
Che Murubutu (al secolo Alessio Mariani) sia una delle penne più eloquenti del nostro tempo è cosa sicuramente nota a tutti: se molti conoscono i suoi ultimi successi, grazie ai quali è giunto alla ribalta, non è detto che gli stessi conoscano i primi lavori del rapper di Reggio Emilia.
Il suo ultimo progetto Infernum, pubblicato in collaborazione con Claver Gold, ha riscosso un grande favore – leggi la nostra recensione per approfondire – ma cosa c’entra la Kattiveria Crew con Murubutu? Conoscevate già il nome di questo collettivo? Bene! Oggi parleremo di Dove vola l’avvoltoio, primo lavoro della crew di cui Il giovane Mariani è fondatore. Dal 15 gennaio Dove vola l’avvoltoio sarà disponibile in vinile direttamente sul sito lakattiveria.com, con diversi contenuti speciali, merchandise e altro ancora.

Testi
Dove volta l’avvoltoio è un disco che fa della scrittura la propria punta di diamante; sin dal primo ascolto, è evidente che l’album sia (anche) un esercizio di stile: è impossibile non rimanere affascinati dai tantissimi tecnicismi, giochi di flow e combinazioni di rime presenti nell’intera tracklist. Ma è davvero solo questo? Assolutamente no!
A 15 anni dalla sua pubblicazione, il disco del collettivo Kattiveria Crew (Murubutu, Il Tenente, U.G.O., Yanez Muraca e DJ Caster) è invecchiato benissimo – il motivo di ciò è piuttosto semplice: Dove vola l’avvoltoio è un disco estemporaneo, in grado di collocarsi in ogni tempo. Il concept – per quanto complesso nella sua lettura – è contestualizzabile in ogni epoca musicale: non lo avvertiremo mai come qualcosa di “inadeguato” poiché si colloca in un contesto, tanto nelle sonorità proposte quanto nell’attitudine, che è semplicemente altro dalle comuni mode del music business.

Qual è dunque la liaison che unisce i 16 brani del disco? L’utilizzo di liaison non è casuale; questa particolare regola francese permette di legare foneticamente due parole nel loro pronunciarsi. Dove vola l’avvoltoio è l’autentica liaison: tutte le tematiche sono di fatto slegate se prese singolarmente, ma trovano nel modo di essere affrontate la propria coerenza interna. Ogni canzone lega ciò che è per sua natura slegato, distrugge e ricostruisce l’argomento di cui tratta – dalla biologia (Suono del gong) fino alle regole e strutture grammaticali (L’armata delle tecniche).
È doveroso spendere due righe sul brano sopra citato, L’armata delle tecniche: per quanto la canzone si figuri come un virtuosismo del rapper Murubutu, al contempo è emblema di un’attitudine rap volta ad arricchire l’ascoltatore; è conoscenza che si disvela nel suo farsi arte, musica. Certo, non sarà quel tipo di brano che ascolteremo ripetutamente in cuffia ma, anche dopo un solo ascolto, avrà lasciato qualcosa dentro di noi.

Strumentali
Dal punto di vista strettamente musicale, ogni beat è figlio della sua epoca: Dove vola l’avvoltoio non è un disco legato alle sonorità del 2020 – il motivo è abbastanza evidente data la pubblicazione nel 2006; la sua peculiarità, però, è proprio quella di trasportarci indietro nel tempo, di rivivere le ormai “superate” melodie della scorsa generazione hip hop.
Particolarmente apprezzabile il brano Sogno Blu: presenta un tema che strizza l’occhio al country e al folk – cosa sicuramente sui generis nello scenario musicale italiano. Pur essendo percepito dall’ascoltatore come qualcosa di diverso, il mood del disco non viene snaturato: siamo ancora chiaramente nell’immaginario della musica urban, a cui vengono aggiunte sfumature nuove che attribuiscono grande carisma al prodotto finale.
Anche la strumentale del brano Ehm..Si è degna di nota. Il brano ha sapore di passato ma non nella sua accezione negativa, piuttosto come quando si torna a casa dopo un lungo viaggio e si riscoprono gli odori che ci hanno accompagnato durante la gioventù.

Stile
Lo stile di Dove vola l’avvoltoio rende questo disco un must have per le librerie di ogni appassionato di musica rap. Addirittura? Ebbene sì! Partiamo dalla spiegazione di questo progetto: il titolo è già una citazione all’omonimo componimento del Maestro Italo Calvino e al suo Cantacronache (1958) – una lettura della poesia dell’autore è consigliata per una più corretta interpretazione del disco.
Il brano di apertura Gli avvoltoi offre la giusta chiave di lettura dell’intero progetto:
“Gli avvoltoi che veleggiano sulle correnti ascensionali di aria calda
hanno assistito alla scena e si accingono a banchettare sugli avanzi;
osservano la scena come angeli della morte.
L’immagine che ne deriva è sinistra e drammatica”
Quello a cui assisteremo da questo momento in poi è la distruzione dell’ovvietà: ogni brano presenta una forma di conoscenza, questa viene distrutta nel suo essere (dalla mitologia, alla filosofia) portando all’eliminazione di Ogni singolo idolo – nell’accezione greca del termine, éidõlon – per giungere al crollo dei valori (basti pensare al brano Destra e sinistra). Il cerchio si chiude con le “ultime” Ipotesi eliocentriche – la ripresa di tematiche che accompagnano la riflessione filosofica da Aristotele fino all’alessandrino Tolomeo.
Menzione d’onore per il brano Destra e sinistra: questo brano vale l’intero prezzo del biglietto! Una riproposizione in versi dell’omonimo capolavoro di Giorgio Gaber. In questa canzone, Murubutu è riuscito a riprendere gli snodi fondamentali del dicotomia proposta da Gaber, rendendoli fruibili alla comprensione di chiunque ascolti, sia esso il ragazzo adolescente o la persona adulta.