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Intervista

Come “Funziona” il nuovo disco di Kaso?

Kaso

Il 27 maggio è stato pubblicato Funziona, nuovo album di Kaso prodotto da Rhythm and Muse Records LLP e distribuito da The Orchard. Il rapper, attivo sin dagli anni ’90, dopo un lungo periodo di silenzio è tornato sulla scena con questo nuovo progetto segnato da sonorità molteplici (nel disco troviamo la commistione di jazz, funk, gospel e hip hop).

L’album Funziona come già analizzato – leggi la nostra recensione – non è semplicissimo da comprendere: nei molteplici racconti in rima e su più livelli del rapper, l’ascoltatore potrebbe trovarsi disorientato. Proprio per queste ragioni abbiamo deciso di intervistare Kaso: tracciamo il sentiero del ritorno a Itaca.

Per iniziare penso sia doveroso chiederti quali siano le tue influenze nel panorama internazionale. Justice System e US3: jazz e rap si uniscono in un mix quasi perfetto. Parlaci delle tue ispirazioni.

La canzone finale del disco si intitola proprio Aretha: è un omaggio a lei, ma contiene alcuni riferimenti a musicisti come Mina o il bassista Pino Palladino – che è un nome sconosciuto ai più, ma ha suonato veramente con tutti. L’elenco sarebbe potuto essere sterminato. Posso dirti che, per anni, ho comprato a scatola chiusa i dischi di Common, Gang Starr, Redman e The Roots. Credo che la collaborazione con il pianista Mauro Banfi abbia portato tanto jazz, gospel, funk e acid jazz e inserito diversi elementi suonati che può ricondurre ai gruppi che hai citato. 

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Kaso e Mauro Banfi: un’unione consolidata anche dal tuo intermezzo legato al mondo del jazz. Come si è sviluppato il lavoro di produzione e di individuazione del sound per questo progetto?

Siamo amici da più di vent’anni e di file ne sono rimbalzati diversi tra Varese e Londra, dove Mauro stava fino a un paio d’anni fa. Alcuni pezzi come Sei tu derivano da questi scambi di idee a distanza, altri erano sul mio hard disk da un po’ ed avevano bisogno di un orecchio diverso dal mio che li ascoltasse e rifinisse, con parti aggiunte, tolte o risuonate mentre; altri pezzi sono partiti da giri armonici creati da Mauro a cui io ho aggiunto beat e rime, fino ad arrivare a dei pre-mix che ci convincevano. C’è stato un intenso lavoro anche accanto agli ingegneri di mix (Emanuele Mocce Mocchetti di 2moros studio) e di mastering (Pietro Caramellienergy mastering) per definire gli elementi essenziali, per far rimbalzare le tracce quanto volevamo. Decisamente ci unisce il piacere di ascoltare e creare musica che abbia un buon groove e spontaneità.

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La musica dance si sta sempre più avvicinando all’hip hop: un cambiamento di questo tipo determina uno “snaturamento” o un’evoluzione del genere? Come stai vivendo tu questo passaggio?

Bisogna considerare che l’uso di alcune sonorità fanno anche parte di mode cicliche. In tutte le forme d’arte esistono continui richiami e rimandi al passato. Alla fine degli anni ’80 ed inizi ‘90, quando ero bambino, si sentivano in Italia diversi brani hip house con basi dance ma rappate e invece si sentiva molto meno rap classico. Qualsiasi forma di sperimentazione, se fatta con genuinità, ricerca e stile, è una evoluzione. Se ti riferisci invece al fatto che oggi si risenta rappare su strumentali che mantengono la cassa su ogni quarto, be’ non è una novità dire che l’ascoltatore medio italiano – forse proprio per quello che dicevo prima – non riconosca proprio il suono più nero, quello che generalmente viene definito più swingato, che “rotola” e che per me è più sexy.

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Un pezzo emblematico è Questo bimbo: il ritornello gioca quasi sulla rottura dell’armonia melodica. Questo “gioco” musicale rende ancora più forte il messaggio veicolato dalla canzone: i rapper dovrebbero sentire maggiormente il peso delle parole?

