni brani vedono il lavoro di Crookers, Danti e Roofio. Sicuramente un sound complessivo che si presenta molto eccentrico, grazie anche all’utilizzo di vocoder, auto-tune e talk box.
Testi
Il progetto tratta, in quasi tutte le tracce, del sentimento per antonomasia: l’amore, in tutte le sue sfumature e forme. Ma canta anche della difficoltà dei rapporti e il timore della solitudine.
Non lasciatemi solo, com’è successo a Dio, che non ha la TV e anche se ha molti amici, gli fanno compagnia giusto i giorni festivi
Odio Volare
La scrittura non delude mai, qui raggiunge un livello davvero impeccabile con metafore efficacissime e metriche inconfondibili nel suo genere. Seguendo lo stile del flusso di coscienza, Dargen ritorna a far uso dello storytelling. In Perché non sai mai (quel che ti capita), racconta delle occasioni perse e della solitudine (“Mi sento solo come una single, con l’ovulazione in corso e corro con le dite sul vetro della fermata ma mi fermo se il mignolo rimane troppo indietro, altrimenti poi si sente solo come un cannolo estradato in Germania”).
Ma è Malpensandoti, il capolavoro in cui riesce a dar sfogo alle sue capacità liriche, emozionali ed evocative come nessun altro. Il titolo fa riferimento a un gioco di parole fra “Malpensa”, aeroporto milanese, e il verbo “malpensare”, riferito a pensieri negativi associati all’amore a distanza. Dargen, infatti, descrive tutte le sensazioni ed emozioni provate da un uomo che attende la sua amata che vive lontana.
E poi dov’è finita la vita che vorrei
che mi levi le nuvole dalla testa
ma non devo intristirmi oggi che ritorna lei
Pioggia cadi quanto vuoi, oggi è un giorno di festa
Malpensandoti
Oltre alla componente rap, ritroviamo anche il gusto per la musica leggera italiana, da sempre fonte d’ispirazione per il rapper milanese. La frase di apertura di Bere una cosa ne è un esempio, (“Oh, ancora tu? Ma non dovevamo rivederci più?”) in quanto sembra riprendere Ancora tu di Lucio Battisti (“Ancora tu, non mi sorprende, lo sai? Ancora tu ma non dovevamo vederci più”).

Stile
Una sperimentazione che vede le origini rap/hip-hop, diluite ancor più che in passato, con materiale elettronico, leggerezza pop, ritmi strambi e omaggi al neomelodico. In pieno stile Dargen D’Amico, che sfrutta qualsiasi possibilità vocale e sonora per dar vita a pezzi poetici e carichi di immagini, sempre in bilico tra serietà e ironia. In alcuni brani è chiaro l’intento di nascondere sotto una superficie easy listening testi particolarmente profondi ed intimi. Se ci si ferma alla superficie, vi è il rischio di non comprendere a fondo quanto c’è dietro alle parole del rapper.
