
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con J-Ax prima dell’uscita del suo nuovo pack di album che contiene ReAle, Surreale e J-Axonville e abbiamo capito che il suo nuovo disco è un viaggio surreale. Un po’ come la sua reazione, quando gli diciamo che siamo de lacasadelrap.com, e ci accoglie con un “Wow! Lacasadelrap, ma tu sei più giovane del sito…”. Grazie Ax, anche noi ti seguiamo da una vita. Ma torniamo all’album.
Con le liriche “grevi” miste alla rabbia rock, al ritornello radiofriendly, i momenti che accolgono il pop tenendosi lontano dal pregiudizio di etichettarlo “mainstream” e i feat che fanno spazio al cantautorato, la travolgente ballabilità banger, J-Ax con Surreale ha appena confermato di riuscire a veicolare il rap sotto tutti i codici, in modo nazional popolare, restando autentico.
In Surreale le collaborazioni spaziano dalla canzone leggera al pop-rock, con Ermal Meta in Un Tera di felicità, Francesco Sarcina (Che classe), Federica Abbate (Canzone country) e Jake La Furia (Salsa). Il comune denominatore di esperienze e contenuti così diversi tra loro è J-Ax. Per questo non risultano dissonanti. È inconfondibile l’impronta dissacrante del suo punk, con cui si ribella a tutto quello che viene fatto senza sforzi, all’appiattimento dei contenuti e dei comportamenti.
Lo si capisce a partire dalla copertina, che ritrae un J-Ax visivamente trattato come il protagonista di un quadro surrealista, al pari di uno degli orologi molli di Dalì: per lui il tempo sembra morbido, senza convenzioni cronologiche e sembra scorrere senza scalfirlo. “Mi sono comprato al posto degli orologi d’oro, così se un giorno la discografia non mi vorrà più, io farò comunque musica in eterno” ci ha detto.

Il visual dell’album è disseminato di elementi sconnessi tra loro, come un puzzle da completare. Non sono immediati o raccontati ma onirici, accennati, come pennellate che per essere interpretate hanno bisogno di uno sforzo di immaginazione.
Quando gli domandiamo se è voluta la scelta di dare all’album il fil rouge del surrealismo ci risponde che “Non per forza la lettura dovrà essere questa ma che sono felice che uno sforzo di lettura sia stato fatto.”
E lungo tutte le 11 tracce del disco Ax sembra dire proprio questo, fate uno sforzo in più. Ad Ax non basta fare la hit di due minuti e lo dice a chiare lettere “Faccio la terza strofa perché a voi non piace” (in Amo l’odio). Per lui non è sufficiente piacere e anche questo lo rappa espressamente. Se necessario Ama l’odio, perché preferisce dire qualcosa, prendere una posizione.
Invita gli altri artisti della scena a non farsi bastare l’apparire colti, riempiendosi la bocca di citazioni colte nelle interviste (I film di Truffaut). Perché quando poi si va a fondo e si presta l’orecchio, se si ascolta una testa vuota si sentirà solo rumore, come l’eco del mare quando si avvicina l’orecchio a una conchiglia (Canzone country).
Invita i no vax ad accendere il cervello, gli italiani a leggere le contraddizioni del nostro Paese, i genitori a ribellarsi all’ipercontrollo dei figli, gli ascoltatori a non farsi bastare le categorie (“io sono fan di Gaber ma pure delle storie che fa Dj Khaled, di Dua Lipa e di Mina“) e l’album è così, eterogeneo ma coerente.
Nel disco c’è spazio sia per il divertimento e che per la riflessione, necessaria sul periodo appena vissuto. Per lui l’album è surreale perché “Surreale è il momento che abbiamo vissuto”. E descrive l’incubo del lockdown in Stronzy e in modo più intimo In Voglio la mamma, uno dei brani già pubblicati.
Gli abbiamo domandato come lo ha vissuto come persona, dato che è stato colpito, insieme a sua moglie, dal Covid-19 e come è stato da artista. Domanda quasi obbligata viste le polemiche delle scorse settimane sorte dopo il concerto di Salmo. “Sono d’accordo con Fedez su quello che ha detto, ma non entro nel merito del litigio che ha avuto con Salmo. Posso capire la rabbia di quest’ultimo, perché il nostro settore è stato trattato con superficialità. La rabbia ti può portare a fare delle scelte sbagliate, perciò quella è stata una scelta sbagliata” ha risposto.
E anche se, come scrive lui in Stronzy “L’impegno sociale non è fresh” J-Ax lo è. Nonostante “di piacere che mi frega” continua a farlo, con il suo urlo evergreen, veterano e attuale al tempo stesso.