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Intervista

Lezione di graffiti: il writing secondo Rancy di NMB Crew

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La cultura hip-hop è estremamente sfaccettata: delle quattro discipline, il rap è sicuramente quella arrivata al vasto pubblico; ma, l’hip hop si esaurisce a questo? La risposta è no! In passato ci siamo già soffermati su una delle sue quattro colonne portanti, come quella volta in cui abbiamo parlato di scratch in un’intervista a DJ Myke e Damianito – clicca qui per approfondire.

Oggi tratteremo di un’altra disciplina: il writing. L’arte dei graffiti è andata sicuramente per la maggiore negli anni ’90, ma anche nel primo decennio del 2000 ci sono stati importanti talenti del panorama italiano che hanno lasciato un segno. Oggi abbiamo deciso di intervistare Rancy della storica NMB Crew.

Benvenuto su lacasadelrap.com! Chi è Rancy e cosa è NMB Crew? Come è nato il collettivo?

Rancy è un ragazzo cresciuto a Milano in contesti grigi e poco stimolanti. Avevo bisogno di dire la mia, di far capire chi fossi: in questo modo è esplosa in me la voglia di fare graffiti, comunicare con chiunque al di sopra di ogni limite o regola. 

La NMB crew nasce nel 2004 con l’acronimo di No Muri Bianchi; essendo molto giovani non riuscimmo a creare qualcosa di potente fin da subito. Il 2006 è stato il nostro new deal: entrano nella crew ragazzi creativi pieni di voglia di esprimersi. Da lì a poco la nostra presenza in città si è espansa a macchia d’olio. Il collettivo ha rappresentato per Milano il “nuovo che avanza”, attraendo writers come una calamita di positività per dipingere assieme e passare bei momenti, uniti da un’unica passione.

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A noi interessava dipingere secondo le regole del vero writing: treni, metro, muri illegali in strada, come fatto da PWD, CKC, VMD, FIA-VDS (storiche crew di writers milanesi). Come molti, abbiamo rischiato ma ne è valsa la pena. Al contrario di altri personaggi, non era nostro interesse “fare brutto”: la presunzione, lo spacciare o picchiare non faceva parte di noi; eravamo (e siamo) artisti: l’obbiettivo? Dipingere il più possibile.

Ci sono ancora vostri pezzi sparsi per la città? C’era rivalità con altre crew di Milano?

Sì, certo! Ma meglio non dire dove! Da qualche anno la situazione graffiti a Milano per certi versi si è rilassata perché sono stati concessi spazi legali, e trovarsi con calma passando una giornata serena per fare graffiti, ora è possibile. Quando noi abbiamo cominciato non era assolutamente così, anzi. 

Le rivalità ci sono sempre state (tra alti e bassi) e continuano ancora oggi. La cosa assurda è che c’è tensione addirittura per i muri liberi, dove non c’è nemmeno la componente rischio; a questo punto, chiunque dovrebbe avere voce in capitolo. In passato era più entusiasmante perché si scazzava tra crew di pari livello artistico, la competizione si giocava anche sulla ricercatezza dei posti e sulle difficoltà per raggiungere il luogo in cui dipingere.

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Sapresti indicarmi quali sono artisti (e writer) che senti affini al tuo stile? Attualmente chi è il miglior writer di Milano? C’è un collettivo di cui ti colpiscono i lavori?

A questa domanda devo rispondere in maniera un po’ banale: i miei crewmate ed ex-crewmate. Lavorando costantemente insieme è normale che ci si influenzi a vicenda. Forse è anche questo il bello di una crew: confrontarsi sul lettering, rubacchiare un loop di qua e una colorazione di là; insomma, si è una vera e propria famiglia. 

Attualmente la scena di Milano è una giungla, al limite del penoso, c’è davvero di tutto: c’è chi lotta senza rispetto su i muri liberi per appropriarsene, ragazzini con poca cultura del writing (e tantapresunzione), vecchi disagiati tornati a fare qualche graffito che fanno i prepotenti dipingendo dove più gli pare. La situazione dei graffiti su metro invece è praticamente morta, i migliori fanno altro ormai. Ultimamente sono comparsi anche tanti “non-writer” – artisti, grafici e designer – in cerca di popolarità che, sfruttando l’immaginario urban, vivono all’ombra di quanti attraverso l’illegalità (rischiando ogni notte) hanno fatto di questa arte il proprio lavoro.

