Chryverde è un giovane producer di 25 anni. Il ragazzo si è preso i giusti meriti collaborando con Inoki alla realizzazione di ben 9 tracce di Medioego, l’ultimo album del rapper.
Non solo: l’artista è anche componente della crew di produttori Alien Army. È in questo ambito che conosce DJ Skizo, storico produttore di Milano che ha fondato i Radical Stuff, primo collettivo hip-hop italiano. Nel corso dell’intervista, Chryverde non mancherà di confidarci come Skizo lo abbia fatto crescere tantissimo a livello artistico e personale. Il producer ha da poco fondato lo studio di registrazione LAATE Studio, assieme a Garelli, membro del collettivo Adriacosta e dal 2018 di Dogozilla. I due hanno co-prodotto il brano WILDPIRATA feat Tedua, presente su Medioego.
Chryverde vanta diverse esperienze dal punto di vista musicale: ha passato un periodo della vita negli Stati Uniti, mettendosi a confronto con DJ e rapper di caratura internazionale. Per questo non mancheremo di approfondire come l’esperienza negli USA abbia influenzato Chryverde e quali artisti internazionali abbia conosciuto, sondando anche i gusti musicali del giovane produttore.
Non è tutto: Chryverde ci racconterà di come è venuto a contatto con Inoki e del lavoro svolto per la creazione dei beat di Medioego. L’album ha finora raccolto grande approvazione da parte dei fan ma anche degli altri rapper della scena, e sta facendo bene anche a livello di numeri!
Se siete anche voi curiosi di conoscere meglio Chryverde non vi resta che mettervi comodi e prepararvi ad entrare nel vivo dell’intervista!
Ciao Chryverde, è un piacere averti con noi de lacasadelrap.com! Per scaldare i motori mi piacerebbe sapere quando è nata in te la passione di creare musica e se sei sempre stato fedele all’hip-hop oppure hai composto beat anche di altri generi musicali.
Ciao ragazzi, è un piacere anche per me! Ho iniziato come DJ, frequentando l’Accademia del Suono di Milano. Uno dei miei insegnanti era DJ Skizo. Da ragazzino ero in fissa con la musica elettronica, alle medie mi piaceva moltissimo la fidget (un sottogenere della house). Per questo quando conobbi Skizo non sapevo nemmeno chi fosse. Ciò ha fatto sì che tra noi si instaurasse un rapporto umano, senza quella genuina “sudditanza” che vedevo da parte dei miei compagni nei confronti di un personaggio molto importante per la cultura hip hop.
I primi approcci alla produzione sono nati perché volevo creare remix ed edit per rendere più personali i miei DJ set. Non avevo mai fatto sentire niente a nessuno, ma ricordo che in quel periodo uscì l’album di Alien Army – The Difference – e loro per promuoverlo lanciarono due remix contest, così Skizo mi chiese di partecipare. Li vinsi entrambi e qualche mese dopo mi fu proposto di entrare nel team come produttore.
Prima di quel momento ero stato influenzato solo dalla scena club americana, quindi facevo principalmente edit e remix jersey club, future beats e trap, che in quel periodo era intesa diversamente. In Italia mi ispiravo a Lvnar, Milangeles, Lvca e Marvely “The Perseverance”.
Sei stato negli Stati Uniti diverse volte e hai avuto la fortuna di confrontarti con DJ di tutto il mondo. Lì quali sono state le esperienze più belle che hai vissuto dal punto di vista musicale? E quali sono stati gli artisti internazionali che hai conosciuto e che ti hanno aiutato a crescere come produttore?
Ho incontrato XXXtentacion nel backstage del Rolling Loud, mentre chiacchieravo con Pouya e Ghostmane e ne ho conosciuti molti altri. Questa esperienza, più che influenzare direttamente la mia produzione, ha modificato la percezione che avevo prima di tali artisti. Ne parlo spesso con i miei amici, mi ha sconvolto parecchio la differenza tra come in Italia immaginiamo i rapper USA e come sono davvero. Mi spiego, artisti che noi in Europa molto spesso cataloghiamo come rookie sono in realtà artisti già strutturati che viaggiano come treni e che si sanno muovere. Vederli mi ha fatto capire l’importanza del team, della struttura alle spalle e dell’organizzazione. A livello personale mi ha dato parecchia fiducia poter lavorare con OG Maco, ma anche conoscere artisti meno riconosciuti coi quali ho tuttora un rapporto; non solo rapper, ma anche producer, engeneer, fotografi ecc..
