
Finalmente, è uscito 17, il joint album di Emis Killa e Jake La Furia (a proposito, se sei interessato, abbiamo intervistato i due rapper!).
Tra le tracce che compongono l’album spicca lo storytelling di Renè e Francis, in cui Emis e Jake raccontano la storia dei due uomini nel titolo.
Ma chi sono Renè e Francis?
Renè e Francis, meglio conosciuti come Renato Vallanzasca e Francesco Turatello, sono due criminali italiani.
Le malefatte di cui sono stati protagonisti si sono svolte principalmente a Milano, negli anni Settanta. In particolare, “Il Bel Renè“, grazie alle sue gesta, si è guadagnato ben 4 ergastoli e una condanna a 294 anni di reclusione! Be’… immagino che sia difficile immaginare di scontare una pena simile.
Ripercorriamo la storia dei due criminali analizzando il testo del brano!
Chi è Renato Vallanzasca, “Il Bel Renè”
“Mentre gli altri bambini al parco scambiavano figurine
Io mi facevo le ossa in un carcere minorile”
In questa canzone, Emis Killa interpreta la parte di Renè.
Vallanzasca è nato nel 1950 a Milano. All’età di appena otto anni avviene il primo episodio di delinquenza: con un amico tenta di far uscire da una gabbia la tigre di un circo. I due bambini, scoperti, vengono prelevati dalla polizia e portati immediatamente al carcere minorile.
Questo è solo l’inizio di una lunga storia; il primo di tanti atti.
Infatti, durante gli anni scolastici di Renè, arrivano i primi furti e taccheggi. Insomma: mentre gli altri bambini pensavano a divertirsi e a giocare, Vallanzasca era già pienamente attivo nel suo… “lavoro”.

La bella vita e la Banda della Comasina
“Poi le prime rapine mentre i miei fra’ in Comasina
Si ammazzano con l’ero’, nei ’70 non tira la cocaina”
Verso il 1970 avviene la svolta definitiva: nasce la Banda della Comasina, di cui Vallanzasca era il boss.
Se siete interessati a saperne di più su di loro, la storia della banda è raccontata nel libro “Il fiore del male” e nel film “Gli angeli del male“.
Il secondo verso spiega che, in quegli anni, in Italia la droga non era ancora un business redditizio, ma solo un mercato in (rapida) crescita. Nel nostro paese, infatti, l’eroina e la cocaina iniziarono a comparire proprio durante gli anni ’70, assieme ai primi casi di overdose.
“Io ne ho poco più di 20, ma sto sopra questi
Donne e soldi, ferri sporchi sotto belle vesti”
Vallanzasca negli anni ’70 era poco più che ventenne, e le sue azioni poco ammirabili lo portarono ad arricchirsi in fretta. Renato inizia quindi a fare la bella vita: vestiti firmati, gioielli, auto di lusso e belle donne. Per via di questo suo stile di vita e del suo aspetto fisico, il giovane si guadagna il nomignolo de “Il Bel Renè“.

Le faide tra Renè e Francis
“I morti e gli arresti, poi la faida con Francis
Le foto al TG con le vittime dei sequestri
Bene, ormai abbiamo capito chi è Renato Vallanzasca… ma perché viene affiancato a Francis nel titolo del brano?
Semplice: Renè e Francis erano due grandi rivali, entrambi a capo di due bande concorrenti. Tuttavia, i due un giorno sarebbero diventati amici in carcere, con Francis addirittura presente al matrimonio di Renè.
A proposito di “sequestri“, il più famoso resta quello ai danni di Emanuela Ferrari, figlia sedicenne di un imprenditore milanese.
“Non sparo mai per primo, ma al piombo rispondo
‘Sto sbirro sa quello a cui va incontro”
Questi versi sono un riferimento a un’intervista fatta a Renè. Nel video, egli dichiara di non aver mai sparato a nessuno per primo; e che se qualcuno lo minaccia con una pistola, allora deve “giustamente” aspettarsi una reazione violenta come risposta.
Dopo esser stato imprigionato, negli anni ’70, Vallanzasca architetta un piano per evadere. Dopo la fuga, il latitante attraversa un periodo pieno di rapine e omicidi. Tra gli assassinii, contiamo anche quelli di quattro poliziotti (“sto sbirro sa quello a cui va incontro“).
A proposito, sapete come Vallanzasca è fuggito dalla prigione? Facendosi portare in ospedale dopo aver contratto l’epatite.
E come ha contratto l’epatite? Iniettandosi urina in endovena.
Già.
Chi è Francesco Coppola, “Francis”?
“Si dice che mio padre avesse tre dita
Che le avesse perse in banca col mitra”
Inizia ora la strofa di Jake La Furia, ovvero Francis Turatello.
Francis nasce nel 1944 da un padre ignoto. Secondo alcune fonti, tuttavia, Francis è figlio del boss mafioso Frank Coppola.
Il presunto padre era noto anche come “Frank Tre Dita“, perché pare avesse perso il suo mignolo e il suo anulare durante una rapina in banca.

