Dopo un anno e mezzo dall’uscita del suo ultimo disco, CoCo, al secolo Corrado Migliaro, è tornato per intraprendere un nuovo viaggio alla ricerca di se stesso. La data di partenza è oggi, venerdì 6 Novembre, la destinazione, invece, è Floridiana, parco napoletano dove l’artista ha trascorso la sua gioventù e titolo della sua ultima fatica discografica. Questa, prodotta da Island Records/ Universal Music Italia con BFM Music, nasce dall’incontro dell’intimismo tipico della scrittura di CoCo e della varietà sonora offerta da un team di producer composto da Fedele, Geeno, D-Ross e Startuffo e Dat Boi Dee. A questa squadra si sono affiancate le collaborazioni con Luchè, Rkomi, Geolier, Lil Jolie, Vale LP e Giaime che hanno arricchito delle loro esperienze un progetto estremamente autobiografico.
Per immergerci ancora di più nella vita di CoCo e per addentrarci nelle strade che portano a Villa Floridiana, abbiamo deciso di intervistarlo e ne è venuta fuori un’interessante chiacchierata incentrata su quanto essere se stessi ripaghi sempre.
È passato circa un anno e mezzo dal tuo ultimo disco, Acquario. In un’intervista in occasione della sua pubblicazione hai raccontato di non essere riuscito a tirare fuori tutto quello che stessi provando in quel periodo. Credi di aver espresso maggiormente i tuoi stati d’animo in questo progetto?
Diciamo che questo progetto è nato principalmente per riuscire a fare qualcosa che non ero riuscito a fare in Acquario, soprattutto dal punto di vista sonoro. In realtà questo non doveva essere un disco, ma un ep di 6 tracce. Poi durante il lockdown ho continuato a scrivere pezzi e alla fine è diventato una sorta di disco, anche se tuttora faccio fatica a definirlo il mio secondo disco ufficiale, proprio per il modo in cui ci ho lavorato. Preferisco definirlo come una raccolta di brani dell’ultimo anno che riflettono le mie sensazioni e i miei stati d’animo di questo periodo. Ad ogni modo, forse sono riuscito più dal punto di vista del sound ad inserire delle cose che non avevo incluso in Acquario.
Volendo continuare il confronto con i tuoi lavori precedenti, possiamo dire che il tuo mixtape d’esordio, La vita giusta per me, fotografi il tuo soggiorno londinese, l’ep successivo, Quanto ci costa essere noi, rappresenti la ricerca di un posto in cui, come recita il brano d’apertura, “sentirsi a casa”, mentre Acquario simboleggi il ritorno nella tua città natale. Cos’è, allora, che incarna Floridiana?
Io sento di essere ancora e sempre alla ricerca della mia dimensione, quella che lo sia al 100%, soprattutto per quanto riguarda il sound. Quindi Floridiana è per me solo l’ennesimo passo avanti, l’ennesimo percorso che sto affrontando, anche perché per me la musica è un continuo divenire.
Ciò che hanno in comune tutti i tuoi prodotti artistici è la tua capacità di farne uno specchio prima per la tua interiorità e poi anche per quella degli altri. Pensi che la possibilità di rivedersi nelle storie che racconti sia il tuo punto di forza?
Penso proprio di sì, se valuto il modo in cui mi segue chi mi ascolta. È qualcosa a cui non penso troppo, perché sono abituato a fare musica in questo modo, è l’unico modo in cui ci riesca, purtroppo o per fortuna. Per me scrivere è molto spesso uno sfogo. Essendo una persona introversa, riesco a comunicare molto di più tramite la musica, tramite il rap, rispetto che in altre forme nella vita di tutti i giorni. Però si, se analizzo il modo in cui le persone mi seguono sono sicuro che questo sia un grande punto di forza.
Il fatto di mostrarti al pubblico in modo così trasparente, anche con tutte le tue fragilità, ti fa avere paura di non poter essere compreso?
Sì, accade molto spesso. Naturalmente quando si racconta di cose molto personali, non tutte le persone possono coglierti al 100%. Allo stesso tempo sono sicuro che quando si è se stessi, si è spontanei e si fa qualcosa di sincero, anche se non subito, magari dopo un po’ di tempo qualcuno può avvicinarsi e può rispecchiarsi in ciò che stai dicendo, anche perché percepisce proprio quella sincerità in ciò che racconti. Poi dipende anche dal percorso di una persona. Ci possono essere ascoltatori che all’inizio non riescono a cogliere cosa tu voglia dire e poi magari dopo aver vissuto determinate cose, sì.