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Quando hai iniziato a fare graffiti? Mi piacerebbe che tu provassi ad elencare – per quanto possibile – alcuni step per approcciarsi al mondo dei graffiti: quali sono le tecniche di base che un ragazzo dovrebbe conoscere per iniziare a disegnare?

Ho iniziato a fare graffiti all’età di 13 anni. Per prima cosa bisogna iniziare con qualche tag in pennarello e definire la propria firma; il passo successivo è l’uso degli spray e iniziare a concepire un bombing (o throw up). Solo dopo tanta pratica, si può passare a cose più elaborate, valutando sempre le tempistiche di realizzazione. Non bisogna avere l’ansia di arrivare: il writing ha bisogno di tempo e studio, per questo è importante incominciare con lavori più tranquilli.

L’obbiettivo è puntare sempre in alto e non accontentarsi: se questo è lo spirito, andrai alla ricerca del posto migliore in strada, della livrea più particolare del treno. Il passo più difficile – però importantissimo per un writer – è la metro: superficie sulla quale il writing ha preso forma ed è diventato la cultura famosa che tutti conosciamo.

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Attualmente a Milano con i muri liberi è abbastanza semplice allenarsi con le bombolette, per facilitare l’ispirazione poi basta andare su internet ed è possibile sin da subito avere un’idea di cosa sia un lettering. Consiglio per tutti coloro che vogliono accingersi al mondo dei graffiti: non coprite mai lavori di altri writer; il rispetto deve rimanere qualcosa di imprescindibile e, anche se non dovesse essere ricambiato, voi abbiatene sempre. Penso valga più di ogni tag o lavoro.

Quanto è stata importante la musica rap durante gli anni della NMB e nella tua adolscenza? Quali artisti seguivi?

La musica rap, come i graffiti, fa parte dell’hip hop e noi come NMB la ascoltavamo sempre. Da Dre, Eminem, Snoop, Busta, Mob Deep, 2pac, Biggie passando per gli Uomini di Mare, Neffa, DJ Gruff, Bassi, Esa, Club Dogo e soprattutto Lord Bean. Orbita (NMB) aveva preso 60hz di DJ Shocca e ce lo ascoltavamo sempre.

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Il rap italiano, soprattutto quello dei ‘90 – inizi 2000 ha trasmesso dei valori, dei concetti positivi e profondi che abbiamo cercato di fare nostri. Il rap italiano dopo il 2008-09 non lo ascolto – a parte qualche rara eccezione – perché non rispecchia nulla di quello che sono o che vorrei essere.

Mi racconti il lavoro di cui vai più fiero? Quale è stato invece quello più rischioso in cui hai rischiato di farti male o di essere catturato?

Ad oggi il lavoro che mi ha dato più soddisfazione è l’opera di Urban Art eseguita al Politecnico di Milano, perché esprime la ricerca alchemica che porto avanti da un po’ di anni.

Sul più rischioso non saprei dire, sono state veramente tante le situazioni in cui ho rischiato. Forse la volta più clamorosa è stata la fuga a Madrid da un tunnel – veramente da film – per disegnare la metro in pieno centro città; alla fine dopo una bella corsa, il tutto si è concluso con una salita rapida su un taxi che seminò gli inseguitori – con il writing ti tieni in forma!

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Rancy – Campus Bovisa – Politecnico di Milano

Qual è la città o il quartiere in cui vorresti dipingere?

Il luogo dove mi piacerebbe lasciare un segno è 5pointz a New York, ma essendo stato raso al suolo è un’impresa impossibile… mi accontenterò di lasciarlo sul metallo in movimento della Grande Mela, là dove il writing è nato e cresciuto.

Hai in mente qualcosa per il prossimo futuro? Su cosa stai focalizzando le tue forze?

Il mio percorso artistico parte dai graffiti, per sfociare nell’urban art e design. Gli studi al Politecnico di Milano mi hanno dato un’ottica un po’ diversa dagli inizi: per semplificare, direi che sono meno vandalo e più designer. Riqualificare zone degradate nel contesto urbano è uno dei miei propositi come urban artist. Intendo sviluppare sempre di più il mio percorso, sia da art director che da artista, cercando sempre di rimanere indipendente.

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Direttore e Caporedattore di questo fantastico portale. Classe '96. La musica mi accompagna sin dall'infanzia. Ho studiato la musica classica e lavorato sull'elettronica. Ogni suono è un colore sulla tela della quotidianità: "una vita senza musica non è vita."
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