

La pandemia causata dalla diffusione del Covid-19 da mesi ci tiene relegati in casa. Questo sta avendo delle conseguenze devastanti per tutti i settori economici e la musica, purtroppo, non fa eccezione. Da parte nostra, abbiamo ritenuto doveroso fare un breve approfondimento per evidenziare i vari problemi che sta affrontando il nostro mondo. Da quelli più intelligibili e sotto gli occhi di tutti, fino a quelli di solito meno discussi e che possono sfuggire all’attenzione del pubblico, in questa marea di problemi che sta sommergendo la nostra realtà quotidiana.
Eventi live nell’era della pandemia
Quanti di noi avevano già acquistato un biglietto per uno dei grandi eventi estivi? Il Primavera Sound, lo Sziget, i tour mondiali dei vari artisti internazionali. Tutto questo sembra ormai solo il ricordo di un passato lontano. Stare accalcati l’uno vicino all’altro, aspettare per ore sotto il sole cocente il nostro artista preferito, urlare in faccia ad altre persone i testi delle canzoni che ci hanno fatto emozionare. Con ogni probabilità una parte della nostra anima brama di immergersi di nuovo in situazioni del genere. Un’altra parte, però, sente che una folla di gente che si riunisce in uno spazio ristretto è un’idea del tutto stridente con la nuova normalità a cui, ahinoi, ci siamo dovuti abituare negli ultimi mesi. E in cui iniziamo a sentirci stranamente a nostro agio.
Per tornare a godersi eventi del genere, si dovrà aspettare, almeno, il 2021. E se questa può essere una ferita per i fan, dolorosa ma in fin dei conti curabile, per gli artisti il blocco può trasformarsi in un vero e proprio dramma. Non parliamo tanto degli artisti più grossi, nazionali ed internazionali, i quali, certo, subiranno forti riduzioni nei profitti, ma non dovrebbero avere problemi di liquidità, perlomeno nel breve periodo. La tragedia più che altro si pone per gli artisti medio-piccoli che trovano nei live la loro principale fonte di sostentamento.
A questo va aggiunto il danno arrecato a tutto il comparto. Il live non è formato solo dall’headliner dell’evento. Ci sono anche gli artisti di supporto, i tecnici delle luci, del suono, i service che mettono a disposizione l’attrezzatura, i locali che ospitano i live etc.. Assomusica fa sapere che si contano già 4000 concerti e 16 festival sospesi (rimandati o cancellati) dall’inizio del lockdown, con perdite stimate intorno ai 650 milioni tra marzo e settembre 2020. Il danno economico sale addirittura a 1 miliardo e 500 milioni se consideriamo l’intero indotto della filiera compreso il turismo collegato agli eventi dal vivo. Una perdita che, come abbiamo visto, riguarda gli artisti, quanto gli imprenditori e le manovalanze che girano intorno al mondo degli eventi.


Uno spiraglio è stato dato dal Decreto Rilancio, pubblicato lo scorso 19 maggio, il quale prevede che l’attività concertistica riprenderà il 15 giugno. I concerti si potranno tenere con posti pre-assegnati a distanza di un metro l’uno dall’altro. Il numero massimo di spettatori sarà di 1000 per gli eventi all’aperto e 250 per quelli che si terranno in luoghi chiusi. A queste limitazioni si aggiungono l’obbligo di mascherina, il rispetto della distanza di sicurezza e la misurazione della temperatura prima di accedere all’evento. Capiamo bene come siamo ancora lontani da un ritorno alla normalità nel settore degli eventi dal vivo. Anche perché il tutto rimane comunque subordinato ad un andamento controllato della curva dei contagi. Nulla toglie che queste parziali aperture vengano ritirate in caso di aumento della diffusione del virus.
Vendite e diritti d’autore durante il Covid-19
Anche le vendite hanno subito una diminuzione rilevante. Il danno ammonta a un 60% di calo nella vendita dei prodotti fisici (CD e vinili). Mentre gli introiti derivanti dai diritti d’autore sono diminuiti del 70% a causa della mancanza di eventi e della chiusura degli esercizi commerciali. Molti artisti hanno posticipato le nuove uscite, anche alla luce dell’impossibilità di organizzare in-store (elemento cruciale per il mercato delle copie fisiche); e questo contribuisce ulteriormente a contrarre le vendite musicali.
