

Lo scorso 22 giugno 2020 è uscito un po’ a sorpresa il nuovo progetto di Wazzy. La rapper torinese ha deciso di raccogliere quattro tracce inedite nell’EP Mimas, prodotto da Neura e Dinv, un lavoro dal titolo evocativo che prende il nome da uno dei satelliti di Saturno, pianeta che rappresenta tutte le esperienze musicali di Wazzy. Anticipato dalla pubblicazione di una serie di freestyle, disponibili su YouTube e sul canale IGTV dell’artista, abbiamo approfittato di questa uscita per parlare con Wazzy di come ha vissuto questi ultimi mesi e farci presentare il suo nuovo progetto.
Metti in play l’EP di Wazzy e leggi l’intervista.
Da 100Kg, il tuo primo album ufficiale da solista, sono trascorsi 4 anni. Come sei cambiata tu e come hai percepito il cambiamento schizofrenico della musica urban in Italia?
Io non sono particolarmente cambiata. In questi 4 anni ho vissuto esperienze di ogni genere, e come succede la maggior parte delle volte, le ho scritte. Ho ancora pezzi in cantiere, altri nuovi che ho appena finito, quindi ho la stessa necessità di allora, la stessa voglia di scrivere e sfogarmi sui fogli.
Detto questo, il cambiamento intorno alla musica è stato molto forte, sia per la questione dell’uso dei social e sia per la giungla che si è creata, in senso negativo e in senso positivo. Amo il cambiamento e il modo che ha questo genere musicale sempre nuovo di adattarsi a qualunque momento storico, ma non amo la perdita dell’unicità e dell’amore per la musica, che spesso sembra essere sostituito da quello per il denaro e per i vestiti. Questo è un mercato “Fast Food” che richiede panini belli fuori, ma che fanno male alla salute… ahahah!
In ogni caso, c’è tanto di buono, ho ascoltato tanti artisti “nuovi” e alcuni li trovo davvero fenomenali.
Artisticamente parlando, come hai trascorso i mesi di lockdown? Per molti è stato un periodo creativo, per altri decisamente meno a causa dell’assenza di stimoli…
Il mio lockdown vacillava tra momenti di buio fitto e perdita di fiducia nel mondo, ad altri ancora di pura creatività.
Mimas infatti è nato proprio in quarantena. Finalmente ho avuto il tempo per finire tutti i miei pezzi, dedicarmi alla registrazione, modificarli e chiuderli definitivamente, cosa che durante la “vita normale” non riuscivo a fare per via del troppo tempo da dedicare al lavoro. Mi ha fatto riflettere molto e avvicinato ancora di più alla mia parte più profonda, che alla fine rimane sempre la stessa: la scrittura.
Ho dedicato un sacco di tempo alla natura e all’agricoltura, so che fa poco “rap” questa cosa, ma dopo il sogno di “rapper” forse c’è quello della contadina! :D
Ho anche avuto momenti di blocco, dettati dall’isolamento forzato, ma tutto sommato me la sono cavata con un EP!
Veniamo proprio al tuo nuovo EP Mimas. Nel presentarlo hai evidenziato un legame con il pianeta Saturno: ce ne potresti parlare?
Io amo l’astronomia, campo molto complicato, ma che cerco di scoprire pian piano. Saturno è uno dei pianeti che mi affascinano di più insieme a Giove. Mi sono infatti immaginata che l’universo fosse il contenitore della mia musica e credo che alla fine è quello che ognuno ha dentro la testa: una distesa di pensieri, sogni, ansie, etc…
Nella mia testa, perlopiù, ci sono le cose che scrivo che si trasformano in canzoni, quindi, ogni pianeta può rappresentare qualcosa.
Ad esempio: il maestoso Saturno, per me rappresenta il mio primo album solista, i concerti in tutta Italia, Le Gal, le notti insonni, la colonna sonora di Outing fidanzati per sbaglio, la selezione per gli MTV New Generation Campus, l’incontro e l’apertura dei concerti dei miei miti, Bassi, Mondo Marcio, Raige, Emis Killa e molto altro.
Mimas è uno dei satelliti di Saturno, il più piccolo, che orbita intorno a tutto quello che c’è stato e ci sarà.
Per la lavorazione delle 4 tracce che compongono l’EP con chi hai lavorato? Quali sono le atmosfere che avete ricercato?
Ho lavorato con Neura e con Dinv.
A Neura ho affidato un compito difficilissimo, occuparsi di uno dei pezzi a cui tengo di più: Una parte d’infinito. Abbiamo fatto 8 master di quel pezzo, ti dico solo questo! Poveretto…
La sonorità che ricercavo qui era molto classica ma, allo stesso tempo, profonda. Direi che lui ci è riuscito alla grande!
Per gli altri tre brani fatti da Dinv ho voluto spaziare. C’erano giorni che sognavo davvero la Costa Rica, quindi la ricerca di un suono esotico è venuta spontanea. Per Chiudi gli occhi e Solo con te cercavo un suono più introspettivo per il primo, qualcosa di “più dolce” per il secondo. Entrambe le due prime produzioni realizzate da Dinv, mi hanno convinta sin da subito.
Il progetto è stato anticipato da qualche freestyle: un modo per dimostrare che rappare è sempre una tua peculiarità?
Si! Ci hai preso in pieno.
Certamente è vero che mi piace scrivere brani più cantati, fare pezzi estivi, dolci e romantici, ma io so rappare e questo resta fondamentale da dimostrare. Mi piace mettermi in gioco e credo che sia una delle parti che più amo della mia musica: rappare.
Non escludo che nei prossimi lavori ci sia un ritorno ad un rap un pochino più secco/crudo, anche perché dai… il rap è la cosa più bella di questo mondo!