
Pubblicato oggi, venerdì 10 settembre, per Arista/Columbia Records Italy/Sony Music Italy, Cantera Machete Vol. I è il primo capitolo del nuovo progetto discografico prodotto dalla Machete Empire Records e interamente dedicato ai giovani talenti.
Questo lavoro è stato fortemente voluto da Machete per affermare la volontà della crew di accompagnare la crescita artistica di artisti emergenti. Le undici tracce contenute in quello che è a tutti gli effetti un disco sono interpretate, infatti, da undici artisti scelti nel corso delle dirette del format di Cantera Machete, contest che è andato in onda sul canale Twitch di Machete da marzo a giugno di quest’anno.
Jack the Smoker e Charlie KDM, insieme agli ospiti delle otto puntate – Young Miles, Nitro, Slait, Tredici Pietro, Massimo Pericolo e Hell Raton – hanno ascoltato e valutato, supportati dalla community, i pezzi di 80 artisti selezionati da un totale di circa 10.000 candidati. Ad aggiudicarsi il primo premio in palio, ovvero l’incisione di due brani con Sony Music Italy/Columbia Records Italy, è stato Gori, rapper italo-brasiliano classe 1996, ma l’iniziativa non si è esaurita nella nomina del vincitore. Altri dieci artisti considerati meritevoli sono stati scelti come protagonisti del primo volume di questo nuovo progetto: Jani, Ince, Pit, Zoelle, Spika, Alphred Locura, Gioac, Severam, Rod’s Royce e Digame.
L’album, che vede la partecipazione di Stabber come direttore musicale, Enrico Brun come fonico e di Marco Vialardi ed Enrico Brun al mixing e mastering, si presenta come estremamente variegato e per farci raccontare tutte le sue sfumature abbiamo deciso di fare quattro chiacchiere con uno dei suoi promotori, Jack The Smoker. Prima però, ascoltiamo Cantera Machete Vol. I!
Ciao Jack e benvenuto su lacasadelrap.com! In ambito artistico, in generale, e nel mondo del rap in particolare, i nomi hanno sempre avuto particolare importanza non solo per identificare soggetti e progetti, ma anche per qualificarli. Volendo raccontare dall’inizio la realtà di Cantera Machete, ci spiegheresti il motivo dietro la scelta di questo nome?
Cantera è la parola spagnola per descrivere le scuole giovanili gestite dalle società sportive, ovvero quelle squadre di talenti sotto i 18 anni e quindi, per estensione, quei giovani che hanno del talento, ancora non l’hanno espresso totalmente e potrebbero diventare dei fuoriclasse, dei giocatori mediocri o non fare più nulla da quel punto di vista. Ci è piaciuta, per parallelismo, l’idea di non andare a colpo sicuro che si nasconde dietro questo termine, che è un po’ quello che facciamo spesso con la realtà Machete: scommettere su qualcosa di nuovo e diverso.
La prima volta che abbiamo sentito parlare di Cantera Machete ci è stato presentato come format per giovani talenti pronti ad emergere e basato sulla valutazione della loro musica fino a quando non ne sarebbe rimasto solo uno. Cosa vi ha spinto a non fermarvi alla nomina del vincitore?
Come ho appena accennato, è una nostra attitudine quella di considerare non solo il colpo sicuro, ma anche il processo futuribile. In più, un sacco di gente ci chiedeva di poter ascoltare i pezzi dei ragazzi che si erano esibiti durante il contest, il che ha accentuato il nostro renderci conto che ci fossero delle prospettive al di là di una semplice premiazione multimediale. Tutte queste istanze hanno portato al prodotto tangibile che è questo disco, come se fosse un naturale proseguimento di quello che avevano iniziato e che abbiamo sempre fatto nella nostra crew. Basti pensare a un pezzo contenuto in Machete Mixtape III, Join the crew 2014, nato dall’omonimo contest che ha permesso ai tre vincitori di figurare nel disco. Considerando il processo di realizzazione e anche la struttura, Cantera Machete Vol. 1 è senza dubbio frutto dell’incontro di anime diverse.
Quali caratteristiche vi hanno fatto raccogliere sotto lo stesso progetto proprio quelle 11 anime?
Innanzitutto c’è stata la vocazione di non rappresentare una sola anima musicale, perché altrimenti non ci sarebbe stata la giusta espressione di quello che sta succedendo attualmente nel panorama musicale. Infatti, questo progetto non è unicamente legato al rap in senso stretto, ma è la rappresentazione delle diverse anime di un ragazzo nel momento in cui, oggi, si mette di fronte ad un microfono, libero da schemi. C’è tanta eterogeneità e abbiamo cercato, già durante lo svolgimento del format, di dare spazio alle diverse influenze musicali. L’idea è sempre stata quella di non essere monocorde, anche per non inibire l’iscrizione al contest di ragazzi con attitudini differenti, facendoli trovare nelle condizioni di potersi esprimere al meglio.
