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Intervista

“Trap Game”: tutto quello che non sai sulla trap, spiegato da Andrea Bertolucci

andrea bertolucci trap game

Abbiamo parlato di Trap Game. I sei comandamenti del nuovo hip hop con il suo autore, Andrea Bertolucci. Un volume che serve davvero a tutti, per comprendere al meglio il fenomeno della Trap e i messaggi che si celano dietro la sua estetica

Cadere nel superficiale quando si tratta un tema delicato come la musica, specie se il genere in questione è la Trap, è molto facile. Spesso anche noi addetti ai lavori ci rendiamo conto di quanto possa esser banale dimenticarsi che dietro a tutto ciò che gli artisti narrano, c’è un fondo di verità. E alla fine, capita di giudicare la nuova wave con certi dogmi legati alla vecchia generazione. Eppure, qualcuno è riuscito a spiegare per bene la storia del nuovo filone che domina le classifiche da ormai qualche anno, analizzando fino in fondo tutte le tematiche, i testi e l’estetica, proponendo un vero e proprio manuale della musica Trap, o meglio, hip hop.

Il suo nome è Andrea Bertolucci, giornalista e scrittore esperto di cultura giovanile. Si occupa di trap fin da quando questa ha mosso i suoi primi passi nel nostro Paese e il 23 ottobre 2020 è uscito il suo primo libro: Trap Game. Edito da Hoepli, il sottotitolo I sei comandamenti del nuovo hip hop definisce la struttura che lo compone, con i contributi esclusivi degli artisti coinvolti: Lazza, Vegas Jones, Ernia, Ketama126, Beba e Maruego. Ad ognuno di loro è stato associata una tematica che, dialogando con l’autore, viene approfondita e spiegata.

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Cover di Trap Game

“Il libro è nato subito dopo la tragedia di Corinaldo, spiega Andrea. “Da quel momento si instaurò una narrazione decentrata e sbagliata della cultura Trap, di ciò che era ed attualmente è. Non si parlava d’altro in televisione e i titoloni “musica del demonio che travia i ragazzini” erano totalmente ingiustificati. Da giornalista dico che questo non era un buon servizio che si stava offrendo al pubblico, poiché non si stava narrando in maniera chiara la situazione. Inoltre, non avendo gli strumenti per scoprire questo mondo, non si stava dando alle persone la possibilità di valutare singolarmente la vicenda. Parlando con Jacopo (Lazza n.d.r.) e con gli altri artisti coinvolti mi sono sentito incaricato di questo obiettivo, di fare qualcosa che fosse allo stesso tempo un prodotto piacevole e godibile già da chi conosce un genere ma, allo stesso tempo, ad un boomer di scoprire questa cultura.”

Trap Game, infatti, non è solo un libro per i neofiti, ma anche per i cultori del genere che vogliono approfondire sempre di più questo mood. All’interno troviamo diversi aneddoti, curiosità, spunti di riflessione. Si presenta istruttivo, e allo stesso tempo intrattiene chi ha già tutte le basi. Gli interessati o amanti del genere lo possono considerare un vero e proprio pezzo da collezione, un libro da avere per aumentare il proprio knowledge. Un altro incentivo è proprio il pensiero degli artisti, che i lettori trovano soltanto qui. Alcuni sono proprio esclusivi:

“Piero (Ketama n.d.r.) non ha mai parlato apertamente di dipendenze. In tutte le sue interviste non ha mai parlato in quel modo. Si è aperto molto e ciò mi rende fiero”, confessa Bertolucci.

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Andrea Bertolucci, autore di “Trap Game”

La prima cosa che ho letto, però, è stata una dedica a Travis Scott.

