
Il 12 giugno 2020 Pacman XII pubblica il quarto capitolo di Ambula Ab Intra dal titolo Bloodborne, prodotto da Sicko Myers, per Do Your Thang Records, mentre mix e master sono stati affidati ad Alan Beez. Lo avevamo già intervistato lo scorso anno per la pubblicazione del terzo volume di A-A-I, Banshee, ed oggi alla luce di questo nuovo enigmatico lavoro non potevamo restare indietro.
La saga infatti aveva preso il via nel 2018 con A-A-I Vol.1: Divide et Impera, succeduto nello stesso anno da A-A-I Vol.2: Poltergeist. Ognuno di questi progetti cela un enorme lavoro di intelletto che non potrà mai essere esplicato in toto se non dalle parole del suo stesso creatore, ed è per questo che sul sito siscrivedodici.com potrete trovare tutto ciò che non siamo riusciti a chiedere a Pacman XII con le nostre domande. Tuttavia, abbiamo voluto intervistarlo comunque, quantomeno per toglierci qualche curiosità tutta nostra!
Ciao PacMan! Che bello riaverti in una nuova intervista! Come stai? Come sta andando questo periodo?
Ciao a tutti e grazie per il nuovo invito (: Fisicamente tutto bene, mentalmente altrettanto, il periodo in sé è un po’ difficile: per via di questa “pandemia” molti aspetti della mia vita si stanno complicando, è dura mantenere un centro, ma ci si prova! Siamo in tanti in questa situazione, sfruttiamola per allenarci un po’ all’empatia.
Ci eravamo lasciati al capitolo Banshee, nel quale mi dicevi appunto che “il viaggio è appena iniziato” e che Banshee era il punto zero. Come dobbiamo interpretare dunque Bloodborne?
Bloodborne è il quarto capitolo della serie Ambula Ab Intra e come tale è figlio di un bisogno estemporaneo e non di una premeditazione. Poco prima del lockdown stavo decidendo che percorso intraprendere, la ripetitività è sempre dietro il prossimo angolo. Avevo già messo da parte un po’ di brani ma ancora non avevo – e tutt’ora non ho – voglia di farli sentire, probabilmente perché vengono da una versione di me futura e per questo ancora fumosa.
Avendo conosciuto recentemente Sicko Myers, mi sono lasciato trasportare dal suo costante flusso creativo e ci siamo cimentati nella produzione di un EP che fosse spontaneo, non troppo pensato. Il focus quindi è stato “Don’t Over Think Shit”, citando la filosofia di Kenny Beats, e mi sono ritrovato a scrivere il progetto in pochissimo tempo, così da non lasciare il tempo ai pensieri di bloccare le parole. Per questo all’interno dei brani c’è l’angolo di realtà di quei giorni, fatti di THC, rime e gaming sfrenato, anticipando paurosamente cosa sarebbe successo di lì a poco col lockdown.
Il titolo Bloodborne è stato preso dal famoso videogioco? Qual è la storia dietro questo nome e quali sono i punti che li accomunano?
Sì, è una citazione al videogioco realizzato da Miyazaki e FromSoftware. Anche alcuni elementi della cover (di @eliana.and.the.sun) sono un riferimento diretto come la luna rossa ed il lago di Rom.
Qualche tempo fa mi sono convinto che anche questa parte di me – gamer ad vitam – doveva uscire fuori e recentemente ho scoperto questo gioco. Non citerò nessuno dei motivi diretti di ispirazione perché non voglio rovinare l’esperienza che è Bloodborne, ma tutta la storia, sia per modalità di narrazione (frammentata e criptica), sia per ambientazione, sia per sua evoluzione, fa eco in maniera spaventosa a Lovecraft, una delle mie eterne fisse.
La filosofia di base dei cosiddetti “Souls game” – realizzati appunto da Miyazaki e la FromSoftware e di cui fa parte Bloodborne – è “diventa bravo” (o “git gud” per citare lo storico meme). Provare e riprovare e riprovare le stesse porzioni di gioco perché il minimo errore viene punito con la morte e la rinascita del protagonista dall’ultimo punto di salvataggio, spesso a chilometri di distanza. Forse è la prima saga di videogiochi che giustifica con una trama sensata il principio di “Game Over > Prova di nuovo” e tutto ciò ricorda molto la mia esperienza, del mio crew ed in generale di qualunque persona che si vuole cimentare anima e corpo in qualcosa.