In Nessuno sa dici “stiamo bene oggi, ma non te accorgi”. Questo mi ha fatto riflettere su quanto spesso ci concentriamo sulla felicità solo quando ci manca, trascurando i momenti in cui siamo davvero felici. Ti è mai capitato lungo il tuo percorso artistico?
Sì, e diciamo che riuscire difficilmente a vivere le cose nel momento in cui accadono è forse la mia filosofia di vita. Mi è capitato molte volte di idealizzare delle cose, poi magari raggiungerle e dire “ma quindi è tutto qui?”. Purtroppo mi capita molto spesso. A volte può essere un bene, perché può far sì che non ci si accontenti nella vita, il che è molto importante. Allo stesso tempo anche godersi i piccoli traguardi può giovare.
Ancora in Nessuno sa, racconti di diversi aspetti del successo, ma affermi che questo non ti abbia fatto perdere la tua visione. Cosa intendi per visione? Coincide con l’aver mantenuto la tua autenticità in un panorama musicale e mediatico in cui si tende a distinguere tra persona e personaggio?
Sì, il motore di tutto per me è continuare a fare esclusivamente quello che mi piace e a interpretare la musica a mio modo. Nel corso degli anni ci sono state tante persone che mi hanno detto di fare questo o quello, oppure che mi hanno consigliato di continuare solo sulla wave di Perso con te, ma se mi fossi dedicato ad una cosa sola non sarei stato me stesso al 100%, perché sono una persona a cui piacciono tante cose diverse. Ho sempre fatto in modo che alla base di tutto ci fosse la mia visione, il mio modo di vedere le cose. Ho sempre fatto ciò che volevo e non ciò che gli altri ritenevano fosse giusto per me.
A proposito di autenticità, sembra essere proprio questa ad accomunare i featuring presenti nelle tracce. Come sono nate queste collaborazioni?
Diciamo che son nate tutte all’ultimo minuto, un po’ perché questo progetto ha preso una direzione diversa in dirittura d’arrivo, un po’ perché, se devo essere sincero e non per mettermi in una posizione di snobbismo, a volte faccio fatica ad immaginare qualcuno su un mio pezzo, perché sento tutto molto personale. Mi risulta quindi molto difficile, ma poi naturalmente collaborare è bello ed importante, quindi mi piace comunque farlo. A parte Luchè, ho scelto degli artisti con cui non avevo mai collaborato e tutti diversi tra loro, tutti con una loro identità, come per esempio Rkomi, il cui universo musicale mi ha sempre affascinato e anche Giaime, Lil Jolie e Vale LP. Per quanto riguarda Geolier, nonostante veniamo da due mondi diversi, c’è comunque molta affinità.
Se il feat con Luchè rappresenta una sorta di certezza, l’aspetto sonoro di questo progetto racchiude tante sorprese. Quali sono state le influenze musicali di Floridiana?
Le mie influenze sono rimaste più o meno sempre le stesse da La vita giusta per me fino ad oggi. Soprattutto ultimamente faccio un po’ fatica a trovare qualcosa di nuovo che mi stravolga e mi ispiri realmente, nonostante io sia sempre sul pezzo per ciò che riguarda l’ascolto delle novità musicali. Quando cerco ispirazione ascolto quasi sempre gli stessi dischi e quello che evocano dipende molto dal periodo in cui sono io. Per lo più ascolto la roba di Toronto, ma mi piacciono anche tante altre cose diverse, come ad esempio i Daft Punk, il cui ultimo disco ho apprezzato molto e credo si noti in questo mio ultimo progetto.
Ultima domanda per l’ultimo pezzo del disco, Sperlonga vecchia (freestyle). Nella prima parte del pezzo dici che questa roba sia il tuo testamento. Se dovessi pensare ad un’unica idea che racchiuda il messaggio che vuoi lasciare con la tua musica, quale sarebbe?
Sicuramente il messaggio sarebbe quello di essere se stessi, di avere un’identità, una personalità e non aver paura di mostrarsi per quello si è. Ognuno di noi dovrebbe capire ciò che ha da dare e non focalizzarsi su ciò che vorremmo far vedere agli altri che abbiamo. Poi vorrei che la musica portatrice di questo messaggio resti nel tempo, andando al di là delle tendenze. Vorrei che fosse qualcosa da ascoltare anche tra 10 anni senza poter dire che suoni vecchia, qualcosa di immortale.