Tutti i rapper sono portatori di un messaggio. Anche stare zitti o non trattare alcuni temi è di per sé un messaggio. Io sono di Varese e arrivo dalla scuola Otierre per cui prendere posizione è fondamentale (“play your position” cit). Questa canzone racconta la storia di un abbandono e il dono di amore da chi meno ti aspetti. Mauro ha percepito la tensione del messaggio scegliendo una progressione armonica tensiva, un suono di pianoforte distorto e compresso, una linea di basso ossessiva,  e vari suoni di synth cinematici per linee melodiche; d’altronde, aveva appena ricevuto un Korg Prologue 16 e questo sembrava il pezzo giusto per provarlo. Poi, per quanto io ci tenga al messaggio, bisogna riconoscere che, nel “gioco” del rap, il “come lo dici” vince sul cosa, e se hai stile non ce n’è per nessuno. Non ho problemi a dirti che mi piace ascoltare musica di chi non la pensa come me.

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Il ritornello della title track Funziona suona “non c’è cosa né giusta né buona, ma che funziona”; pensi che siamo ormai giunti nell’ottica de “il fine giustifica i mezzi”? 

Decisamente sì e da tempo. Quella che prima veniva considerata un’attitudine da opportunista, di chi voleva fottere il sistema o prendere scorciatoie, ora è la modalità di ognuno. Mi spiego meglio, perché non è che siamo diventati tutti stronzi. Semplicemente, anni fa, se una cosa era giusta aveva senso, oggi invece se una cosa che riterremmo anche giusta non funziona, non ha più valore e senso per essere perseguita. È un pensiero che puoi applicare alla musica come alle relazioni personali, al corpo umano o alla politica. Siamo ossessionati dal funzionamento, ci stiamo trasformando in dei fottuti tecnici e non a caso siamo innamorati delle tecnologie. L’ingranaggio del mio logo rappresenta la mia curiosità per le incongruenze, gli aspetti umani e imprevedibili e i cortocircuiti di questo modo di pensare che ormai fa parte di noi. 

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In Non è la coca nello storytelling si descriva la vita di un migrante che arriva in un mondo nuovo. L’ “innamorarsi ancora” è riferito a una persona o alla cultura di un posto nuovo? Raccontaci un po’ questa canzone.

Mi piace la tua interpretazione e in effetti la voglia di ricominciare a innamorarsi è un po’ come resettare tutto. La canzone descrive il momento perfetto per farlo. Io lavoro anche nel mondo del sociale e ti confermo che anche il migrante, quando arriva nel nostro Paese, si trova davanti a una nuova civiltà. Nella canzone dico “datti un nome come chi arriva alla deriva dal mare”, perché spesso per ricominciare serve anche staccarsi completamente da chi si era prima. 

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Il brano Sei tu si costruisce su uno storytelling descrittivo/personale o il titolo si rivolge a chi sta ascoltando?

La canzone è dedicata a una donna, ascoltatrice o meno, che non riconosce le qualità di chi gli sta vicino. Non ho mai disdegnato il lato ironico del rap. Da ragazzino guardavo Yo MTV Raps e mi ricordo che mi divertiva, c’erano i conduttori che facevano le gag e poi i video di Biz Markie o The Pharcyde e ridevo. Qui mi sono immedesimato in alcuni miei amici che ciclicamente vanno “sotto” per la donna impossibile.

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L’ultima canzone Aretha è la giusta conclusione di uno scatto fotografico musicale dei nostri tempi. Ognuno deve creare la sua dimensione all’interno di uno scorrere più rapido. Hai trovato il tuo tempo? Quali sono i tuoi progetti futuri?

Questa canzone è esattamente quello che dici. Andare a tempo è un concetto ampio e gestire le proprie ansie, seppur legittime, è fondamentale. Hai colto il mio istinto educativo innato. In questo momento mi sento pienamente al centro di quello che succede attorno a me, il che non vuol dire che ne ho il controllo. A breve uscirà un nuovo video ma non ti svelo ancora  di quale brano. Chiaramente il mio pensiero per il futuro è simile a quello di tanti altri colleghi musicisti, ovvero la musica live. Io e la band con cui suono abbiamo già uno show pronto. Lo abbiamo sperimentato prima del lockdown in qualche concerto e il suono di questo disco si sposa bene nell’essere proposto con degli strumenti reali. Confido quindi di stampare un vinile in modo che sia pronto per i concerti, magari con qualche pezzo extra.

Conosci meglio

La musica mi accompagna sin dall'infanzia. Ho studiato la musica classica e lavorato sull'elettronica. Ogni suono è un colore sulla tela della quotidianità: "una vita senza musica non è vita."
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