Se Banshee poteva essere stato influenzato dal tuo viaggio in Thailandia, e visto che per ovvie ragioni siamo stati costretti in casa, da dove nasce invece questo nuovo capitolo?
Questo quarto capitolo, come anticipavo, nasce come tutti gli altri Ambula Ab Intra in seguito a una pulsione. Banshee era il punto zero, Bloodborne doveva essere necessariamente un passo in una via completamente diversa ma, quando progetti troppo qualcosa che dovrebbe essere totalmente spontaneo, spesso finisci a remare in direzione opposta. Quindi ho staccato totalmente cervello, orecchie, tutto; ho smesso di ascoltare le uscite Hip-Hop/Rap/Trap e sono tornato ai classici che mi hanno cresciuto, attraversando altri generi. Aggiungici una rinnovata passione per il gaming – fortificata poi dal lockdown – ed ecco che gli argini per il fiume di sangue si sono formati da soli. Anche se prendo ispirazione da fuori, il movimento è sempre da dentro.

Mi ha sorpreso molto la brevità del progetto, 5 tracce per una durata di 10 minuti. Personalmente mi ha messo addosso il desiderio di averne ancora di più. Quindi ti chiedo proprio: perché Bloodborne è così concentrato?
Non saprei risponderti, non è una scelta premeditata. Banshee è più simile a un LP che a un EP, quindi ha una durata estesa; Bloodborne dal canto suo si avvicina di più alla formula Divide et Impera e Poltergeist: un produttore e non più di una manciata di brani. Quando uscirà un vero e proprio CD ve ne accorgerete (:
Anche se non contenuta in Bloodborne, di recente hai pubblicato la traccia Predators, in una nuova versione. Ti va di raccontarci la rinascita di questo brano?
Nel periodo in cui si avvicinava il live con il Colle der Fomento a Parco Schuster dell’anno scorso ho preso un po’ di coraggio ed ho chiesto a Danno se gli andasse di partecipare ad un remix di Predators (originariamente su Banshee). Quando mi ha mandato la registrazione rough della strofa l’ho girata ad Alan: siamo totalmente impazziti; quando abbiamo sentito che entra citando l’inizio della seconda strofa originale “Chi cazzo ha detto che sei il king e perché?” è stato veramente un tuffo al cuore. Dopo tutti questi anni da quando l’ho sentito rappare per la prima volta da uno stereo, averlo su un brano che amo con i miei compagni di squadra è una realizzazione indescrivibile, soprattutto perché è la manifestazione tangibile di un rapporto di amicizia e rispetto che si è andato a formare col tempo. Aggiungi una collaborazione con Yest che ha tradotto l’esperienza del brano in una grafica e in un poster formidabili, ed eccoti un nuovo pensiero felice da mettere da parte.

Purtroppo la situazione è quella che è, i concerti sono sospesi ed è saltata anche la data live del quarto compleanno del DYT. Quindi in cosa consiste la promozione dell’album? Magari un mini live in radio?
La situazione è drammatica, per chiunque viva di questo settore. Permettimi di aggiungere anche che per noi indipendenti e underground la situazione ha anche delle aggravanti: mentre le venue per i concerti grossi permetterebbero una riduzione di pubblico che consente comunque dei numeri decenti, i live club dove ci muoviamo in genere già non permettono una capienza enorme, rendendo ancora minore l’ipotetico flusso di persone. Per non parlare della sensazione aliena di assistere ad un concerto senza il contatto con gli altri membri del pubblico, senza pogare, senza tutte quelle sensazioni extra auditive che rendono un’esperienza del genere indimenticabile.
Per tornare al discorso promozione invece, più che alla radio – ma ben venga anche questa possibilità – stavo studiando il mondo di Twitch e come poterlo sfruttare temporaneamente per sopperire alla mancanza di live, sia per noi che abbiamo voglia di farli, sia per chi ha voglia di sentire un po’ di musica dal vivo anche se da casa. Avevo annunciato qualcosa di simile durante il lockdown, ma ho preferito rimandare perché mi piacerebbe lavorare da dentro uno studio, con un setting audio che garantisca un’ottima fruibilità del live. Durante la quarantena ad esempio ho assistito al concerto di Post Malone con Travis Barker in cui hanno suonato una selezione di cover dei Nirvana: bellissimo. E funziona. Non è un vero live, ma questo periodo folle ha sdoganato cose non vere ben peggiori di un live in streaming web.
SEGUI PACMAN XII
Instagram – Facebook – Spotify – YouTube – Sito Web