È il 14 maggio del 1996 quando viene pubblicato il primo album solista del giovane artista di Scafati Giovanni Pellino, dai più conosciuto come Neffa per i suoi precedenti lavori con vari collettivi – ricordiamo 100% con i Negazione (gruppo hardcore punk torinese) e il più celebre SxM con la crew Sangue Misto.
Nonostante il grande successo ottenuto nel 1994 con il gruppo composto da Deda e Gruff, Neffa decide di intraprendere un lavoro ancora più personale rispetto ai precedenti. Nonostante il suo background artistico, l’obbiettivo di questo nuovo album sarà quello di abbracciare anche le sonorità più funky e soul che contraddistinguono le doti canore dell’artista campano. È il 14 maggio 1996 e viene pubblicato Neffa e i messaggeri della dopa: “è il ritorno del guaglione sulla traccia”, e da quel momento in poi l’hip hop italiano non sarà mai più come tutti l’avevano sempre pensato.
L’importanza del gruppo
È l’ultimo disco per cui, prima dell’uscita, tiravo su il telefono per far sentire i pezzi agli amici, l’album con cui ho dimostrato la gratitudine a chi c’era, agli esponenti di quel primo gruppo che ha formato la scena e a quelli a cui dovevo qualcosa.
(Neffa per Rockit.it)
Per capire il disco in questione è necessario comprendere i rapporti che l’artista di Scafati intratteneva all’epoca, è doveroso chiamare in causa il suo più stretto collaboratore a livello musicale: Deda.
Chi è Deda? Semplicemente una delle colonne portanti dell’hip hop italiano: se ne parla fin dal lontano 2005, alcuni hanno sostenuto che il suo nome sia legato ad un “gruppo” di producer e DJ, altri invece ritengono che dietro questo si celi l’MC Katzuma. Rimane il fatto che a lui sono legati diversi importanti progetti, tra cui Isola Posse All Stars e Sangue Misto – e spesso il poco citato Melma & Merda.
Data questa breve premessa è semplice comprendere quanto fosse stretto il legame tra Neffa e il producer Deda dopo il successo del 1994 di SxM. Dopo il capolavoro firmato Sangue Misto, però, il DJ decide di allontanarsi dalla scena hip hop – o quantomeno di prendersi una pausa dalla stessa – mentre Neffa inizia a sviluppare il suo progetto solista.
Gli ultimi due beat che Deda aveva consegnato al “guaglione” nell’inverno del 1994 saranno, poi, due delle hit più importanti della discografia l’hip hop italiana: La ballotta e, soprattutto, Aspettando il sole.
Deda, Neffa e DJ Gruff, ovvero Sangue Misto
Come io dai Sangue Misto, mi aspettavo un sequel…
(Sequel Freestyle – Ensi)
Sicuramente il progetto Sangue Misto è stato uno di quelli che maggiormente ha segnato l’hip hop italiano e, soprattutto, lo stile di questo genere. Un lavoro tanto criticato poiché diverso dagli standard del periodo, quanto apprezzato poiché irriverente ed innovativo. In molti infatti avrebbero desiderato – ieri, come oggi – un ritorno del famoso collettivo composto da Neffa, Gruff e Deda.
Ma lo scioglimento del gruppo era davvero il naturale percorso che le cose avrebbero dovuto avere? L’unica risposta possibile è sì! Per quanto a malincuore, bisogna accettare che un lavoro come SxM ha anche un notevole spessore proprio grazie al suo essere unico ed irripetibile: banalmente un sequel sarebbe stato di troppo e avrebbe anche potuto snaturare la bontà del primo (ed unico) progetto.
Tutto questo per dire cosa? Semplice! Neffa e i messaggeri della dopa rappresentava l’unica (e più degna) risposta a due esigenze diverse: da un lato le differenti scelte artistiche dei tre fondatori, dall’altro la richiesta di nuova musica da parte di quel pubblico che bramava la bontà di SxM. È anche doveroso precisare che se non fosse per la mancanza di Deda, il quale ha comunque prodotto due brani dell’album, il progetto Neffa e i messaggeri della dopa sarebbe stato di fatto il sequel tanto atteso dei Sangue Misto, sebbene con un nome differente: gli elementi di ciò che avevano reso unico SxM ci sono tutti. La differenza sostanziale è (chiaramente) la preminenza artistica di Neffa, a discapito di Deda e Gruff.
Ridurre quest’album a solo questo è però riduttivo. Il valore di questo disco è anche altro: Neffa e i messaggeri della dopa pone a confronto sul grande palcoscenico della musica italiana il rap con il cantautorato. Questo nuovo genere viene accolto tanto dalle emittenti televisive quanto dalle radio e, per la prima volta, viene recepito dal pubblico come nuova frontiera musicale. Il rap si presenta non più come genere “per ragazzi”, ma come uno stile in grado di essere apprezzato anche da un pubblico adulto. Neffa raccoglie attorno a sé gli esponenti principali di ciò che sarà poi definito Golden Age – ci riferiamo alle due canzoni I messaggeri pt.1 e pt.2 che vedono la partecipazione di artisti come Kaos One ed Esa – e rivolge alle grandi masse una domanda: esiste solo la musica cantautorale in Italia? La risposta è no! Il rap era ufficialmente entrato nel panorama culturale del Bel Paese.
Il filo rosso: da Neffa a Giovanni
Quando ascolto Aggio perzo ‘o suonno mi dico che somiglia un po’ ad Aspettando il sole, però non rappo e canto in napoletano, rappa un altro: dopo 25 anni le carte sono un po’ cambiate, e mi sembra anche giusto.
(Neffa a RTL 102.5)
La canzone Aggio perzo ‘o suonno fa parte dell’ultimo album AmarAmmore, pubblicato il 2 aprile 2021 da Sony Music. Cerchiamo di capire meglio come si struttura il legame tra questo e Aspettando il sole. La collaborazione di Aspettando il sole non era stata assolutamente prevista da Neffa, sarà solo successivo l’inserimento di Giuliano Palma – frontman dei Casino Royale. In verità la demo di questo brano già circolava da diverso tempo fra gli artisti vicini alla musica del rapper di Scafati, ed era arrivata anche alle orecchie di Giuliano Palma che, fin da subito, ne aveva riconosciuto il valore. Quando l’artista della scuola bolognese propose al frontman di collaborare al brano per la realizzazione del ritornello, subito seguì un assenso: il brano venne dunque realizzato nella versione che conosciamo oggi.
Se nel brano del 1996 Neffa rappava e Giuliano Palma si occupava della melodia nei ritornelli, nel brano in collaborazione con Coez il tutto si svolge a parti invertite: sembra quasi un passaggio di guardia, un momento fondamentale tanto per la carriera dell’artista in sede a Bologna quanto per il rap in generale soprattutto se lo si pensa in termini di successione. L’album in napoletano forse non é ciò di cui il pubblico aveva bisogno, ma è obbiettivamente ciò di cui l’artista sentiva necessità, e si sente: è un album che segna quasi un ritorno a casa, un viaggio alla riscoperta di sapori antichi. È anche piacevole vedere Neffa in una veste inedita rispetto al solito, ancor più se questa si tinge di note blues che rimandano alla musica di Pino Daniele – di cui Neffa è fan fin dalla gioventù.
Come afferma lo stesso Neffa “è anche giusto così”: d’altronde la musica e la cultura cambiano costantemente ed è per lui tempo di lasciarsi il rap alle spalle. Nel frattempo noi continuiamo a sperare in un ritorno dei Sangue Misto...