Eccoci di nuovo tra le nostre righe, come state? Ottobre è ormai iniziato: scuola, lavoro e vita sociale stanno riprendendo, oppure sono già riprese da un po’, poco alla volta. Io ho ancora la mente alle calde, placide e lunghe giornate di Agosto in cui pigra e persa nel telefono ne scrollavo lo schermo.
Proprio in questo girovagare virtuale, tanto diffuso oggi anche a causa della Pandemia globale, ho incrociato, prima di sfuggita e interessata poi, un libro dal titolo davvero particolare: Stradario Hip-Hop, di Nexus, edito da Alegre, Quinto Tipo, collana diretta da Wu Ming 1.
Appena letto Stradario, puntuali hanno riecheggiato nella mia mente le parole finali di una nota canzone di Marracash:
«Strada, strada, strada, strada. Però in strada avete preso solo freddo» (Valentino, prod. 24SVN , Album Marracash – 10 Anni Dopo, 2018).
Così, vagamente infastidita dalla canzone che avevo in loop ormai e incuriosita da questo titolo tanto d’impatto quanto vago, eppure definito, ho chiesto se avessi potuto leggerlo così da togliermi fastidio e curiosità.
Voce del verbo vivere l’Hip- Hop
Stradario si sviluppa in 320 pagine che passo passo si rivelano strade, boulevard, incroci e rotatorie: una vera e propria mappatura dell’Hip Hop. Sono pagine scritte da un b-boy consapevole, critico e capace di fare addentrare chi legge in sentieri complessi, diretti verso temi inediti e non, e di farlo imitando passi di danza sciolti, precisi e puntuali, con la postura particolare, appunto, di chi vive l’Hip Hop a partire dal breaking. Tuttavia, non si limita alla sua disciplina: va in profondo, come un archeologo paziente e caparbio negli anni e attraverso vari posti: Italia certo, ma anche Stati Uniti e Europa. Stradario Hip-Hop è l’esito, infatti, di un processo di vita, di ricerca personale e professionale lungo tredici anni (p. 305). Frutto di crisi, di stop, di ripartenze, come tante che si hanno nella vita, e di tenaci entusiasmi.
Alla ricerca del vero Hip Hop
Stradario Hip-Hop fa comprendere come spesso la subcultura Hip Hop sia stata sovrapposta al Rap, e come il Rap sia in realtà uno tra i tanti elementi, quattro di base (DJing, Breaking, Mcing e Writing), guidati dai valori di «Pace, Unità, Amore e Divertimento», a cui si aggiungono la Conoscenza – che regna sovrana– «Beatboxing, Street Fashion, Street Language» e «imprenditorialismo Street» (p. 12). Nove in tutto.
È poi un libro mosso dalla passione che a tratti diverta ossessione, disincanto ma anche fiducia nei confronti dei diversi usi di cui si può fare di questa SubCultura globale, eppure sfuggente e caleidoscopica.
Ma che cos’è, allora questo Stradario così ondivago che tra interviste, episodi autobiografici, studi circa le origini del vero Hip Hop, che ne conosce i punti di forza, ma anche le debolezze – come il diffuso sessismo e le sue derive a Destra?
Per me è stato un modo per perdermi, ricorrendo strade e danze/culture che non conoscevo, come quella Ball; ma è stata anche un’occasione per orientarmi tra i miti dell’ Hip Hop, i film che l’hanno raccontato e tra i suoi studi critici. Mi hanno interessata davvero tanto, ad esempio, gli Hip-Hop Feminism Studies nati dalle riflessioni di Joan Morgan (2006) e di Patricia Hill Collins e Aisha Durham (2007). Quindi, come spiega puntuale Nexus, lo Stradario Hip-Hop:
«Un ibrido fra saggio e romanzo che intersecava a treccia la storia dell’hip‑hop, dei miei tentativi di raccontarla e della scrittura del libro stesso, all’interno di una sorta di cartina letteraria fatta di incroci e percorsi esplorabili a piacimento. Poteva starci? Meglio non pensarci…»
p. 277
L’Hip Hop: racconto a più voci
È quindi un testo davvero stratificato e che forse per comprenderlo a livello profondo richiede più di una lettura distratta; perché è un libro davvero eterogeneo nato da mescolamento originale, non banale e stiloso di fonti molto diverse tra loro. Stradario per questo non ha tanto un unico filo conduttore –per questo più essere un po’ dispersivo – ma il risultato del racconto di più storie che s’intrecciano, che si sfregano, oppure si sfiorano alle volte per anni, come la corrispondenza con Phase Two, oppure le interviste con Danno.
L’importanza di aver più storie per comprendere, ad esempio, un fenomeno subculturale globale mi ha ricordato il celebre libro di Chimamanda Ngozi Adichie, Il pericolo di un’unica storia (2020) in cui la scrittrice nigeriana afferma che un’unica storia è pericolosa: crea stereotipi, che sono incompleti (pp. 14-16). Ecco, Stradario è un insieme di storie, di posti, di persone e dei loro echi nel tempo. Questo lo rende di una caotica ricchezza, come appunto una strada all’ora di punta e ciò nonostante è strutturato, lucido e dettagliatissimo: anche di collegamenti bibliografici, per chi si prende bene! Perdersi è bello, come ricorda Poe One (p. 58).
Infine, tra i tanti spunti racchiusi e forse celati – come scrive lo stesso Nexus a proposito delle canzoni nascoste (p. 302) o gettate come semi al vento qua e là – sono sicuramente gli interventi educativi realizzati utilizzando l’attitudine, l’impianto filosofico ed etico dell’Hip Hop ad essere molti significativi e stimolanti. Realizzati in realtà marginalizzate, come i campi nomadi romani, hanno avuto il merito insegnare alle generazioni più giovani il rispetto delle differenze tra le persone e l’importanza dell’impegno per elevarsi in una disciplina, così come nella vita di tutti i giorni: anche se si vive in un luogo di forte privazione e di disagio.
Questi usi educativi mi hanno ricordato un concetto sviluppato dalla scrittrice afroamericana Bell Hooks: per cui non si deve mai romanticizzare il margine spaziale e socio-culturale, agendo con soluzioni buone per l’immediato, occorre ricordare che gli stessi margini sono «luoghi di resistenza» (p.70, Elogio del margine, Feltrinelli, 1998).
«Segnali di fumo dalla mia tribù
Trovo la strada quando non la cerco più»
(Musica e Fumo (Re-edit), Colle Der Fomento, 2018 )