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Intervista

Laïoung, “Vox Populi” è un meltin’ pot d’innovazione

Laioung-Vox-Populi-Lacasadelrap

Abbiamo raggiunto Laïoung durante la conferenza stampa di presentazione di Vox Populi, l’album pubblicato venerdì 10 settembre 2021 per Planet Records e RRR Records, e abbiamo scoperto che Vox populi è un meltin’ pot che guarda al futuro.

Non è soltanto il titolo a suggerirlo, ma è ascoltando i brani e soprattutto le parole di Giuseppe Bockarie Consoli (vero nome dell’artista, ndr) che abbiamo avuto la conferma: lui stesso ci ha spiegato di aver dato all’album questo nome perché sente che la sua musica è come una voce universale. Da quando è tornato in Italia, nel 2015, si è accorto di essere portavoce di esperienze collettive:

Oltre a fare delle canzoni che piacevano alla gente, chi ascolta si immedesima in ciò che dico. Raccontando pezzi della mia vita mi sono reso conto di parlare anche a nome di altre persone che non conosco neppure. In Vox Populi ci sono tanti messaggi differenti, forti e positivi.

E in tutta questa universalità, questo accomunare voci diverse, Laïoung fa parlare la sua di identità, perché ci dice: “La cosa più difficile è proprio restare se stessi”.

Sebbene sia rimasto se stesso, con il suo ultimo album non ha voluto scrivere il terzo capitolo della sua storia. Vox Populi non è la continuazione del percorso iniziato agli esordi, nel 2016, ma è una strada nuova, il risultato del diario di viaggio degli ultimi tre anni, fatto di tappe oltreoceano, dalle quali ha portato con sé in valigia la trap made in Atlanta. E l’ha “importata” in Italia con la sua cifra stilistica.

La meta del viaggio non è stata una sola e, anzi, l’album è risultato di un crogiolo di sperimentazioni di sound eterogenei, che danno luogo a un progetto lungo 21 tracce. Ci sono l’entertainment di Bello Figo, il conscious del singolo con Fabri Fibra Fanno di tutto per hype (Trappocalisse) che ha anticipato l’album, l’R&B di Repeat con il beat di Nebbia.

Laioung

Un album copioso insomma, che accomuna il lavoro di Laïoung a quello dei prodotti dei più prolifici artisti statunitensi. La tendenza a portare all’orecchio elementi di assoluta novità è espressa non solo nell‘idea dell’album, o nelle suggestioni che offre a chi lo ascolta, ma in un aspetto ancor più concreto, tangibile. Si tratta del lavoro stesso di Laï: Giuseppe non si “limita” a rappare o a scrivere, ma è autore di, quasi, tutte le sue produzioni, ed è questo l’aspetto che fa di lui l’anello di congiunzione tra i colleghi statunitensi e la prossima espressione del rap in Italia.

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Tranne che per l’opening track L’Ultima Parola con Cuban Deejays e Milano Shanghai con The Dog, l’artista ha creato tutte le basi dell’album. Perciò gli abbiamo domandato cosa gli abbia fatto scegliere di essere produttore di se stesso, esempio di dualismo artistico e professionale più unico che raro nella scena italiana. Ci ha risposto che, da un lato, ha fatto di necessità virtù:

Parto da produttore, perché da pischello nessuno me li dava i beat, avrei dovuto scaricare quelli già fatti, oppure imparare a farli io. Producevo, mixavo, masterizzavo, tutto questo perché non ho mai avuto nessuno che potesse aiutarmi, e quando c’era, non aveva la visione che avevo io.

D’altro canto ha sottolineato che, come gli artisti internazionali – i quali, molto più di frequente che nel nostro Paese, si autoproducono, producono i loro video o producono altri artisti (basta pensare a Tory Lanez, Swizz Beatz o Dr.Dre) è riuscito così a “espandere così la propria visione, a far vibrare davvero se stesso attraverso la sua musica, senza assecondare la direzione di altri. In definitiva, a ottenere un risultato più fedele allo stile di produzione che desidera per i suoi brani.

All’album hanno partecipato, oltre ai citati Fibra e Bello Figo, anche Clementino, Maruego, Max il Nano, Showtime Gp e Qba e quando gli abbiamo chiesto come sia avvenuta la scelta delle collaborazioni, Laïoung ci ha tenuto a sottolineare che sono state spontanee, frutto di stima, e che ha voluto solo nomi di artisti capaci di ispirarlo, in modo diverso.

Tutte le collaborazioni sono nate in modo genuino, con diversi miei idoli. Fibra e Clementino hanno molto in comune, anche rappresentando uno il Nord e l’altro il Sud: sono due grandi artisti che mostrano immenso rispetto per la cultura della musica di oggi. Maruego è una leggenda urbana della musica hip hop italiana, un poeta di strada. Showtime GP, invece, è un mio idolo perché è un motivatore nella vita. Lui è uno dei prossimi che lancerò con la label RRR.

Il viaggio di Laïoung quindi non si ferma a se stesso, e sui nuovi artisti ci ha raccontato che crede molto nel supporto offerto ai volti emergenti:

Anche quando ero in Sony cercavo di aiutarli, oltre a essere un artista sono un giovane discografico.

In occasione dell’uscita dell’album è stato pubblicato anche il video del singolo L’ultima parola, che affronta il tema delle relazioni in coppia, ed è stato spontaneo chiedergli se è ispirato a una storia vera. Così ha confessato che ha attinto a un’esperienza personale e che, per quanto abbia una personalità apparentemente impenetrabile, non nasconde le sue emozioni.

Su una canzone riesco sempre ad aprirmi.

Questo gli dà la capacità di dar vita a pezzi di pura spensieratezza, ma anche a momenti più intimi, di riflessione. Pertanto, è riuscito a mantenere la promessa del titolo, facendo di Vox Populi un progetto al tempo stesso personale e collettivo.

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Laïoung è nato da padre italiano e madre della Sierra Leone, parla da sempre 4 lingue e il suo è un bagaglio di esperienze fatto lungo i quattro angoli del mondo. Gli abbiamo domandato cosa pensa della scena urban nostrana e del vestito di respiro internazionale che molti ostentano nelle proprie canzoni.

Ci ha spiegato che, purtroppo, non si bada più a ciò che è vero e ciò che non lo è, per questo tanti artisti mettono in scena collaborazioni con nomi stranieri ma senza un verso sforzo teso ad arricchirsi, e in tanti casi resta solo apparenza. Però, sottolinea, “Tante cose stanno cambiando e io cerco nel mio grande e piccolo di portare più possibile cultura alle persone“.

Alla fine, Laïoung ci ha svelato, insieme al suo manager Aaron Efrati, che questo suo terzo disco è nato da un Ep che a causa del Covid non ha mai visto la luce e che si sarebbe dovuto chiamare Gioventù.

Sicuramente il nocciolo duro di quel concept è rimasto, perché se c’è un fil-rouge che unisce tutte le numerose tracce del disco, questo è la volontà di innovare. Portare al pubblico qualcosa di così giovane appunto che, forse, in Italia non è ancora nato.

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