C’è un rapporto indiretto con lui. Conosco il suo personal manager, ci sentiamo ogni tanto, e anche TM88. Con lui siamo amici, ha scritto anche la prefazione del libro e mi rende stra-orgoglioso perché ha davvero fatto la storia della musica. Ogni tanto capita che gli propongo artisti della scena italiana da produrre. Si vedono entrambi nel documentario di Astroworld su Netflix verso la fine. Un minimo di “connection” c’è. Da un punto di vista artistico, Travis è il personaggio che trovo più ispiratore, sia per me che per tutti gli artisti di tutte le scene. In un certo modo, dedicandolo a lui è come se l’avessi dedicato a Jay-Z. Lui mi ha fatto avvicinare al rap quando avevo 15 anni: venivo dal punk e ho partecipato al suo primo ed ultimo concerto a Milano da solista, trascinato da una mia amica che non smetterò mai di ringraziare. Rimasi folgorato dallo show e da quel momento ho capito cosa fosse il rap. Ho cominciato ad appassionarmi e mi ha avvicinato alla scena nascente di Milano e di tutti i suoi rapper acquisiti. Ci sono tanti nomi che ho conosciuto, anche personalmente, molti anche in anni non d’oro. Siamo rimasti tutti in buoni rapporti, alcuni sono anche nel libro. L’ho dedicato a Travis e non a Jay-Z perché è un libro sulla nuova scena. Trovo un filo rosso che connette i due personaggi. Dedicandolo a Travis l’ho voluto dedicare anche a Jay-Z e a tutte quelle figure che stanno cambiando culturalmente la scena, la storia della musica. Ho anche qualche copia del libro da dargli, sono indeciso se spedirli al volo e avere una risposta dopo due settimane o attendere ed incontrarlo di persona…

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Anche graficamente il libro è stato curato in ogni dettaglio. Moab Villain ha contribuito a rendere questo gioiellino unico nel suo genere.

Il design contribuisce a offrire diversi livelli di lettura del libro: sia come magazine, soffermandosi su ciò che interessa, oppure dall’inizio alla fine. Moab Villain a lavorato alle cover dei Migos, di Salmo e di Lazza, quindi sapevo di andare sul sicuro. Inizialmente l’idea grafica era quella di riprendere i singoli elementi dei 6 comandamenti, ma purtroppo il capitolo delle sostanze non era molto politically correct per la copertina. Alla fine ci sono state tante proposte e abbiamo tutti concordato su questa. All’interno del libro è tutto un gioco di spazi, non c’entrava più niente. Impostazione un po’ a mo’ di magazine ma con una logica, mantenendo una bella estetica, che è un po’ la stessa cosa che in questo mondo si tende ad avere. Abbiamo deciso poi di legare ogni argomento ad un colore che poi ha dominato sia i box delle quotes e i box di Spotify.

Per la prima volta troviamo il digitale di Spotify in un prodotto fisico.

La partnership con Spotify domina gli interni del libro. Si possono inquadrare i QR code e parte automaticamente la traccia che accompagna la lettura. Nell’editoria sono rari gli esempi di questo tipo, i libri con interni di Spotify non si sono mai visti.

trap game andrea bertolucci dettaglio

Chi viene citato di più all’interno del libro è Sfera. Ad oggi se si pensa alla trap, il collegamento è immediato. Senza nulla togliere agli artisti che hanno partecipato, pensi che lui possa sostituire tutti gli altri? L’avresti voluto?

Non avevo neanche preso in considerazione l’idea di coinvolgerlo. Gli artisti sono portavoce del comandamento assegnato. Ad esempio, non avrei mai pensato di chiamare qualcun altro per il capitolo della droga se non Ketama oppure Side. Sfera sarebbe stato adatto per due temi: i soldi o il blocco. Per il primo, volevo assolutamente Lazza. Il libro è nato con lui, ci ha anche creduto molto di più. Fin da quando parlavamo di Corinaldo, sapeva che aveva bisogno di qualcuno bravo che raccontasse bene questo mondo. Tutti gli artisti si sono fidati molto di me. Lui ci teneva, così come io volevo che fosse lui a parlarne.
Il capitolo sul blocco, invece, per una questione prettamente geografica: la città di Cinisello non appartiene a Sfera, lui si è spostato da lì. È una cosa totalmente diversa da quella che ha fatto Vegas. Ha anche citato artisti americani che hanno scelto di restare, come Rick Ross, che sono rimasti e hanno portato valore al loro quartiere. A parte questo nuovo studio di registrazione brandizzato (che comunque è arrivato dopo quello che ha fatto Vegas) e al di là della piazza sponsorizzata da Spotify, non c’è altro.
Con blocco intendo una persona che viva lì e si faccia portavoce dei problemi, di istanze, dei giovani e Vegas è uno che veramente fa questo: scende in piazza, ascolta e crea valore per la sua città. Sfera l’ha creato per se stesso attraverso la città, anche perché non vive lì da tanti anni. Inoltre, volevo anche evitare l’effetto critica da qualche fronte, volevo fosse un libro giusto. Ovviamente non potevo non citarlo nell’intro e all’interno del libro perché indiscutibilmente è colui che ha reso mainstream questo genere in Italia. L’avrei dovuto infilare in qualche modo, ma non ci siamo neanche avvicinati perché non avevo bisogno di lui. Un altro dei motivi era quello di non sbilanciare tutto. Dal lato marketing probabilmente avrei venduto qualche migliaio di copie in più con Sfera, ma questo alla fine è un libro mio con dei featuring tutti allo stesso livello.

