
Diego Random ha pubblicato l’EP Aesthetic Chaos lo scorso 23 aprile, progetto mixato e masterizzato presso il Souledge Recording Studio di Grugliasco (TO) di Dario Basile e interamente prodotto da DeadlyCombination. L’artista torinese aveva voluto anticipare l’uscita di questo EP con la pubblicazione del video di Fulmini, primo singolo estratto, realizzato da Francesco Rossetto, Marco Sanalitro e Diego Random stesso.
Aesthetic Chaos è un progetto intimo e legato da un unico filo conduttore:
È un progetto molto personale ma allo stesso tempo riesce a far immedesimare l’ascoltatore in ciò che dico, perché le emozioni che racconto possono essere comuni a tante persone. È figlio di diversi sacrifici e duro lavoro, lo considero una rivalsa personale nei confronti di tante ansie e demoni che prima mi abbattevano, ma con cui ora riesco a convivere. Li ho convertiti in arte, usandoli come fonte di ispirazione per creare bellezza sotto forma di canzoni, rendendo estetico il mio caos.
Noi siamo rimasti incuriositi da queste parole e abbiamo voluto porre all’artista qualche domanda per comprendere meglio il suo chaos e magari fare luce anche sul nostro.
Benvenuto su lacasadelrap.com! Ecco una domanda per rompere il ghiaccio, c’è una storia particolare dietro la scelta del tuo nome d’arte?
Il mio nome d’arte nacque molto spontaneamente quando ero piccolo. Da quando ho circa 6/7 anni ho il sogno di vivere di musica scrivendo canzoni, e quasi da subito avevo in mente il nome che avrei avuto, lo scelsi circa nel periodo delle medie. Inizialmente era solo “Random”, ma a causa di una palese omonimia che è saltata fuori nel tempo, ho dovuto effettuare una modifica e ho scelto di aggiungere il mio nome di battesimo. Questa modifica è calzata a pennello in un momento in cui decisi di non separare più concettualmente il “me” artistico dal “me” persona, rendendoli un tutt’uno sia nella mia routine, che nel nome.
In Strada è una traccia che non mi aspettavo di trovare, diretta e soprattutto che tratta una tematica estremamente complessa: il razzismo. Come nasce questo brano?
In Strada (10137) nasce dalla mia esigenza di raccontare, a modo mio, il mio quartiere, fulcro della mia ispirazione, in quanto è il luogo che vedo da più tengo e che inevitabilmente mi influenza da quando sono nato. L’obiettivo che mi sono posto era quello di non cadere in banalità e non essere frainteso, cosa che capita molto spesso di questi tempi quando si parla di “strada”, e dai primi feedback che ho ricevuto credo di esserci riuscito. Tra ciò che volevo comunicare e trasmettere non poteva sicuramente mancare un accenno al razzismo e alle discriminazioni in generale, sono concetti che non tollero e a tratti li trovo inconcepibili, il quartiere ci ha sempre insegnato tutt’altro, il rispetto e l’uguaglianza.

“Fottuta paura, vipera, ci butta giù dalla cima, siamo in caduta libera non sentiamo più le grida” mi dà l’idea che, nonostante l’accezione negativa della caduta, ci sia comunque un andare in avanti, che ritrovo anche in “Ci pensi mai sarai grande, cosa lascerai alle spalle”. Quindi ti chiedo, qual è la tua meta?
Il mio obiettivo ultimo, con la musica, è quello di diventare immortale, fare canzoni memorabili ed essere ricordato anche quando non ci sarò più. È un’ambizione grande ma è ciò a cui aspiro. Nel breve termine invece, la mia meta è quella di vivere grazie alla musica, riuscendo a trasformare tutte le mie ansie, paure e bad vibes in qualcosa di artistico e bello, così da avere una rivalsa nei loro confronti, dedicandomi alla musica che è tra le cose che mi piace fare di più.
“Mi sembra gas questo ossigeno”: cosa credi sia un fattore estremamente limitante per chi, come te, ha necessità di esporre la propria verità?
Personalmente credo che nulla sia limitante nel momento in cui si voglia davvero esporre la propria verità. A volte possiamo essere noi stessi a limitarci, per pigrizia o mancanza di coraggio. In questo caso come in moltissimi altri, il primo ostacolo da sorpassare siamo noi stessi e la concezione che abbiamo di noi in funzione di chi ci guarda/ascolta/circonda.

Noto una certa confidenza nei tuoi brani, mista ad una nota di malinconia. Quali sono i tuoi artisti di riferimento?
Mi piace e ascolto tanta musica, le mie influenze sono fortunatamente molto varie e sfaccettate, come si può capire anche solo dalla scelta delle produzioni per questo EP. In generale, cerco sempre di non avere artisti di riferimento fissi perché ci sarebbe il rischio di diventare la loro copia e questo ucciderebbe la fondamentale ricerca della propria identità che deve effettuare ogni artista.
Per la pubblicazione di questo progetto ti sei avvalso della partecipazione di qualcuno in particolare? E se si, come è nato il vostro rapporto lavorativo?
DeadlyCombination è il produttore di tutto il progetto che ho interamente registrato, mixato e masterizzato al Souledge Studio di Dario Basile, un gran professionista e ormai amico. I rapporti con queste figure sono nate in maniera completamente spontanea. Ho iniziato a registrare da Dario quando un paio di anni fa interruppi una collaborazione con un altro produttore. Conobbi DeadlyCombination (Davide Ciruolo) durante la prima quarantena tramite amicizie in comune e da subito colsi il suo potenziale. Tengo tanto al lavoro di squadra e allo scambio di idee, reputo che garantisca sempre una qualità aggiuntiva ai progetti.

Credi sia una buona scelta, in un periodo in cui non si possono fare concerti, continuare comunque a pubblicare progetti discografici?
Certo, nel mio caso soprattutto. Essendo un emergente, non avendo nessun tour di concerti e avendo come unico obiettivo quello di farmi conoscere ed emergere, per me è importante fare uscire musica. Anche senza il covid, non facevo di certo un live alla settimana e sicuramente non erano situazioni grandi. Quindi la mia missione è spaccare il più possibile adesso per arrivare a meritarmi dei bei palchi una volta che tutto riaprirà. Cosa che senza far uscir musica ovviamente non accadrebbe.