
Welcome back! Se abitualmente Ladies First parte con le dovute presentazioni, oggi non sarà così. Con noi c’è una Queen indiscussa. Telefonicamente ho avuto il piacere di chiacchierare e scambiare qualche riflessione con Maria Germinario, meglio conosciuta nel settore musicale con il nome di Mama Marjas.
Sulle spalle dell’artista pugliese ci sono oltre quindici anni di carriera tra live e studio che l’hanno consacrata come la più rappresentativa voce della Black Music femminile italiana.
Con il nuovo anno, questo infausto 2020, Mama Marjas era già pronta per proporre un nuovo e ricercato progetto discografico con l’obiettivo di portare nel nostro paese l’Afrobeat in italiano. La prima uscita è arrivata a fine gennaio con la pubblicazione del singolo Osiride, frutto del lavoro dei beatmaker Congo e Mattia Grassi, disponibile su tutte le piattaforme digitali per Love University Records. Dopo aver sperimentato negli anni una grande versatilità di stili e atmosfere, questo nuovo corso è il naturale approdo di chi si è confrontata con i suoni dell’Africa, interpretandoli con una visione del tutto personale. Un percorso, questo dell’Afrobeat, che sia Marjas sia il suo produttore Don Ciccio hanno intrapreso da oltre sei anni con la creazione di African Party, il primo party esclusivamente dedicato al genere portato per tutti i locali della penisola.
Causa pandemia e conseguente lockdown, Mama Marjas si è trovata in qualche modo ad interrompere questo percorso e ad annullare il tour già programmato per i mesi da febbraio ad aprile.
Eccoci! La rubrica Ladies First è nata con la volontà di proporre un focus sulla scena urban femminile in Italia. Oggi, rispetto all’ambiente maschile, alcune distanze sembrano assottigliarsi e stanno uscendo diversi progetti… Tu come vedi la situazione?
I gusti musicali sono personali. Per quello che mi riguarda credo che non sia il miglior momento per il rap italiano, anche perché l’avvento dell’ondata trap non l’ho percepito come una grande innovazione. Nello stile italiano abbiamo tantissimi “artisti fotocopia” e questa idolatria importata e copiata dall’estero rende un po’ sterile tutta la musica.
Ritengo che ci siano poche realtà che si distinguono, pochi nomi. Avverto però un ritorno all’old school, come tipo di approccio, e questo mi fa ben sperare. Il disco di Marracash ne è un esempio, anche dal punto di vista della qualità. Machete è un’altra bellissima realtà.
Non faccio distinzioni con la scena femminile, perché per me conta solo “spaccare”, però vedo tante copie di artiste come Cardi B. Tanta imitazione e non a caso io pubblicai il pezzo Come Nicki Minaj…
Tra le ragazze devo dire che solo Madame mi piace, perché la vedo sincera e con una identità artistica importante.
Quali sono le ambizioni, oltre alla passione, che alimentano la tua musica? In questo momento, a che punto senti di essere nel tuo percorso artistico?
Non posso stare senza musica. Scrivo solo quando mi colpisce la giusta ispirazione, perché senza quell’energia fatico. Non scrivo tutti i giorni, lo faccio quando avverto un’esigenza e ho qualcosa da comunicare. Ho bisogno della folgorazione!
In questo momento sono sicuramente nella mia seconda era. Tutto è partito attorno al 2015, quando musicalmente sono ulteriormente cresciuta, anche mentalmente. Ancora oggi, dopo 15 anni di lavoro, progetti e collaborazioni, sto cercando di capire qual è la mia vera identità artistica.
Voglio confermarmi! Da indipendente ho la fortuna di poter sperimentare continuamente e scegliere la musica che voglio fare.

Restando all’attualità è d’obbligo una riflessione sulla situazione di lockdown per la musica dal vivo. Per un’artista esibirsi è fonte di reddito e una serbatoio di energia. La pandemia, tra l’altro, ha anche bloccato il tuo tour. Come vivi questa situazione?