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Sfera Ebbasta


Non ti sei neanche sbilanciato sul tema del femminismo, facendo magari riferimento all’ascesa di Baby K in questo genere che si è poi convertita in una comparsa fuori contesto. Da quel momento ogni rapper è stata etichettata con il pregiudizio “tanto domani la troviamo online con un pezzo reggaeton”.

Ho sempre voluto mantenere il focus pieno. A volte mi sono voluto “giustificare”, come quando ho messo il box di Myss Keta dicendo che non fosse propriamente trap. Non ho fatto lo stesso con Baby K perché aver contribuito a rendere mainstream il genere è differente rispetto alla qualità che offri. Come ad esempio Sfera, il nuovo disco è ben diverso da ciò che proponeva anni fa. Baby K invece fa pubblicità che diventano canzoni. Se comunque dal livello del pubblico è stato così, a livello culturale non è stato determinante da essere citato in un libro. Bisogna fare delle scelte all’interno di un progetto simile.

Secondo te, qual è la fine della responsabilità di un artista? Cito il brano Mademoiselle di Sfera, dopo i mesi di silenzio post-Corinaldo: “Se tuo figlio si droga non è colpa di Sfera Ebbasta”. Sono molti i ragazzi che si omologano ai propri artisti preferiti, in tutto e per tutto. Ognuno è responsabile delle proprie azioni, però ci sono giovani che muoiono a 13 anni perché provano la codeina. L’influenza di questi personaggi è notevole.

Secondo me la responsabilità non inizia neanche. L’artista, in mia opinione personale, è svincolato da una logica paternalistica dell’esempio, perché altrimenti non fa arte. Infatti l’artista non è un esempio. I capitoli sulle sostanze e sulle donne sono quelli che più si legano a questa tematica della responsabilità. Cito Ketama, quando ne ho parlato con lui mi ha fatto riflettere:

“Io non penso proprio di dover essere un esempio, né buono, né cattivo. Se poi vogliamo a tutti i costi prendermi come esempio, ci sono sicuramente degli aspetti da considerare pessimi, così come altri da considerare ottimi. Se un ragazzino dovesse prendere esempio da me per quanto riguarda le esperienze che ho fatto con la droga, farebbe senza dubbio la cosa sbagliata. Se mi dovesse invece seguire per iniziare a coltivare una passione come la musica, oppure impegnarsi in un lavoro che ama, ottenendo un risultato concreto nella vita, allora in quel caso sarei un ottimo esempio.”

Ketama

I due esempi quindi è come si annullassero. Tu, genitore, da che punto di vista lo vedi? Dall’artista che si è affermato a meno di 30 anni o di un tossico che parla di questo nelle canzoni? Non puoi. E quindi, mi ricollego al fatto che l’arte in generale sotto ogni sua forma, non per forza deve trasmettere una morale o un esempio. In questo caso il pubblico è particolarmente sensibile a certi temi, ma sono gli altri i punti su cui riflettere.
L’esempio della codeina, è molto sottovalutato. Si vede non solo nelle stories dei rapper americani, ma anche in quelle dei 2004 italiani. È una droga legale che si reperisce anche con facilità. La responsabilità della trap è quella di averla fatta diventare mainstream e anche instagrammabile. Un po’ come ha fatto il rock con l’eroina, che è tutt’altro che bella da fotografare. La trap, per mantenere comunque la sua estetica colorata, prende questa sostanza e la fa diventare la più diffusa. Gli artisti vanno presi come tali e non giudicati.

