DJ Khaled, storico producer di successo e orchestratore di collaborazioni da sogno, ha pubblicato Khaled Khaled lo scorso 30 aprile 2021 per la label We The Best/Epic Records.
Questo è il suo dodicesimo album, con una copertina ultra colorata, dove lo vediamo inginocchiato nel Giardino della Holy Mountain in preghiera, circondato dai suoi due figli Asahd e Aalam che insieme ad Allah sono i produttori esecutivi. L’album segue la formula ormai super collaudata del DJ e produttore, farcita di tormentoni estivi con l’aiuto di superstar e rapper super platinati, un’astuta mossa per ottenere successi garantiti.
La lista degli ospiti per Khaled Khaled è così lunga che è faticoso raccontarla. Con 28 cameo in tutto, DJ Khaled ci regala musicisti di prima qualità (Drake e Cardi B), i nomi più richiesti di oggi (Megan Thee Stallion, Lil Baby e H.E.R.), ex nemici del rap che compaiono nella stessa traccia (Jay -Z e Nas sul sontuoso e nostalgico Sorry Not Sorry) e la strana ma brillante combinazione di Justin Bieber e 21 Savage in Let It Go. C’è persino un’apparizione non accreditata di Beyoncé di un solo secondo, dove lancia un singolo “Hey”, buttata nel mix giusto per non farsi mancare nulla.
Strumentali
L’album si può definire essenziale (presentando un cofanetto scarno di soli 13 brani) per gli standard di alcuni progetti hip-hop, nel complesso è un movimento alla rinfusa di suoni, attraverso la miriade di influenze di Khaled che vanno dalla pirotecnica trap da stadio, fino al reggae, e persino all’utilizzo di un campione di Layla di Eric Clapton. In compenso tiene sempre all’erta, è vastissimo e coloratissimo.
Lil Wayne apre il disco, le icone del reggae Buju Banton e Barrington Levy lo chiudono. Legato insieme da suoni festaioli e, naturalmente, da quell’inconfondibile “We The Best Music… Another One… DJ KHALED“!. Le produzioni si notano alla grande in tracce come I Did It che suona tagliente, dinamica e motivazionale, con un’intesa fiammante tra il produttore, Post Malone e Megan Thee Stallion, presentando un ritmo che mescola vibrazioni rock elettrizzanti con vibrazioni rap incisive. Thankful con Jeremih e Lil Wayne è un potente pezzo apripista, ma è Every Chance I Get il brano che riesce a fornire un vero momento d’oro, con Lil Baby e Lil Durk.
Testi
Se qualcuno volesse capire come si è evoluta la musica rap e gli artisti dagli anni ’90 ad oggi, Lil Wayne nella sua forma classica in Thankful ci ricorda perché è uno dei più grandi di quest’epoca, semplicemente con rime mature come:
“Sit down be thankful…big smile although it’s painful… be now be ancient.”
Come ho già detto parlando dei suoni in questo album, uno dei pezzi forse più appariscenti ed attuali è Every Chance I Get di Lil Baby e Lil Durk: questa è sicuramente una traccia per la generazione Z, con il tipico suono drill “made in Chicago”. Il testo, con una vena e riferimenti a volte un po’ misogini, rende la canzone commercialmente attraente. La traccia Big Paper di Cardi B è la canzone arrivata all’ultimo minuto, ma anche una delle migliori, in quanto incarna l’aggressività dell’era anni ’90 di 50 Cent, Lil Kim e DMX. In questo brano, Cardi B dimostra pienamente il suo status di MC.
La traccia intrisa di reggae We Going Crazy con H.E.R. e Migos è forse un sintomo della pandemia. Per sopravvivere, molti artisti stanno uscendo dalla loro zona di comfort e questa è l’unica traccia dell’album fuori dalla norma, dove troviamo una H.E.R. sboccata come mai l’abbiamo vista. Pop Star di Drake è un pezzo sempre fresh, mentre This Is My Year di A Boogie Wit da Hoodie, Big Sean, Rick Ross e Diddy è una delle tre canzoni dell’album che vale la pena suonare due volte. Sorry Not Sorry è il rap di lusso di cui tutti non sapevano di aver bisogno, eseguito magistralmente dai king del rap Nas e Jay-Z.
Stile
L’album è un rollercoaster di stili e suoni, passa dal soul al pop, al reggae, al rap hardcore, poi all’R&B, di nuovo al pop, e termina con il reggae-dancehall.
Dove brilla di più, è con il mondo lirico di Cardi B, Rick Ross, Jay Z, Nas e Big Sean. La scelta dei campioni e dei ritmi fluidi rendono l’album facile da digerire e piacevole all’ascolto. Quindi, sì, certo, Khaled Khaled è eccessivamente vanitoso e loquace, un gioiello pop/hip-hop lucido e brillante, il suo splendore quasi acceca l’ascoltatore con alcune delle sue sfumature più sottili e dal rap stranamente grezzo. Eppure, come un diamante, ci sono alcuni bordi taglienti che si fanno strada in modo scioccante con i vari stili musicali, anche se accompagnati da produzioni perfette e con artisti di grande mole, che a volte fanno fatica a convivere perfettamente insieme. Lo stile di Khaled è sempre lo stesso, lussuoso e festaiolo, ti affascina, ti acceca, ti fa divertire, ma poi non ti lascia quel ricordo indelebile che alcune canzoni memorabili sanno fare.