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Intervista

Hill Maza e KillJoy, “Hextape vol. 2” tra vecchia e nuova scuola: l’intervista

hill maza killjoy

Il duo Hill Maza e KillJoy, dopo aver pubblicato Hextape vol.1 (2016), torna nel 2020 con un nuovo mixtape: Hextape vol.2 – The second coming (clicca per leggere la nostra recensione). I percorsi musicali seguiti in questi anni dai fratelli Musilli (aka Hexproof) sono molto diversi, ma ad unirli è il background del loro vissuto e le medesime influenze musicali. Ed è proprio il trascorso comune, musicale e personale, a fungere da filo conduttore di questa collaborazione.

Il lavoro, tra le altre cose, ci racconta una giovinezza trascorsa in strada, ascoltando i grandi miti della old school, sia italiana che internazionale. I due rapper, poi, provano a contaminare il mood anni ’90 delle lyrics con basi moderne e sonorità che in certi momenti sfociano in veri e propri pezzi trap.

hill maza x killjoy

Abbiamo fatto due chiacchiere con Hill Maza e KillJoy che ci hanno raccontato qualcosa riguardo la loro collaborazione e del rapporto che hanno con la moderna scena rap.

Nel 2016 è uscito il vostro primo mixtape Hextape vol.1, nel 2017 avete presentato il singolo Raudi vs C4. Cosa vi ha portato a lavorare di nuovo assieme nel 2020? 

Hill Maza: Sicuramente c’era la voglia di rimettersi in gioco dopo un periodo di fermo così lungo, dove in realtà avevamo diverse idee in ballo riguardo le nuove uscite. Poi l’idea del Volume 2 ha messo tutti d’accordo.

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KillJoy: Principalmente la pandemia. Scherzi a parte, il lockdown è stato fondamentale in termini di tempo libero da poter dedicare al progetto, dato che facciamo lavori differenti e con turni e impegni vari riusciamo raramente a incontrarci.

Che obiettivo vi ponete con questo progetto?

Hill Maza: L’obiettivo era quello di ripartire dopo il Volume 1 e i progetti solisti. È stato tutto molto spontaneo, sia nella stesura dei testi che negli argomenti trattati. Per noi il mixtape deve essere più come un flusso di coscienza che un vero e proprio disco. Per questo c’è stata una ricerca di omogeneità a livello di produzioni, che vengono tutte da un unico produttore (Dopeboyzmuzic, ndr).

Avete qualche altra collaborazione in cantiere o dopo questo mixtape entrambi riprenderete con le vostre carriere soliste?

KillJoy: In realtà stavamo lavorando ai nostri progetti solisti già durante la realizzazione del mixtape. Insieme, poi, abbiamo deciso di rimandare queste uscite per concentrarci sul progetto comune. Quindi lavori in fase di realizzazione ce ne sono, ma non voglio anticipare più di tanto…

Nel disco non vi risparmiate nelle critiche verso la scena rap. Secondo voi cosa non va attualmente nel rap italiano?

Hill Maza: In realtà, come ho già detto, è stato più come un flusso di coscenza, per cui non c’era sul nascere l’intenzione di attaccare Tizio o Caio. Non è una cosa che mi interessa. Infatti, non ci sono riferimenti: parlo solo di quello che vedo e penso, niente di più.

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KillJoy: Sono cresciuto ascoltando un tipo di rap che comunicava. Credo attualmente ci siano molti rapper validi, ma anche tanto nulla travestito da novità. Non è una critica alla scena, ma una presa di coscienza.

I testi comunicano chiaramente il vostro background anni ’90 citando artisti come il Wu-Tang Clan o l’indimenticabile Speaker Demo. Due con la vostra cultura musicale come si pongono con le nuove generazioni di rapper?

KillJoy: Il rap continua a cambiare con l’avvento delle nuove generazioni. Sotto alcuni punti di vista è un cambiamento sano, sotto altri è un passo indietro. Prima si rappava per bisogno, oggi, invece, sembra che tutti abbiano bisogno di rappare. La figura del rapper sembra ormai un nuovo modello italiano, simile al calciatore o al tronista. Quello che mi viene da dire è che forse si parla poco di se stessi nei brani e si sente quando le cose raccontate non sono vissute realmente.

Però nel mixtape tentate di utilizzare strumenti moderni come autotune o basi trap. Le vostre critiche, quindi, non sono anche musicali?

Hill Maza: Assolutamente no! Anzi, è un bene che il genere cambi periodicamente, dipende sempre dall’uso che ne fai. Non c’è niente di male nel rappare su sonorità trap o di altro genere. Quello che non va è copiare esattamente quello che viene fatto all’estero per poi portarlo in Italia. Ad esempio: se devo ascoltare la copia di un qualunque artista americano, preferisco ascoltare l’originale. “Chi se ne frega di Zucchero se c’è già Joe Cocker”.

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