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Intervista

Ernia presenta Gemelli: “Non ho paura delle mie scelte”

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A poco più di un anno da 68 (Till the end), Ernia pubblica Gemelli, in uscita il 19 giugno per Island Records. Ultimo di tre in studio, l’album vanta la collaborazione di molti nomi noti della scena urban italiana di ieri e di oggi, da Fabri Fibra e Luchè fino a Madame e Shiva, passando per Tedua, Rkomi, Lazza. Le produzioni, invece, sono affidate ai collaboratori storici Marz e Zef, con la partecipazione eccezionale di nomi come Sick Luke, D-Ross, Startuffo e Don Joe.

Anche grazie a questo team, il nuovo lavoro non fa che confermare ciò che Ernia cantava in QT nel 2017, ovvero che, della trap, lui sia l’alternativa. Nonostante i soli 26 anni, infatti, il rapper e cantautore milanese dimostra anche in questo disco una maturità di scrittura e una versatilità sonora rare tra i suoi colleghi. E il tutto mantenendo intatta la propria identità e visione artistica.

Proprio per riflettere sull’ultimo anello della sua catena identitaria e musicale, considerandola anche nel suo complesso, metti in play Gemelli e leggi qui la nostra intervista a Ernia.

Ciao Ernia e benvenuto su lacasadelrap.com! Per introdurre il tuo nuovo disco hai fatto riferimento al concetto di dualismo, che si riflette anche nel titolo. Ascoltando i pezzi, ci si accorge di diversi tipi di dualità: una caratteriale, basata su un lato che reprime le emozioni e un altro che le gestisce; una stilistica, nell’alternanza tra pezzi conscious e pezzi arroganti; per ultima, una sorta di dualità d’animo dovuta all’essere sospesi tra luci e ombre del proprio vissuto. Credi che una di queste possa raccontare al meglio l’album?

Possono farlo tutte e tre le opzioni che hai individuato, anche perché il disco non è incentrato solo sulla dualità. Gemelli, infatti, è più per indicare una pluralità che una semplice dualità. Si tratta di più sfaccettature stilistiche, più sfaccettature caratteriali e anche a livello di gusti musicali. Non mi sono mai fermato ad ascoltare solo un genere o un sottogenere. Se, ad esempio, mi fai una domanda sul rock non ne so niente, però voi siete lacasadelrap, quindi in realtà, in questo caso, ci sta a pennello (ride, ndr).

Tra l’altro il rap stesso si nutre e si è sempre nutrito di influenze di tanti altri generi.

Esatto, è il genere più meticcio in assoluto ed è anche per questo che mi appassiona così tanto.

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L’alternanza tra il lato leggero e positivo e quello più impegnato e cupo mi ha ricordato, con le dovute differenze di contesto, il chiaroscuro che caratterizza To Pimp a Butterfly di Kendrick Lamar. Mi chiedevo, allora, se ti fossi ispirato ancora a lui, come è già accaduto in passato.

Senza dubbio, Kendrick è una delle mie maggiori influenze. In questo disco, però, ho cercato un po’ di distanziarmi dal suo sound, anche perché mi ci ero già avvicinato in 68. Lui è uno dei miei rapper preferiti al momento, ma mi piace particolarmente anche Meek Mill e ho ascoltato molto Pop Smoke già prima che ci lasciasse, continuando a farlo anche ora. Le influenze, quindi, sono varie.

L’essere in bilico tra due nature, una conscious e una arrogante, è emerso già in CUUU, a cui tu stesso hai già fatto riferimento descrivendo il nuovo album. La varietà sonora, invece, fa pensare di più a 68. Gemelli, allora, può essere definito una sorta di incontro tra i due o credi ci sia qualcosa che lo distanzi da entrambi?

Sicuramente c’è qualcosa che lo differenzia dagli altri. E per fortuna (ride, ndr). Al contrario di 68, per esempio, io lo trovo molto più scorrevole, più leggero. Insomma, si fa ascoltare di più. E magari anche in radio. Il tentativo, infatti, era anche quello di dare sfogo a più sfaccettature musicali e caratteriali, di esprimermi col rap su vari tappeti sonori. Si trattava di spaziare. E il fatto che il confine tra i generi sia ormai così labile fa della sua versatilità un punto di forza.

Continuando con analogie e differenze col passato, un tema ricorrente nei tuoi testi è quello del buio, dell’attraversamento di periodi negativi. Ma se prima questo sembrava essere una conseguenza di qualcosa fatto dagli altri, ora sembra dipendere solo da te, come racconti in Morto Dentro.