È una merda! Io poi non sono una fan delle dirette social e ritengo questa cosa anche una svalutazione dell’artista, in qualche modo. Esibirsi, parlare o cantare in streaming non fa per me. È un po’ svilente. Manca il contatto con il pubblico, lo scambio di energia e quindi si perde il senso.
Fissare uno schermo non è certo come vedere un artista sul palco e per l’artista non poter vedere le persone di fronte è allo stesso modo brutto.
È tutto molto strano e dobbiamo solo aspettare, non vedo altre soluzioni valide.
Mi farò trovare pronta appena tutto riprenderà!
Nelle prime settimane di blocco hai partecipato all’iniziativa streaming MusicaCheCura, con finalità benefiche. Quale può essere il futuro nel breve-medio periodo per la dimensione live? Le soluzioni di cui si parla le ritieni valide?
Guarda, meglio una soluzione da provare come il Drive-in che le dirette in streaming.
Cantare da sola non mi permette di concentrarmi davvero sulla musica. Tu artista ti senti solo e viene a mancare completamente lo scambio di emozioni che avviene con un pubblico che interagisce con te cantando, applaudendo, ballando.
Vediamo come può andare con il Drive-in, anche se anche qui vedo diversi limiti sia per gli spazi che per i controlli. Confido davvero di poter ricominciare con la musica come abbiamo sempre fatto!
Ad inizio febbraio hai pubblicato il video di Osiride. Raccontaci qualcosa su questo brano e sul video, molto suggestivo.
Il pezzo è nato per caso, dopo tanti anni in cui volevo dedicarmi all’Afrobeat. Stavo aspettando la folgorazione e qui è arrivata! Tutto è partito da un campione, che poi è stato utilizzato soprattutto per la parte finale, più trap, del pezzo. D’istinto ho sentito questo suono che mi piaceva tantissimo e l’idea di trovare una connessione con l’Egitto e l’Africa è arrivato di conseguenza.
Nello studio di Love University Records con DJ Congo abbiamo sviluppato ed affinato Osiride.
Il video è un valore aggiunto. Con il mio socio Victor Scorrano abbiamo scelto di realizzarlo tra la Puglia e la Basilicata e nello specifico fare molte riprese nella Rabatana, il più antico rione della città di Tursi, in provincia di Matera. La Basilicata è davvero ricca di cose fantastiche!
Poi Victor ha fatto i miracoli, facendo apparire le piramidi in Basilicata!
Questo singolo faceva da apripista ad un nuovo progetto discografico, è così?
Sì, chiaramente prima di questo periodo di blocco stavo pensando ad un nuovo progetto che potesse sviluppare al meglio le sonorità dell’Afrobeat. Non avevo ancora nulla di definitivo, però questa idea era nata. Adesso, chiaramente, ho tutto il tempo del mondo per lavorare e programmare questo progetto.
Dopo tanti anni in cui mi sono dedicata alla realizzazione di singoli, la mia idea per il 2020 era quella di pubblicare un album voluto e pensato, frutto di tante esperienze e di tante riflessioni che ho fatto sulla mia musica. Per una persona come me, che assorbe tante influenze e che fa diversi ragionamenti, è complesso riuscire ad incanalare tutto quanto in un disco.
I tuoi suoni preferiti in questo momento quali sono?
Marjas è sempre stata un personaggio molto libero, dove chiaramente la punta di diamante resta il raggamuffin, ma che non si è mai limitato nella ricerca delle sonorità.
La musica ormai è sempre più varia e contaminata. Io sto studiando il mio nuovo suono e lo faccio prendendo ispirazione dal rap, dal raggamuffin, dall’Afrobeat. Mi piace moltissimo anche la musica inglese in questo periodo, come la grime più evoluta quando mescolata con il suono africano o giamaicano. Sto assorbendo dalla musica degli artisti che in questi anni mi hanno stupito per trovare la ricetta giusta per il mio suono.