“Mi ha passato nome, fama e il mestiere
Comandavo strade, bische e galere”
Francis inizia la sua carriera come ladro di auto; ma con il tempo, anche lui finisce a capo di una banda criminale. Con i suoi uomini controlla bische clandestine, giri di prostituzione e organizza rapine varie.
Pare che l’attività di prostituzione gli fruttasse decine di milioni di lire a serata (più di 50.000€!); come viene anche detto in un verso successivo: “Dieci pali al giorno dalle puttane“.
Un verso successivo dice “Coi marsigliesi di Albert Bergamelli/ Pesavo i chili nelle stanze degli alberghi”. Infatti, l’attività di Francis vede anche la complicità della banda dei marsigliesi; un clan romano guidato da Albert Bergamelli che operava nel traffico di droga.

La morte di Francis
“Alla fine mi hanno chiuso in un’isola in mezzo al mare
40 coltellate mi hanno dato, ma mi hanno reso immortale
Il mio cuore l’hanno tolto dal petto dentro una cella
L’hanno preso, morsicato e buttato per terra”
La vita di Francis ha visto una sanguinosa e violenta fine.
Dopo l’arresto del 1977, Francis viene condotto in un carcere di massima sicurezza in Sardegna.
Qui, il 17 agosto 1981, Turatello viene immobilizzato da un paio di uomini, e accoltellato decine di volte.
Gli organi di Francis, ridotti a brandelli, si dice che siano stati addentati dagli assassini in segno di disprezzo.

Cosa possiamo imparare da Renè e Francis?
È interessante il verso “40 coltellate mi hanno dato, ma mi hanno reso immortale“.
Perché? Perché descrive una realtà innegabile: “la funzione eternatrice“, non “della poesia“, ma delle gesta che compiamo in vita.
Le opere che facciamo, buone o cattive che siano, potrebbero renderci immortali. Anche quando il nostro corpo sarà solo polvere, le nostre memorie resteranno per sempre impresse nella storia.

Siamo tutti immortali. Potremmo credere che solo alcuni di noi verranno ricordati nella storia, mentre molti, invece, cadranno nell’oblio del tempo… ma in realtà siamo tutti immortali.
Perché? Perché ogni azione che facciamo, persino la più piccola, avrà delle conseguenze più o meno grandi. Questo è l’Effetto Farfalla: il principio che dà a ciascuno di noi un motivo per dare valore alla vita e alle scelte che facciamo.
Non importa chi tu sia, umano o animale, o quanto tu sia grande o intelligente: le azioni che fai avranno delle conseguenze. Ogni essere vivente dovrebbe dare importanza alle proprie azioni.
Questo è il messaggio che voglio lasciarvi: state attenti a quello che fate, alle idee che seguite o a quello che dite.
Cos’è che deciderà la persona che sarete? Una piccola azione, partita quasi per gioco.
Esattamente come quella tigre che Renè liberò quando aveva appena 8 anni, e che lo “condannò” non al carcere minorile… ma alla persona che è stata.