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Ketama 126

Cosa possiamo dire ai genitori che ci leggeranno?

Innanzitutto approcciare questa cultura e quindi conoscerla, poiché non conoscendone le dinamiche, attraverso Trap Game è utile capire perché un ragazzino passa 12 ore in coda per coppare qualcosa di Off-White. Vengono spiegate dinamiche che agli occhi di un adulto sono distorte. Chiaramente l’uso di sostanze lo è non solo per loro, però conoscerlo è il primo modo per poter agire e aiutare i propri figli.

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Il paragone tra XXXTentacion e Kurt Cobain mi ha fatto impazzire. Magari prima ci avevo già pensato, ma una volta che ho letto i due nomi affiancati mi sono davvero esaltato. Quanto ancora dobbiamo aspettare prima che questi paragoni possono essere accettati? Questi personaggi ancora non vengono riconosciuti come tutti gli altri pazzi che hanno reso uniche le generazioni precedenti, e non erano certamente dei buoni esempi. Anche in altri generi, Freddy Mercury non era certamente un esempio.

Nel libro parlo anche di questo. Addirittura il jazz, il blues: si drogavano tutti. Tutto il mondo è paese, tutti i generi lo sono. L’errore in cui è caduta la trap è lo stesso degli altri generi. Le persone, però, non hanno capito che la trap lo fa semplicemente per provocare. È quello che poi dà fastidio. Freddy faceva molto di più di ciò che fanno oggi le rockstar, alle star dei tempi veniva perdonato perché era nel loro essere. Oggi, invece, loro non vengono considerati artisti e quindi non si lascia loro la libertà di essere quello che sono. Quanto tempo bisognerà aspettare? Secondo me poco… per quello che è la punta dell’iceberg. Con gli artisti a X-Factor o sui palchi di Sanremo, fagocitati dagli altri come gli artisti di Machete, Ernia, è già in atto una rivoluzione verso la scoperta di una scena che è tanto vasta, con tante avanguardie che dovranno aspettare anni per essere scoperte.

Sai anche tu che il primo risultato sarà comunque fallimentare, perché considerati tutti uguali.

Finché non hai gli strumenti per poter distinguere le cose valide e non, tutto appare uguale. Tempo fa ho partecipato ad un evento e un genitore mi ha ringraziato perché finalmente capiva la musica delle figlie e l’ha anche apprezzata.

Sono cresciuto con la musica dei Club Dogo e di tutta la combriccola, quindi mi sento in dovere di fare la prossima precisazione. Dulcis in fundo, siamo d’accordo che esiste la cultura hip hop, la quale ha diverse sfumature che tendono comunque a mischiarsi spesso. Come troviamo Lazza suonare per la versione piano solo del suo album, troviamo Sfera che ci fa ballare con J-Balvin. La tesi accademica finale è che Trap e Rap sono la stessa cosa, cioè musica.

Sono assolutamente d’accordo. Alla fine per i trapper è una provocazione che ogni tanto fanno, cioè il bisogno di distaccarsi da quello prima. Come ad esempio quando Sfera ha detto da Wad “Non so chi siano i Sangue Misto, mai ascoltati”. Senza i Club Dogo non ci sarebbe stato Sfera. È diverso fare il personaggio, il personaggio del trapper. Alla fine è un gioco, non bisogna prenderla sul serio, così come l’arte. Prendere troppo sul serio l’arte non va bene, è un gioco e bisogna vederlo in maniera positiva! Alla fine, ci sono tante cose da prendere da questo mondo così complesso.

Trap Game è disponibile in formato fisico e digitale e puoi acquistarlo qui.
Ringraziamo Andrea Bertolucci per aver partecipato all’intervista e la casa editrice Hoepli.

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