
Oggi, tra le nostre righe, vorrei consigliarvi un libro da portarvi in vacanza, firmato da Paola Zukar. Nel caso ci andaste, o caso contrario, vi farà buona compagnia anche a casa vostra, oppure ovunque voi siate. Il libro in questione è una riedizione del celebre libro scritto dalla manager: Rap – Una storia italiana, edito Baldini+Castoldi. Sicuramente molte persone che sono appassionate di rap italiano avranno già avuto modo di leggerlo e di consigliarlo anche ad altre, magari. Rap. Una storia italiana è infatti un «long seller» (p.9): ossia, libro molto letto e che contiene elementi interessanti, validi, attuali e rilevanti anche dopo sei anni. Quando ho saputo che c’era stata questa nuova riedizione, con entusiasmo sono andata su Amazon e ho scaricato il mio e-book.
Riflessioni attuali dal passato
Visto che mi era piaciuto tanto, ho poi deciso però di comprare anche il libro cartaceo di Paola Zukar. Quando sfogliavo le pagine, mi avvicinavo con aria incuriosita alle parti nuove e ritrovavo quasi commossa capitoli o parti singole che mi avevano molto emozionata, interessata, come l’interpretazione di Kenneth Stone sulla figura dell’eroe (p. 280). Dentro di me, risuona però il pezzo della canzone di Ensi, 4:20:
Ma non dirlo ai quattro venti
È che il mio orologio è rotto
È fermo sulle quattro e venti
Le quattro e venti, le quattro e venti
Il mio orologio è rotto
È fermo sulle quattro e venti
Non sapevo esattamente cosa aspettarmi. Ricordavo però che il libro di questa brillante manager si concludeva appunto nel 2016, e da lì non si muoveva più. Era una bellissima fotografia, densissima; una fotografia che parlava di una parte della storia della musica storia italiana contemporanea, spesso non conosciuta, quindi spesso non apprezzata, o non capita da un pubblico di non di persone non appassionate.
Fermo nel 2016 l’orologio del libro, lasciava fuori date e nomi importanti sia a livello nazionale per quanto riguarda il rap e la trap, sia livello internazionale, per quanto riguarda i primi due generi e la drill, poi. Dal 2016 il territorio musicale e culturale del rap italiano si è evoluto veloce e in qualche modo si è profondamente stravolto. A questo proposito mi vengono in mente le canzoni di Tha Supreme: chi avrebbe mai immaginato che il furor del dire si sarebbe trasformato nel suo opposto?
Una foto del presente: l’urbanizzazione del mondo
L’autrice, però, non parla solo di rap italiano. Racconta in modo preciso, semplice e coinvolgente anche delle evoluzioni della musica Urban a livello internazionale. Parte dal constatare che il rap, così come la trap sono infatti i suoni musicali che più ci circondano. L’autrice parla a questo proposito di come ci sia stata questa lenta, ma inesorabile trasformazione che ha riguardato rap e trap. Scatta così un’altra foto. Come in questo passaggio:
«C’è da dire che non sono loro che sono diventati pop, ma è proprio il pop che si è totalmente e definitivamente urbanizzato, ha cioè assunto molte caratteristiche tipiche della musica moderna nera, come il rap, l’R&B, il neo-soul, la bass music eccetera. E non solo negli Stati Uniti» (p.286)
Paola Zukar

Il rap e la trap sono diventate il suono della nostra vita quotidiana e a livello globale. Nei libri specialistici si parla di subcultura globale per riferirsi alla Cultura dai cui questo variegato genere affonda le sue radici. Cosa impensabile anni fa. A proposito d’influenza e di vita quotidiana, pensiamo ad esempio all’ascendente che ha la trap: non solo a livello di suono, ma anche nell’estetica, nell’abbigliamento e nel linguaggio, in particolare.
Ma torniamo al libro di Paola Zukar; ero curiosa di leggere le sue riflessioni, anche se ero consapevole che non mi trovavo davanti a un classico libro che cerca di inquadrare e di ricostruire da un punto di vista storico-giornalistico, o critico musicale, oppure in modo romanzato questo genere musicale, così bistrattato eppure così diffuso. Il libro, come dice la stessa autrice, è una sorta di backstage e cerca di inquadrare i cambiamenti le grandi evoluzioni di questa storia italiana, soffermandosi sugli anni 2016-2020. Ho avuto modo, leggendo, di soddisfare la mia curiosità. Il libro infatti, pur essendo centrato fortemente sul contesto Urban italiano, richiama i grandi nomi e eventi di importanza internazionali. Sviluppa alcune considerazioni, ad esempio sul rap, e sul suo raggiungimento della sua maturità – il mostro finale (p.336) – e sulla trap italiana. In questo è centrale la figura di Sfera Ebbasta.
L’Italia di oggi tra rap, trap ed echi drill
La manager non si sofferma solo su di lui, sulle sue alterne vicende e sugli altri protagonisti della scena: va oltre. E va al cuore di alcune problematiche che attraversano la nostra società, come ad esempio: l’incepparsi dell’ascensore sociale attraverso lo studio. A volte, come dice la Zukar, è il rap stesso a rappresentare «l’unico ascensore sociale funzionante, l’unica novità davvero per i giovani» (p.313). Lo studio, infatti, pur essendo un elemento fondamentale non è più – molto spesso – un elemento che può fare la differenza; questo perché che se studi tanto non è detto che migliorerai la tua condizione, anche se anche se ti impegni moltissimo. La manager racconta poi in modo molto attuale, visto che questo libro vede la luce durante la pandemia, di come la nostra società sia sempre più attraversata dall’impoverimento economico che colpisce le periferie e i segmenti più giovani della nostra società. Questa verità è raccontata nei versi dei rapper, celata ma onnipresente, e dalla quale spesso non si scappa – anche quando si raggiunge la fama (p. 299) – nelle parole più o meno biascicate e alterate con autotune dei trapper. È un libro che dice questo e tante altre note dolenti del nostro Paese, senza troppi giri di parole. Per questo, l’ho davvero apprezzato tanto.
In generale posso dire che ho trovato questa nuova edizione una storia italiana molto intensa, lucida , critica, onesta, schietta. Per me questo libro è un unicum e lo è anche nella sua nuova veste che fa capire bene lo stato d’arte della musica italiana oggi. Rap. Una storia italiana racconta infatti la scena rap e il suo evolversi nella trap e nel farsi drill, anche se in Italia questo genere non è ancora così delineato (p.300). Lo fa in modo speciale e dal punto di vista di una manager preparata, influente importante. Anche se è un punto di vista parziale è però onesto, reale, autentico, particolare, diretto, appassionato, ricco di contenuti. Le voluminose 357 pagine scorrono veloci e interessanti, arricchite anche da alcune immagini e ritraggono momenti o aspetti della scena rap, trap e drill estera, o italiana. Quindi che cosa posso dirvi ancora? Non lasciatevi intimidire dalla mole e correte in libreria!