Una delle esperienze più belle è avvenuta ad Atlanta. Mi sono fermato alcuni giorni a casa di Keenon Rush, mio amico, nonché uno degli artisti che stimo di più. Poter star lì a fare quello che ho sempre visto nei videoclip – registrare in casa, andare a una festa, passeggiare per il quartiere- mi ha fatto sentire parte di quella ambiente. È stato come se tutte le mie intuizioni su quel mondo fossero confermate, mi sentivo nel posto giusto per me, nonostante fossi un bianco in un quartiere di Atlanta. E vi assicuro che non è facile. L’unico che tenevo a conoscere e vedere dal vivo ma che non sono riuscito a incontrare è Metro Boomin. Ma diamo tempo al tempo!
Fai parte del collettivo Alien Army e hai da poco aperto insieme a Garelli il LAATE Studio. Sono curioso di conoscere i progetti usciti con Alien Army e avere qualche info su quelli che hai in serbo nel nuovo studio. Me ne parleresti?
Alien Army è un punto fermo nella mia carriera, perché tutti i membri e in particolare DJ Skizo mi hanno supportato sin dal principio. Anche adesso, pur se il collettivo è meno attivo a livello discografico, io e Skizo ci vediamo ogni settimana. Lui è per me come un padre artistico e con il tempo sto imparando sempre di più ad apprezzare l’importanza e la fortuna di averlo incontrato.
LAATE Studio è invece un progetto più recente, nato alla fine del 2019 assieme al mio amico Garelli. Quell’anno avevo intenzione di spostarmi a Milano per mettermi a lavorare in proprio, così chiamai Gare. Da subito abbiamo capito che insieme avremmo potuto creare un progetto solido e ambizioso.
Nonostante tutte le difficoltà causate dalla pandemia, nel 2020 siamo riusciti a fare il nostro. Siamo partiti dallo studio di Garelli in un seminterrato di Corvetto e da qualche mese ci siamo spostati sui Navigli, in un luogo più professionale per noi e per i nostri clienti. Il team si è allargato con Ach, che è il nostro “studio manager” (organizza gli appuntamenti e si preoccupa di mantenere i rapporti con i clienti) ed è arrivato anche Simone, un ragazzo di 18 anni che su occupa delle registrazioni e della parte operativa con i clienti. In pratica siamo un normale studio di registrazione, che però punta molto sul fattore umano. Ci teniamo a far uscire pezzi di qualità e siamo sempre pronti a dare consigli sulla base delle nostre esperienze.
A breve partirà anche LAATE Academy, un progetto in cui abbiamo coinvolto DJ Skizo. Si tratta di corsi per producer specializzati in quello che facciamo tutti i giorni. Noi mettiamo la parte dell’innovazione e della ricerca e Skizo ci aiuta con il suo grande bagaglio di conoscenza ed esperienza nel settore.
Adesso che ti abbiamo conosciuto un po’ più a fondo, mi piacerebbe scoprire anche i tuoi gusti. Se potessi fare un feat con un qualsiasi produttore al mondo, chi sceglieresti? lo stesso vale per un rapper, chi vorresti sul tuo beat?
Senza pensarci dico Metro Boomin. Se ci rifletto un minuto, direi anche Takeadaytrip, un duo newyorkese che consiglio di approfondire.
Come rapper Kendrick Lamar, ma in generale non penso mai a queste cose. Voglio lavorare con chi ha qualcosa da dire, ha attitudine, skills e che si presenta come una persona educata con me. Il resto non lo guardo.
È da poco uscito l’album Medioego di Inoki e tu hai curato in prima persona le produzioni. Puoi raccontarci come siete entrati in contatto tu e Fabiano e come è stato lavorare insieme? Vi siete trovati in sintonia?
Fabiano l’ho conosciuto grazie a DJ Skizo qualche anno fa, perché lo coinvolgemmo nell’ultimo album di Alien Army. Da allora iniziammo a sentirci e credo fosse curioso del fatto che io fossi da una parte membro di un collettivo molto rispettato dall’hip hop italiano, e dall’altra parte produttore di una wave che lui con tutta umiltà disse di non aver ancora compreso. Più che lavorare, abbiamo condiviso parecchio tempo insieme e questo ha fatto sì che ogni cosa nascesse senza nessun tipo di forzatura. Credo si senta nel disco. Quando poi è subentrata l’etichetta Asian Fake ci siamo posti l’obiettivo di fare più canzoni possibili, in modo da dare a tutto il team, di cui fa parte anche Karkadan, uno spettro ampio di quello che Fabiano è oggettivamente in grado di fare.
L’immaginario che ti eri creato di Fabiano rispecchia l’Inoki persona e artista che hai conosciuto e con il quale hai lavorato?
