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Approfondimento

Quando il rap italiano viveva di centri sociali e università

concerto rap italiano

Negli ultimi anni, ci siamo abituati ad artisti rap che con testi leggeri, basi trap e ritornelli pop sono riusciti a sfondare il mainstream della musica del nostro paese. Per capire le origini del rap italiano, però, bisogna fare un salto temporale indietro di trent’anni ed immergersi in un contesto culturale e stilistico completamente diverso da quello attuale.

Oggi abbiamo deciso di prendere la macchina del tempo per viaggiare attraverso i centri sociali e gli ambienti universitari a cavallo fra gli ’80 e i ’90. Scoprire il loro impegno politico, assaporare la loro voglia di rivoluzione. Solo così, infatti, si può capire dove il rap italiano ha affondato le sue radici e qual è il lungo percorso che ha portato il genere a quello che conosciamo ora.

I primi passi del rap italiano

Il rap, insieme a tutto il movimento Hip Hop, arriva in Italia ad inizio anni Ottanta. In tal senso, un punto di svolta fondamentale fu l’arrivo del primo tour internazionale di Afrika Bambaataa. Il movimento inizia a muovere i primi passi in alcuni luoghi diventati poi culto come “il muretto” in Corsia dei Servi a Milano, la Galleria Colonna a Roma e i marmi del Teatro Regio di Torino.

All’epoca, il rap non si sosteneva ancora come genere autonomo all’interno del panorama musicale italiano. Infatti, i primi esponenti della scena, soprattutto nella zona bolognese, si mescolavano spesso con gli ambienti hardcore del punk o del metal. Ad esempio, Neffa, prima dei Sangue Misto e dei lavori da solista, inizia la sua carriera musicale come batterista del noto gruppo hardcore punk Negazione.

Neffa Negazione
Neffa con i Negazione -Fonte: vandalo.blogspot.com

Nonostante il fermento musicale che si sta creando intorno al movimento Hip Hop, per gran parte degli ’80 nessuno si è avventurato a scrivere rap in italiano: metriche, sillabe, accenti, tutto sembrava rendere la lingua italiana incompatibile con la musica rap.

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Il primo storico disco di rap italiano è il vinile di Onda Rossa Posse (1990), autoprodotto nella sede di Radio Onda Rossa in Via dei Volsci 32 a Roma. Il prodotto è crudo, arrabbiato, al 100 per cento underground, e risulta emblematico di come il genere, in quegli anni, si stava sviluppando all’interno della lotta politica.

Dopo Onda Rossa Posse, decine di gruppi nei centri sociali occupati iniziano a rappare in italiano su basi elementari e testi a sfondo politico.

“C’è un prima e un dopo Onda Rossa Posse. Nessuno inventa niente, ma il destino ha voluto così. Perché c’era già il rap in Italia, ma si faceva in inglese guardando al modello americano. Loro avevano un proprio linguaggio e una propria cultura, noi la nostra. Così abbiamo riportato il rap alla sua essenza: interazione ed empatia con la comunità che ti sta intorno. Dopo Onda Rossa Posse è diventato ridicolo fare testi in inglese”.

Militant A, intervista su Rolling Stone
onda rossa posse rap italiano

Il periodo delle posse e l’impegno politico

Inizia così il periodo delle posse. Posse è un termine proveniente dallo slang americano, usato per indicare una banda o un gruppo organizzato (anche di tipo criminale), che è stato adottato dalle formazioni musicali nate all’interno dei centri sociali italiani a cavallo degli anni ’80 e ’90.

Ogni centro sociale occupato ha la sua posse in quegli anni: LHP, Lion Horse Posse, al Leoncavallo a Milano; Isola Posse All Stars all’Isola nel Kantiere di Bologna; 99 Posse all’Officina 99 di Napoli; Onda Rossa Posse a Roma, in Via dei Volsci e al Forte Prenestino, e tante altre.

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Anche il secondo disco di rap in italiano proviene da una posse: la sopracitata Isola Posse All Stars di Bologna. Il lavoro nasce all’interno della campagna lanciata dal centro sociale di Bologna Isola Kantiere in risposta alle stragi compiute in quegli anni dalla Banda della Uno Bianca.

C’è la lotta studentesca nelle primissime espressioni del rap italiano. C’è la rabbia sociale, l’impegno politico, il sogno del socialismo. C’è la lotta contro la criminalità organizzata, ma anche la critica verso l’operato delle forze dell’ordine. C’è Stop al panico degli Isola Posse All Stars con cui la scena bolognese reagisce allo stragismo delle bande criminali, ma anche i 99 Posse che suonano O’ documento contro l’autoritarismo della polizia.

99posse

La fine del periodo politico

Il periodo delle posse dura poco. Già negli anni di apice del movimento, ci sono molti esponenti della scena rap italiana che considerano eccessivo l’impegno politico della musica prodotta dalle posse.

“Il fatto di vedere la matrice politica che diventava più importante del contenuto sociale per noi era quasi una bestemmia, anche se era una cosa di sinistra con cui noi potevamo sentirci in sintonia.”

Ice One nel documentario Numero Zero: le origini del rap italiano

Il rap inizia, quindi, ad affrancarsi dal mondo dei centri sociali e delle posse: gli Onda Rossa Posse diventano gli Assalti Frontali, da Isola Posse All Stars nascono i Sangue Misto, Speaker Deemo arriva col suo intramontabile (e anche unico) disco Sfida il buio. Nel 1994, Frankie Hi-NRG MC pubblica Verba Manent, il primo album di rap italiano distribuito da una major. Dopo qualche anno, gli Articolo 31 col loro funky rap e la loro ironia conquistano i primi grandi successi commerciali del genere, segno che il rap italiano aveva già subito una prima evoluzione rispetto alle sue origini più strettamente politiche.

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L’elemento politico nella scena attuale

Se nei primi anni del genere l’impegno politico poteva risultare anche troppo esasperato, nella scena attuale questo elemento sembra del tutto scomparso. Rapper che fanno una musica impegnata politicamente in maniera esplicita, come avveniva nel movimento delle posse, non ce ne sono più. Ma anche gli artisti che producono rap con un qualche messaggio sociale si possono contare sulle dita di una mano: Caparezza, Willie Peyote, Kento e forse pochi altri.

Da un lato, una musica troppo schierata è stato un limite che ha rallentato lo sviluppo del rap in Italia per un certo periodo, ma, dall’altro, l’impegno sociale è qualcosa che sembra in effetti mancare alla scena del nostro Paese, dal momento che il rap nasce proprio come un genere di protesta e lotta civile. La musica si evolve ed è giusto che anche il rap non rimanga fermo a quello che era alle origini, ma tra le varie wave che si sono sviluppate nel genere (conscious rap, gangsta rap, trap, etc.) quella legata all’impegno sociale appare la più sottorappresentata all’interno della scena italiana degli ultimi anni.

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