Esattamente. È aumentata la consapevolezza di me. Quando sei magari un po’ più giovane pensi che sia il mondo ad avercela con te, poi cresci e dici “be’ se succede qualcosa di sbagliato, vorrà dire che c’è qualcosa di sbagliato anche in me o sono proprio io che mi tiro addosso quel qualcosa”. Inoltre, Come uccidere un usignolo l’ho scritto quando avevo 22 anni, mentre a fine anno ne faccio 27, quindi col passare del tempo le consapevolezze sono aumentate. Sicuramente anche il mio viaggio nel mondo della musica e tutto quest’ambiente mi hanno aiutato a crescere.

Ernia

Qualcosa che sicuramente si differenzia da ciò che hai fatto in passato è riproporre un pezzo storico dell’hip hop italiano, Puro Bogotà. Come mai la scelta è ricaduta su questo brano e non su Serpi di Jake La Furia che avevi eseguito alla fine di un tuo concerto a Milano?

Puro Bogotà è un pezzo iconico per la mia generazione. Lo ascoltavamo più di Serpi che, tra l’altro, è più una roba riservata agli amanti del genere. Puro Bogotà è anche l’esplosione del genere in Italia, indipendentemente dalla TV e dalle radio. Lo conosce tutta la mia generazione, dagli emo agli zarri fino agli amanti del rap. È una sorta di simbolo di quel periodo. Quando è uscito, io avevo 13 anni e per me è stata una botta in faccia incredibile, stupendo. Poi è anche un modo per creare una sorta di ponte generazionale.

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A proposito di generazioni, i feat del disco sembrano delineare 3 generazioni del rap italiano. È stato un effetto voluto? Volevi fare una fotografia della scena attuale così come il disco è una fotografia di te stesso?

Sì, è stata una cosa voluta ed anche abbastanza equilibrata. Ci sono due grandi, Fabri Fibra e Luchè, tre della mia generazione su Puro Sinaloa e due che si sono distinti nell’ultimo anno, Madame e Shiva.

La scelta di collaborare con Shiva è stata già molto chiacchierata.

Onestamente, a me non interessa particolarmente ciò che commenta il pubblico. Anzi, ti dirò anche una cosa sconvolgente. Magari mettila anche come titolo: Auto blu di Shiva per me è una hit. Il ragazzo sa rappare. Quando tutti danno contro a qualcuno che non ha mai fatto del male a nessuno e che si è sempre fatto i fatti suoi, concentrandosi sulla sua musica, per me il problema è di chi si intestardisce contro di lui. È un po’ quello che è successo a me con Troupe d’Elite, quindi quando accade a qualcun altro, son pronto a dare manforte. Specialmente ora che sono nella posizione di poterlo fare. Ho fatto la stessa cosa con Chadia e anche con Drefgold diversi anni fa a Perugia. Lui apriva il mio concerto e la gente fischiava, quindi quando sono salito sul palco, l’ho richiamato e mi son messo a fargli le doppie su un suo pezzo. A parer mio il pubblico non ha capito tante cose di questo genere. È come se ogni volta si cercasse un capro espiatorio della rovina del rap italiano. Pensa che quando ero piccolo la rovina del rap italiano erano i Club Dogo, capito? E adesso vengono venerati.

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Un’altra cosa per cui chi ti segue potrebbe storcere il naso è l’inedito exploit pop dell’album, Superclassico.

Se chi ascolta avrà un problema sul genere sarà affar suo, il pezzo è venuto così naturalmente. Posso anche mettermi a suonare la cornamusa, se la suono bene (ride, ndr). Non ho assolutamente paura di non essere capito per le mie scelte.

Una curiosità. Alla fine di MeryXSempre si sente quello che sembra essere un messaggio vocale da parte di una persona che tu hai sostenuto. Quello che c’è da sapere al riguardo è già tutto raccontato nel pezzo o c’è qualche retroscena che ti va di raccontarci?

Si tratta di un ragazzo che ho conosciuto al carcere minorile di Beccaria, che ogni tanto sento su Instagram. Prima che avesse il processo, io gli avevo fatto l’in bocca al lupo per il risultato. Poi lo hanno assolto e mi ha mandato questo messaggio che secondo me era molto bello. Ho deciso di inserirlo perché ho pensato fosse in linea col brano.

Ultima domanda. Del tuo percorso ha spesso fatto parte anche un tema di baudelairiana memoria. Si tratta della ricerca della felicità che magari non si riesce mai ad afferrare totalmente, finendo per essere eternamente insoddisfatti, come fai capire in Cigni. Credi che questa insoddisfazione, intesa come voler raggiungere sempre nuovi obiettivi, ti stia portando a pensare già a cosa verrà dopo questo disco? O vuoi finalmente goderti il momento?

Per la prima volta nella mia vita mi sto godendo il momento. Oggi son felice, ieri ero felice. Son felice in questo momento. Per ora sono riuscito ad abbattere questa cosa. E non vedo l’ora di farmi rivedere suonare live.

ernia gemelli tracklist

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