In realtà non mi ero creato nessun immaginario, non essendo mai stato un fan boy del rap italiano. Io ho conosciuto Fabiano come persona e artista. Dal 2017 in poi, quando facemmo il primo pezzo con Alien Army, mi ha sempre raccontato di avvertire un cambiamento interiore, dovuto a varie vicissitudini e all’esperienza di essere padre. Aveva voglia di mettere in rima questo cambiamento e di mettersi in gioco, io credo solo di avergli dato la chiave di lettura che gli serviva. Ho creduto molto in lui, perché il modo in cui lo descrivevano non combaciava con l’Inoki che conoscevo, e questa cosa doveva cambiare.
Tu e Inoki appartenete a due generazioni diverse, sia dal punto di vista dell’età, che della musica. È stato difficile scegliere i beat del disco? Sei stato tu a convincere Inoki a rappare anche su sound diversi dal bum-cha o è stata una scelta condivisa?
L’ iniziativa di variare nei generi è stata tutta di Inoki, che aveva voglia di mettersi in gioco provando cose nuove. Come ho già affermato, io gli ho fornito la chiave di lettura.
Per quanto riguarda la selezione dei beat prodotti da me, ci siamo confrontati spesso. Invece quando ascoltavamo i sound di altri produttori eravamo d’accordo su cosa scegliere nel 90% dei casi. Per esempio Crookers ci ha mandato un solo beat che ci ha convinto subito, ovviamente. Con Shocca idem. Con gli altri abbiamo cercato quello che ci piaceva di più, a gusto, senza essere influenzati da niente. Con Salmo invece Fabiano scrisse su quattro beat differenti, di cui abbiamo tenuto solo i due più significativi, ovvero UNDERGROUND, perché è un pezzo diretto e HYPE, un invito a non prendersi sempre troppo seriamente. Il tutto si può riassumere così: abbiamo cercato il meglio da quello che ci circondava, senza pregiudizi né preconcetti.
Qual è il brano di Medioego che più ti sta a cuore o che ti rappresenta di più?
Il brano che mi rappresenta di più è SCHIAVI. Le liriche del pezzo mi rispecchiano, perché ho sempre preferito il rapporto umano e la realtà ai social e alla finzione. Quando Inoki canta “schiavi della genetica dei nostri avi”, e ancora “schiavi del voler essere qualcos’altro, del migliorarci del guardare in alto”, mi fa venire i brividi. Non voglio fare l’analisi del testo, ma a prescindere dall’interpretazione mi sento rappresentato da questa canzone.
Anche ONESTO è nella mia top 3, perché la vedo come il manifesto dell’album, sia per le sonorità che per il messaggio. A mio parere è il pezzo meglio riuscito. “Io zitto non resto, il rap è il pretesto” era la chiusura di una strofa e l’abbiamo trasformata nel ritornello perché è una frase che, quando l’abbiamo registrata, mi ha fatto pensare “cazzo, sta roba è pesante!”. È oggettivo che il rap debba essere il pretesto per dire quello che si vuole. Deve essere una valvola di sfogo in grado di far sentire la voce della nostra generazione. Ogni volta che ascolto da solo ONESTO mi da la carica per continuare a fare questo lavoro. Per far sì che le persone si possano esprimere sui miei beat.
Rispetto al brano ISPIRAZIONE feat Noemi, è stato difficile arrangiare una base rap con le sonorità pop della cantante?
In realtà no. Inizialmente mandai a Noemi il provino di ISPIRAZIONE, con le strofe di Fabiano. Ma allora il beat era molto diverso da quello attuale. Dopo solo due giorni Noemi ci inviò la sua parte. Appena ricevuta pensai che avevo bisogno di musicisti per completare l’opera al meglio. Non c’era bisogno di strafare, ma solo arrangiare un tappeto musicale concreto e comprensibile sia per il pubblico di Fabiano che per quello di Noemi. Chiamai degli amici, i Keemosabe, che mi aiutarono nella scrittura della musica. Assieme creammo un sottofondo con il pianoforte, prima di aggiungere altri strumenti. Non credo di aver fatto né una base rap con influenze pop, né chissà che altro: pianoforte, chitarra, 808, qualche synth in aggiunta e basta. Tutto suonato e registrato dal vivo, pochi plugins. Questa era la mia visione della canzone, semplice ed efficace. Sono soddisfatto al 100%.
Molte volte quando un rapper collabora con un artista pop si sentono quegli stacchetti 808/trap orribili quando parte la strofa del rapper. Questa disarmonia è purtroppo colpa di “producer/operai”, che fanno il loro lavoro avendo ottime basi pop ma cercando, non so per quale motivo, sempre il crossover, cosa che a me non è mai piaciuta.
Credo che questa collaborazione non sia PER NIENTE un incontro forzato tra rap e pop, come lo sono a mio parere la maggior parte di quelle uscite finora in Italia. Non sto esaltando il mio lavoro ma solo cercando di essere obbiettivo.