
Nuovo appuntamento con la rubrica Ladies First. Come sempre, siamo felicissimi di aggiornarvi e farvi scoprire quelle piccole realtà artistiche che stanno prendendo piede sul suolo italiano. I progetti stanno aumentando notevolmente e questo non può che farci piacere.
Protagonista di oggi Palmitessa, giovane artista urban italian. Nata e cresciuta in Puglia, terminati gli studi si trasferisce a Londra, dividendosi tra il lavoro e la passione per la musica. Nel 2018 inizia a collaborare con diversi artisti del panorama italiano nella scrittura dei brani. Nello stesso periodo incontra Danti, membro fondatore del duo Two Fingerz. Tra i due nasce subito un’intesa artistica e creativa, diventando la prima artista firmata dall’etichetta One Fingerz.
A maggio 2020 pubblica il suo primo singolo Cool per Polydor/Universal Music, prodotto da Danti e che diventa un tormentone su Tik Tok. Successivamente pubblica altri due brani, per poi presentare in via ufficiale (anche a noi!) il suo album d’esordio No Feat.
Ciao Valeria, come va? L’ultima nostra intervista risale a quest’estate, cosa è successo nel frattempo? Alla fine, hai scaricato Tik Tok?
Molto bene grazie. In questi mesi ho preso più consapevolezza di me stessa, sulla scrittura, su quello che voglio comunicare attraverso i brani. Ho iniziato a scrivere tantissimo e a prenderci maggiormente la mano. Ho scaricato Tik Tok solo per passare il tempo, guardo solamente ciò che fanno gli altri perché per quanto riguarda i balletti sono abbastanza scoordinata. Però dopo che è andato bene il mio pezzo Cool, ho iniziato a smanettarci.
Hai già all’attivo tre brani con cui ti sei fatta conoscere, qual è stato il riscontro a livello di pubblico?
Cool, rispetto agli altri due brani, è andato molto bene a livello di numeri. A tempo, uscito ad agosto, non ha avuto lo stesso risultato perché ormai tutti in vacanza, ma era una cosa che mi aspettavo. Però ci tenevo a pubblicarlo perché non volevo lasciare troppo tempo tra un singolo e l’altro. Antidoto è, al momento, quello che è andato meno bene dei tre, anche se sento che è quello che mi appartiene di più.
Il 17 novembre hai pubblicato No Feat, il tuo album d’esordio. Qual è il filo rosso che lega tutti i brani presenti?
Il filo rosso è la mia persona, perché in tutti i brani mi racconto a 360° in contesti diversi tra loro. Ma lo è anche quello che voglio comunicare, attraverso metafore, immagini e giochi di parole.
I brani sono prodotti da diversi produttori tra cui Yves The Male, Frenkie G e Simone Privitera. Come avete lavorato nella realizzazione dei vari pezzi?
Alcuni brani sono partiti da una produzione. Come per esempio Antidoto, nata durante un pomeriggio in studio con Frenkie G. In altri, o avevo iniziato già a scrivere per piano e voce o ero partita da dei beat trovati su internet, cambiando poi produzione e mood. Come per esempio Bloody Mary, scritta insieme a Davide Napoleone con cui avevo già collaborato in precedenza, non era pensato come brano da inserire nel progetto. Ma ascoltandolo, di volta in volta, mi rendevo conto che non volevo rimanesse nel drive. Quindi abbiamo deciso di cambiare produzione, perché inizialmente aveva proprio un altro vestito, per renderla coerente con gli altri brani dell’album.

Sia in 600 K che in A tempo fai riferimento al tempo. È un caso, oppure per te è qualcosa di estremamente importante come concetto?
È una scelta voluta, perché è la stessa concezione de “il tempo è denaro”. Per me il tempo ha tantissimo valore, a cui a volte non diamo tantissima importanza e quindi ho voluto rappresentare questo concetto in entrambi i brani. È stato pensato anche per essere il filo conduttore tra i due brani.
In Antidoto fai riferimento al fatto di essere cresciuta per strada, di non vestirti firmata e non voler apparire. Quanto è importante per te la necessità di non dover snaturalizzarsi per sembrare altro, soprattutto ora che tutto gira intorno all’immagine?
Secondo me la caratteristica che non deve mai mancare in un artista è l’essere se stessi. Potrebbe essere una risposta banale, però vedo molti artisti e molti ragazzi che si approcciano al mondo della musica, che cercano di imitare. Quindi la caratteristica che ti differenzia degli altri è dimostrarti per quella che sei. Non ho alcun interesse a vestirmi firmata, anzi, sono la tipica persona che è agli antipodi rispetto alla moda. Se non fosse per la mia ragazza e il team che cura la mia immagine, che mi danno un po’ più di dritte, cercherei sempre di metterci del mio e non apparire troppo, perché non è ciò che mi interessa.

In Ballo da sola dici che in tanti ti hanno detto che avevi bisogno di un medico e che tu stessa ti ritieni pazza. Hai mai dovuto far fronte ai cattivi giudizi della gente per quello che sei?
Principalmente mi suonava bene a livello di parole, ma cerco sempre di essere autobiografica in quello che scrivo. Quindi c’è molta verità nel testo di Ballo da sola, inoltre è il brano che preferisco in assoluto dell’interno album. Come ho già detto in un mio freestyle e in un altro pezzo, confermo il concetto di ritenermi pazza, sia per quello che mi hanno sempre detto, sia per la concezione che ho di me stessa. In quanto ho un modo impopolare di pensare, sono sempre controcorrente. Come per esempio il nome del mio album, No Feat, che si contrappone alla tendenza di tutti a fare collaborazioni, mi sento che mi rappresenti a pieno.
Cosa ti aspetti da quest’album?
Sinceramente non mi aspetto nulla da quest’album, preferisco mantenere le aspettative basse e quindi eventualmente di un buon riscontro, esserne contenta. Per me questo è un inizio, non è il punto clou della mia carriera ma solo il punto d’inizio, un modo per presentarmi al pubblico per quella che sono.