Dato che, appunto, questo album nasce dall’incontro di differenti personalità, quale potrebbero essere tre parole per descriverlo? Insomma, se dovessimo dare insieme un titolo all’articolo su questo progetto, quale sarebbe?
Poi voglio i diritti però eh (ride, ndr). In realtà due parole sono sicuramente già emerse: la prima è eterogeneità e la seconda è libertà, intesa come assenza di pressioni e schemi che irrigidiscono l’espressione della propria arte. E la terza…
La terza potrebbe essere una parola che compare già nel titolo di uno dei pezzi, ovvero rivincita, perché quello del riscatto è un concetto che ritorna in quasi tutti i testi. Che ne pensi?
Sì, quello della rivincita potrebbe rappresentare un altro punto in comune tra le tracce del progetto e tra gli artisti che le hanno interpretate. Tra l’altro non capita troppe volte che alla prima esperienza, alla prima uscita, capiti di andare a registrare in uno studio di Sony e di includere la traccia nel disco di un’etichetta. E questo può incitare anche altri ragazzi a prendersi la propria rivincita e partecipare a format del genere che si tengono in un ambiente nuovo come Twitch.

Questa piattaforma di live streaming vi ha permesso di ascoltare i brani in gara col supporto della community. Quanto è stato determinante ricevere in diretta il parere degli utenti su ciò che stavate ascoltando? Si può dire che questo contest sia stato più partecipativo per il pubblico rispetto a quelli in un panorama non digitale?
Quella di Twitch rappresenta perfettamente la partecipazione attuale. Prima c’erano le persone sotto al palco che esprimevano il loro gradimento battendo le mani e urlando. Basti pensare che ad un contest come il 2 The Beat ci fosse un microfono sulla parete che prendeva i decibel, mentre ora è come se ci fossero i decibel digitali, i commenti con cui gli utenti si esprimono tramite internet. E Twitch è fondamentale nel permettere la condivisione dei pareri in tempo reale. Bassi Maestro con il suo canale su questa piattaforma e Hell Raton con Machete Gaming mi hanno introdotto in questo ambiente di cui, pian piano, ho compreso le potenzialità. Twitch, infatti, ha permesso di condividere con la gente un progetto nato dalla gente e per la gente.
Il digitale è un ambiente che Machete ha sempre incluso nel proprio micro universo in modo diversi. Per il futuro avete intenzione di continuare a muovervi in questa direzione o, auspicando nella fine della pandemia, di accentuare le iniziative fuori dallo schermo?
A me la vita reale piaceva (ride, ndr). Senza dubbio, però, una roba come questa non ha un corrispettivo nella realtà, perché ci si dovrebbe limitare a delle serate di una determinata durata. Quello che si potrebbe fare, magari, sarebbe organizzare la finale di un contest su Twitch dal vivo, perché fare dal vivo tutte le sessioni che abbiamo fatto in questo caso sulla piattaforma potrebbe essere pesante e necessiterebbe di un’ulteriore scrematura dei partecipanti e di freddezza e concentrazione nelle scelte che magari non si riuscirebbe ad avere di fronte al pubblico. Per quanto riguarda live e instore, si apre ovviamente un’altra parentesi.
A proposito di futuro, il titolo di questo progetto allude al fatto che si tratti del primo di altri volumi. Puoi svelarci qualcosa in più in merito?
Ci stiamo affacciando al mondo con questo primo volume con l’idea e la voglia di una possibile continuazione, anche perché il progetto ha entusiasmato noi, gli ospiti del format e Sony e il pubblico lo ha apprezzato. È stata davvero una bella esperienza ed anche una bella cosa per le generazioni future. Magari tra 5 anni potremo dire “Guarda questi del Vol. I come sono al top”. E sarebbe una bella soddisfazione.
Dal futuro di Cantera Machete al tuo. È passato poco più di un anno dal tuo ultimo album Ho fatto tardi, una sorta di critica ai ritmi frenetici che oggi ci condizionano in tutto. Proprio in relazione a questo, hai deciso di prenderti del tempo per della nuova musica e per dedicarti a nuovi progetti come questo o sei già al lavoro?
Sto già lavorando a qualcosa, ma come ho sempre fatto nella mia carriera cerco sempre di capire quando sono davvero soddisfatto di ciò che ho creato e quando è il momento di parlarne agli altri. In generale, quando si tratta di un disco, lo faccio sempre ascoltare ai miei colleghi, ma solo nel momento in cui sono ad un buon punto e sulla base di un concept. La cosa che mi preme di più ora, però, è tornare a fare i live, anche per non vanificare il lavoro dietro ai dischi. Mi dispiace davvero un sacco non essere ancora riuscito a portare live il mio ultimo album, anche perché io vengo dalla “scuola del rapper” e punto un sacco sulle potenzialità e le emozioni del live.