In una situazione del genere, in cui la maggior parte delle persone è rimasta rinchiusa in casa per un lungo periodo di tempo, ci si sarebbe aspettato almeno una crescita dello streaming. E invece il mercato è stazionario, a tratti persino in calo. Questo perché, da un lato, il calo delle nuove uscite riduce quello che è uno dei principali traini delle piattaforme streaming. Dall’altro, si è rilevato che buona parte delle persone ascolta musica durante gli spostamenti (in auto o nel tragitto casa-lavoro), fortemente diminuiti nell’ultimo periodo.
Anche in questo caso, a perderci non sono solo gli artisti, ma l’intera filiera creativa e commerciale. Con un calo nelle uscite gli studi di registrazione non lavorano più, i grafici non realizzano copertine, i produttori hanno meno progetti su cui lavorare. L’A.D. di Soundreef, società di gestione dei diritti d’autore, ha dichiarato che questa crisi porterà alla sua azienda perdite che si aggirano intorno al 30/35% sull’intero anno.
È una situazione veramente difficile, perché mentre nel passato è stata una crisi di modello industriale che ha colpito una parte della filiera lasciando il live come area di compensazione, questa crisi colpisce tutta la filiera con potenziali effetti durissimi che dureranno molto tempo
Enzo Mazza, CEO di FIMI (Federazione dell’Industria Musicale Italiana), a La Stampa
Le proposte del settore contro il Coronavirus
Le principali associazioni rappresentative del settore musicale (Assomusica), le organizzazioni di eventi, le case discografiche, le associazioni di settore (AFI, FIMI, PMI) e gli editori musicali (ANEM e FEM), hanno inoltrato al governo, lo scorso 20 aprile, un documento contenente 10 proposte per salvare la filiera musicale. Le richieste vanno da un contributo a fondo perduto destinato alle imprese musicali, alla creazione di un bonus cultura per le famiglie (estendendo l’attuale bonus per i diciottenni), fino all’introduzione di un “reddito di emergenza” che coinvolga anche le figure anomale, contratti a chiamata e i vari precari del settore dello spettacolo, non compresi nelle prime misure di sostegno.
In tal senso, un’importante iniziativa da segnalare è l’intervento disposto dal Nuovo IMAIE (società di collecting che si occupa della tutela dei diritti connessi dovuti allo sfruttamento di opere audiovisive e musicali). Lo scorso 15 maggio, l’assemblea dei soci ha stanziato 7,5 milioni per aiutare gli artisti in difficoltà tramite l’istituzione di un Fondo Coronavirus. Al momento, possono accedere al sostegno gli artisti che hanno un reddito inferiore a 25.000€. L’assegno erogato dal fondo, inoltre, verrà aumentato nel caso vi siano dei figli a carico.
Insomma, il settore musicale sta entrando in una profonda crisi e ci si aspetta che venga considerato alla pari degli altri comparti. Purtroppo, in Italia siamo abituati a vedere il mondo della musica trattato come un passatempo, qualcosa da praticare nel tempo libero, una faccenda, in fondo, non realmente seria. E invece è un dovere di tutti curare la musica e la filiera in cui essa viene generata: il valore sociale in gioco è troppo elevato.
È chiaro che la musica è un elemento irrinunciabile nel suo essere uno strumento di aggregazione, un’opportunità per tanti giovani di uscire da contesti sociali disagiati (e, in questo, l’hip hop gioca un ruolo fondamentale), oltre che rappresentare una vera e propria ragione di vita per migliaia di persone nel nostro Paese. Ma anche non volendo fare gli idealisti, sappiamo tutti che la musica è un business gigantesco che vale svariati miliardi di euro. Per cui, se non si è disposti ad aiutare la musica per la sua utilità immateriale, lo si faccia almeno per il PIL.