Il vostro artista preferito ha posticipato la pubblicazione del disco per colpa della quarantena? Vi annoiate e siete stufi delle playlist di Spotify sulle nuove leve che hanno fatto la gavetta su TikTok? Niente paura, ecco una nuova puntata di Rewind, la nostra rap-retrospettiva: un tuffo nel passato attraverso il quale potrete riscoprire album, provenienti dal panorama Hip Hop sia italiano che internazionale, che non vogliamo dimenticare. Simile ad una macchina del tempo itinerante, i vari episodi che andranno a comporre la rubrica avranno il compito di riportare alla luce quei dischi seppelliti nei meandri della memoria, belli o brutti che siano, o perché no, farvene scoprire di nuovi.
Anno domini 2013: mentre il rap italiano comincia a sbracciare per farsi spazio nel panorama mainstream, Nitro Wilson, al secolo Nicola Albera, è un ragazzo vicentino di soli 20 anni. Lunghi capelli biondi, un look a metà tra Kurt Cobain e Axl Rose, rabbia da vendere. La fama che si è guadagnato parla chiaro: un freestyler dalle eccezionali capacità tecniche e di improvvisazione che ha ben figurato alle due edizioni del talent MTV Spit a cui ha partecipato (2012 e 2013), arrivando per due volte in finale, ma uscendone entrambe le volte sconfitto, prima per mano di Ensi (in un’epica battle) poi per mano di Shade. Insomma, se il primo giudizio fosse sentenza insindacabile e definita circa il percorso artistico di un qualsiasi individuo, MTV Spit avrebbe già calato la mannaia su Nitro, facendone il più classico degli eterni secondi. La storia ha tuttavia dimostrato il contrario (per fortuna)…
Il 16 Luglio 2013 Nitro dà vita a Danger, primo album ufficiale da solista, pubblicato sotto l’attento sguardo di Machete, la crew fondata da Salmo, DJ Slait, En?gma e Hell Raton, capace in quegli anni di metter d’accordo in tanti e di rivoluzionare incredibilmente un panorama fin troppo legato alle vecchie regole dell’editoria musicale. Sono passati 7 anni da quell’estate, un anniversario che mi ha offerto l’opportunità di riflettere su un disco tanto importante per me, quanto spartiacque per l’epoca, capace di metter a tacere una volta per tutte i soliti luoghi comuni de “i campioni di freestyle non sanno scrivere”.
Testi
Prima ancora di immergermi nell’analisi dei testi, vorrei sottolineare il fatto che al momento dell’uscita di Danger, Nitro aveva 20 anni. A tal proposito mi chiedo: di cosa scrivono i rapper ventenni (con milioni di stream su Spotify) oggi, nel 2020? Lascio a te, lettore, la risposta.
Danger è un disco che spesso ho sentito definire “facile”, ma che in realtà cela al suo interno significati tutt’altro che banali: ogni traccia rappresenta una sorta di film, fotogrammi che si susseguono veloci descritti in modo acuto e incisivo da una colonna sonora d’effetto e dalle parole di un giovane Nitro. Si apre con Zero (0), una sorta di infarinatura che proietta l’ascoltatore nel clima cardine del disco. Bastano i primi due versi:
Questa è la rabbia che il primo non conosce, ma è per davvero / E che raccoglie il secondo, che si sente numero zero
Si chiude con Mr. Anderson. Ispirata sin dal titolo a Matrix, storico film del 1999 che sconvolse il mondo intero, la traccia regala all’ascoltatore un’attenta e critica visione della realtà dell’epoca:
Qui siamo tutti anestetizzati sei pronto per il risveglio? / Clicca su “mi piace” droga gratis del terzo millennio questa è Matrix
Nel mezzo, altre 9 tracce in cui un attento ascoltatore rischia di perdersi tra mille riferimenti: dai versi citati dei vari E-Green, Club Dogo, e Fibra, ai richiami al mondo del dello sport, dei videogame e del cinema. La passione di Nicola per l’arte cinematografica è enorme, e Danger ne è la prova. Da Toxic Avenger, storico film del 1984 citato proprio nella traccia Danger, alla citazione ripresa dal film Il Corvo – The Crow (“Vorrei corrodere la mente, mentre un corvo dice non può piovere per sempre”), fino a Davy Jones e Jason Bourne, entrambi citati in Storia di un presunto artista e protagonisti rispettivamente della celebre saga Pirati dei Caraibi e dei romanzi di Robert Ludlum.
