I fratelli Musilli, in arte Hill Maza e KillJoy, pubblicano il loro mixtape Hextape vol.2 – The second coming, seguito di Hextape vol.1 (2016). Il lavoro ci porta indietro ad un rap di altri tempi, molto anni ’90 nel mood generale, nella ritmica serrata delle punchlines e nell’approccio alla scrittura, anche se il duo non si fa mancare strumentali più da “nuova scuola” e qualche spruzzo qua e là di autotune .
Testi
I testi non si sviluppano in un concept album, ma sono, più che altro, una raccolta di idee e riflessioni tenute insieme da una linea sonora omogenea, come si faceva nei mixtape vecchio stile. I temi, infatti, vanno dal puro egotrip, alla critica contro la società e la nuova scena rap, fino a momenti più introspettivi (come nei pezzi Non è la mia o Non c’è bisogno). La parte delle lyrics è di sicuro la parte più riuscita del lavoro. Hill Maza e KillJoy mostrano il loro talento da liricisti in un disco pieno di riferimenti ricercati, incastri, punchlines.
Ferro e fuoco a Stalingrado, armata rossa e classe da operaio
Tutta questa fotta a risvegliato il daimon.
Non dico mai tornati o congelati come Baki
Quarto disco in quattro anni, dove cazzo siete stati?
Strumentali
Il progetto di Hill Maza e KillJoy è interamente prodotto da Dopeboyzmuzic. Le basi alternano uno stile anni ’90 a sonorità più moderne, a tratti persino trap, come nel pezzo Chi rimane o nel singolo Andrew Jones. Verso la fine del disco c’è pure spazio per l’elettronica di Bar(s)tender.
Le strumentali sono piene di sample e cercano di variare tra vecchia e nuova scuola. Il tutto, però, risulta piuttosto uniforme, motivo per cui non ci sono momenti musicali che rimangono particolarmente impressi dopo aver ascoltato l’album dall’inizio alla fine.
Stile
Lo stile, come per le strumentali, ha al suo interno elementi che provengono da decadi differenti. In particolare, le metriche e l’approccio alla scrittura sono un esercizio di stile, ma anche una dimostrazione di come il rap degli Hexproof provenga da quella cultura Hip hop che ancora voleva comunicare dei contenuti di un certo peso. Anche la grafica del disco è stata realizzata con uno stile, per così dire, vintage rispetto alle copertine a cui siamo stati abituati negli ultimi anni.
Di contro, le strumentali sono spesso più vicine alle sonorità moderne e cercano di dare un sapore più fresh al prodotto musicale.
Tuttavia, questo alternarsi di stili non sempre risulta convincente e forse il duo non si trova completamente a proprio agio con autotune e con un certo atteggiamento “spaccone” che ogni tanto cerca di emergere. Nello stesso singolo Andrew Jones, la potente base nasconde la parte vocale, che non riesce ad essere allo stesso livello di “energia” . Convincono sicuramente di più i pezzi in cui Hill Maza e KillJoy si lasciano andare a momenti conscious.
Nel suo complesso, il lavoro può essere considerato il tentativo di due ragazzi, nati e cresciuti artisticamente in una cultura Hip hop differente, di far sentire, da un lato, le loro origini musicali e, dall’altro, di dimostrare la loro capacità di produrre musica anche con uno stile più vicino alla nuova wave.