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Intervista

Jack the Smoker e l’importanza del rap in “Ho fatto tardi”

Jack The Smoker Ho fatto tardi

Jack the Smoker si è sempre preso il suo tempo durante la carriera ventennale che lo ha visto protagonista nel fantastico mondo del rap. Non sorprende, quindi, che a distanza di 11 anni da V.Ita e 4 da Jack Uccide, il nuovo disco si chiami Ho fatto tardi.

Un titolo iconico, autobiografico, per certi versi, per un artista come Jack the Smoker che calca le scene dai tempi degli Spregiudicati ma che si è sempre dosato, per così dire. Anni fa, se si guardava alle varie tracklist dei maggiori dischi rap, il nome che compariva sempre era Jack the Smoker: En?gma, Ensi, Fritz Da Cat, Johnny Marsiglia, Crookers, Bassi Maestro, Mistaman…

jack the smoker

La lista è veramente lunghissima per chi si è creato la fama di ammazzafeaturing, ruolo che attualmente sta cedendo a Lazza: non è sicuramente un caso che Zzala sia presente nel disco nel pezzo Mister, con un altro king come Jake La Furia. Sono pochi altri i feat presenti, ossia Izi, Madman, Nitro e Dani Faiv, per un disco che punta a richiamare l’attenzione sulla vera essenza del rap: le punchlines. Le rime ad effetto che hanno sempre caratterizzato la carriera di Jack the Smoker non mancano nemmeno qui, ed è proprio lo stesso Jack a spiegarci qualcosa e ad analizzarne qualcuna, in questa intervista un po’ diversa dal solito…

Come hai scelto l’ordine della tracklist?

Non è stato facile trovare la giusta quadra da questo punto di vista. Se devo analizzarla nello specifico, nei primi due pezzi volevo introdurre la gente nel mood del disco, un po’ malinconico, un po’ nostalgico, con tante immagini richiamate alla mente ed uno storytelling che le narra. Fino alla sesta ho poi voluto ricreare un’altra parentesi, meno personale e più incazzata. Dopo il pezzo con Lazza e Jake ho voluto dare spazio al mio lato più intimo… Ho provato ad inserire i banger a metà, così da tenere alta l’attenzione lungo tutto l’ascolto. Mi riconosco che nel disco ci sono pochi filler, è un disco veloce, di 40’, che mantiene alta l’intensità durante questo tempo.

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Vita Vera mixtape, Machete Mixtape 4… Tu che avevi creato Game over, cosa pensi dell’uso della parola mixtape nel 2020? Ha ancora senso?

No, secondo me no. Potrebbero chiamarlo street album, come veniva chiamato ai tempi… Effettivamente Machete Mixtape in cosa è un mixtape e non è un disco ufficiale? Lo è perché un disco di crew, ma non lo è secondo me. È una questione di percezione, forse è un modo per dire all’ascoltatore “non è il disco ufficiale di”… Però cazzo, è effettivamente un disco ufficiale! Onestamente non l’ho capita nemmeno io questa trasformazione del mixtape, non Machete ma in generale. Ovviamente i mixtape non li fai più perché se utilizzi le strumentali altrui non puoi monetizzare, e se la gente non può monetizzare non fai più niente. Non esiste più il mixtape, però vogliono dirti che non è neanche il disco ufficiale… Non l’ho capito, te lo giuro!

Il rap italiano fa schifo, meglio se vado a Calcutta. Il pop italiano fa schifo, meglio se sparo a Calcutta“. Rispetto a quando hai iniziato tu, è vero che il rap è il nuovo pop?

Chiaramante il rap è il nuovo pop, però il rap inteso in senso ampio. Nella categoria “rap” io vedo gente che non fa barre, non fa rap come lo intendo io. Ma non che io sia un vecchio nostalgico rimastone eh, ma deve essere inteso come in America. Non capisco questa macro-categoria, ovviamente dovrebbe esserci una sorta di contenitore di black music che noi per background non abbiamo, quindi si fa tanta confusione. Le giovani teste che ascoltano rap si trovano in questo calderone tantissime cose che ti confondono le idee. Per i miei canoni, a volte nella categoria rap lo stesso rap c’entra poco e sinceramente mi fa un po’ cagare, ma mi rendo anche conto che ognuno abbia diritto di portare formule nuove, anche di rottura rispetto a quelle classiche. La nuova generazione vuole operare una frattura rispetto a quella precedente, fa anche parte del gioco…

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Un po’ come accaduto ai Grammy’s per la premiazione di Tyler, the Creator ed il suo IGOR come best rap album: probabilmente il disco meno rappato della sua carriera!

Tra l’altro! C’è gran confusione, adesso c’è la tendenza a premiare la versatilità dell’artista, però cazzo io vedo i vari J Cole, Kendrick Lamar che riescono a portare in alto la bandiera della qualità non snaturandosi. Ma anche quelli più ignoranti, io mi esalto pure con Conway. Io sono fatto così, io esprimo la mia, ma non tutti la pensano come me!

In Mister Lazza rappa “Zzala è per la gente, come i Dogo” citando il brano Per la gente. Forse è arrivato il periodo storico in cui vecchia e nuova scuola riescono a convivere, col rispetto dei nuovi verso i primi?

Sicuramente sì, anche se la loro non è nemmeno la “nuovissima” generazione, ne è già arrivata un’altra che è ancor più di rottura rispetto alla nostra roba! A volte penso che quando è uscito Mi fist loro avevano tipo 5 anni o non erano ancora nati, per forza di cose non possono conoscerlo e non possono immedesimarsi in quel modo di fare. Invece la generazione di Lazzino, di Dani Faiv o di Ernia, Rkomi hanno un legame affettivo nei confronti di ciò che è stato fatto a quei tempi, in particolare per i Dogo e per Fibra. Ovviamente l’hanno portato avanti, rifacendo per esempio recentemente un pezzo iconico come Puro Bogotà, ma si vede che loro hanno questo debito di riconoscenza nei confronti della generazione di cui anch’io ho fatto parte. In realtà si fa tanto anche in America: se senti i dischi di French Montana ci sono un sacco di hit anni ’90 ricampionate, Harry Freud in ciò è un mago. Fa sicuramente piacere, è giusto ma non doveroso, nessuna generazione deve niente a quella prima.

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Una come te è un brano molto intimo, e la produzione di Mace e Venerus crea la giusta atmosfera. Il pezzo è dedicato a qualcuno in particolare?

Il brano è un racconto di un’esperienza passata, in questo disco è un processo che ho fatto spesso, tra l’altro. Anche in V.Ita ho parlato di questa storia, adesso ho una relazione di lunghissima durata ma in questa canzone ho rivissuto un’emozione vissuta tempo fa: succede quando le persone sono di due generazioni differenti ed una vuole fare un passo importante. Allora tu la lasci andare per poi rimpiangere questa scelta più avanti, dicendomi che avrei dovuto fare la cosa più normale del mondo, ossia seguirla. Fondamentalmente il senso del pezzo è quello, il raccontare un’esperienza sicuramente passata ma che è parte del mio vissuto.

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