C’è poi un pezzo rabbioso dedicato all’hip hop (Kill The All), e una traccia dedicata alla Machete (Family Affair), una vera famiglia per il rapper vicentino. Non mancano tentativi di dare ampiezza al disco con tracce più personali e in alcuni tratti quasi cantate. Margot ne è un esempio, la traccia più intima del disco. A fare da protagonista una storia d’amore dove non c’è dolcezza, ma solo sofferenza, narrata con un’accezione rabbiosa ma al tempo stesso malinconica.
“Balleremo ancora in mezzo al fango, Mentre canto, tu sei come Marla, sei il mio cancro. Quando siamo a letto, spesso io non parlo e c’ho l’inferno dentro anche se sembro calmo. Piango e guardo questa Venere che spegne sigarette sul mio cuore, portacenere”
Anche qui altra allusione cinematografica: Marla è difatti la protagonista femminile di Fight Club, film culto di David Fincher, già citato nella quinta traccia Family Affair.
Strumentali
A livello sonoro, Danger è un disco che spazia in molteplici direzioni. Il merito è sicuramente dato dalla scelta di affidare ogni traccia a un beatmaker diverso, contrapponendosi all’assenza completa di featuring. Si va dai nomi più affermati dell’epoca, quali Squarta, Deleterio e il monumentale DJ Shocca in Back Again, fino alle nuove leve, rappresentate ad esempio da Denny The Cool e Strage. Il richiamo soprattutto sonoro agli ultimi lavori della Machete, come già accennato, è netto. Mr Anderson e Danger fra tutti sono colmi di elementi elettronici e dubstep con un approccio molto metal. Altri tappeti musicali sono invece appositamente pensati per tracce più riflessive e personali, con piano e bassi che scorrono lentamente (vedi Without You). Ancor più che per i testi, nel complesso incontriamo produzioni innovative e degne di nota, affiancarsi ad altre piuttosto piatte e dimenticabili.
Stile
Danger non è un album perfetto, certo. Lo stesso Nitro lo definì mesi dopo l’uscita come “una fatica incredibile, ma molto lontano da quello che io chiamo disco perfetto”. L’influenza che la Machete Crew ha impresso al disco è forte, se non fortissima. Ci sono tracce con le stesse sonorità del Machete Mixtape 2 o di Midnite di Salmo, ma questo non è necessariamente un difetto, anche se, a tratti, appare eccessivo.
Nitro compie due scelte stilistiche degne di nota: la prima è la brevità, che premia sì la scorrevolezza dell’album, che si può davvero sentire tutto d’un fiato, ma che ne fa un disco forse troppo veloce. Non parlo solo di durata, l’impressione è che si poteva prendere ancora un po’ di tempo per perfezionarlo in alcuni passaggi. La seconda è l’assenza di featuring: le luci della ribalta sono puntate esclusivamente su Nicola, dando un ritratto nudo e crudo del messaggio che vuole trasmettere e del suo stile, senza influenze di alcun genere. Così facendo, Nitro stesso resta sempre al centro dell’attenzione, in quello che è il suo biglietto da visita ufficiale.
Il rap volteggia tra un’autoreferenzialità non arrogante, ma al contrario cupa e fiera, con vene spiccatamente autodistruttive e disilluse, in alcune occasioni misogine, e una grande ricchezza di riferimenti a letture, cinema, arte e musica. Nicola ha il merito di saper affiancare riflessività, profondità, e fedeltà ai suoni più tradizionali a sfoghi viscerali e senza peli sulla lingua:
Morgan mi manda un SMS “dietro te la tiri?” / cosa? Come se lui non lo facesse!
(Kill all them)
Anche se metricamente impeccabile, Danger “gode” della presenza di alcuni luoghi comuni evitabili, tanta carne al fuoco, e qualche caduta di stile, sopratutto a livello lirico. Al primo album ufficiale di un ragazzo ventenne tutto questo può essere perdonato. Menzione speciale per due campionamenti degni di nota: il primo è lo spezzone di Crank, che apre il disco all’inizio della traccia 0, mentre il secondo è il famosissimo “I ain’t no joke” del pezzo omonimo di Eric B. & Rakim in Back again.